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Napoleone - Il genio militare, la strategia, le battaglie - 13^p
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Escrito por Mario Ragionieri   

Soult sulla destra era fortemente impegnato dai 5000 uomini di Holtzendorff anche quando negli altri settori ci fu una momentanea tregua; dopo le ore 10 truppe prussiane attaccarono la divisione di St. Hilaire mentre il grosso delle loro forze si andò a schierare in formazione a scalare appoggiato dalla cavalleria e da 22 cannoni pronto ad intervenire. Il comando di St. Hilaire era nascosto, dietro un pendio e prima di potersene render conto Holtzendorff fu attaccato dai francesi da un settore che lui riteneva deserto; in breve i prussiani furono costretti a ritirarsi oltre il fiume. All’inizio questa manovra fu coperta dalla cavalleria poi le truppe a cavallo di Soult colpirono una colonna prussiana annientandola e catturando 400 prigionieri 6 cannoni e 2 bandiere.

Holtzendorff cercò di rincuorare i suoi soldati ordinando un nuovo attacco dietro al villaggio di Nerkwitz ma di nuovo i francesi aggirarono la sua ala sinistra e caricarono frontalmente con la cavalleria; fu un colpo durissimo per i prussiani che cedettero di schianto fuggendo verso Apolda e abbandonando la maggior parte dei cannoni rimasti. Holtzendorff riuscì a recuperare la cavalleria e una sola batteria a cui ordinò di unirsi alle truppe di Hohenlohe che stavano attaccando, poi raggiunse la sua fanteria ormai in fuga verso nord. Il disastro sarebbe stato di proporzioni maggiori se fosse stato concesso a St. Hilaire di inseguire il nemico; il problema era che una nuova situazione critica si stava verificando al centro tanto da obbligare Soult a richiamare tutti gli uomini per lanciare un attacco contro il fianco sinistro di Hohenlohe.

Quest’ultimo intorno alle 9 si rese conto che di fronte aveva qualcosa di più che un semplice distaccamento francese e l’arrivo di Tauenzien rese ancor più chiara la situazione, così Hohenlohe decise di chiedere a Ruchel un intervento immediato a sostegno della sua posizione, poi dopo questo ordinò a Tauenzien di portare i suoi uomini nelle retrovie per riorganizzarli e rifornirli di munizioni mentre 3 brigate sassoni venivano schierate lungo la strada di Weimer affinché la tenessero ad ogni costo sgombra dalle incursioni nemico. Dopo questi ordini Hohenlohe prese tutta la fanteria prussiana che aveva a disposizione e un’altra brigata sassone, pose il tutto al comando del generale Grawert inviandole ad est affinché contendessero ai francesi il possesso dell’altopiano; iniziava la terza fase della battaglia di Jena.

I prussiani arrivarono sul posto stabilito per il concentramento in modo frammentato; per prima arrivò la divisione sassone che si diresse verso la riva occidentale del Muhlbach e dietro giunse la cavalleria e l’artiglieria a cavallo mentre le truppe prussiane formavano la retroguardia. Alle 11 del mattino 11 battaglioni erano pronti ad affrontare le truppe di Lannes; la divisione sassone era stata posta a difesa del fianco destro e la cavalleria stava aumentando rapidamente di consistenza mano a mano che arrivavano nuovi squadroni.

In quel momento vicino al villaggio di Viezehnheilingen si accese uno scontro provocato da reparti francesi appena giunti in zona; erano le avanguardie di Ney formate da due reggimenti di cavalleria e 5 battaglioni di fanteria. Ney impaziente non riuscì a resistere al desiderio di iniziare lo scontro con il nemico e senza avere ricevuto ordini precisi decise di ingaggiare battaglia nello spazio libero tra Lannes e Augereau.

Senza pensare minimamente che si trovava ad affrontare una forza che era almeno il doppio della sua, Ney attaccò con estrema decisione una batteria prussiana; all’inizio tutto andò bene poiché il settore destro dello schieramento prussiano cedette sotto l’attacco francese e furono presi molti pezzi d’artiglieria costringendo anche 45 squadroni prussiani che si preparavano ad attaccare Lannes a ritirarsi precipitosamente. Il successo francese fu solo temporaneo e l’assalto aveva provocato dei vuoti paurosi nelle file dei francesi tanto che quando i prussiani si ripresero dall’inaspettato assalto francese, tornarono all’assalto obbligando Ney a formare un quadrato per reggere l’urto. Inoltre l’avanzata fulminea aveva portato i reparti di Ney lontani sia da Lannes che da Augereau e di conseguenza si trovò isolato.

 

Napoleone si rese conto di quanto stava accadendo e per togliere Ney da quella situazione ordinò a Bertrand di avanzare con due reggimenti a cavallo che erano tutta la sua riserva di cavalleria. Contemporaneamente Lannes ricevette l’ordine di avanzare oltre il villaggio per ristabilire i contatti con le truppe rimaste isolate, mentre Augereau si affrettò a predisporre una seconda linea di appoggio a Ney. Le truppe di Lannes si scontrarono frontalmente con le truppe di Grawert che stavano avanzando in formazione obliqua. Pur con gravi perdite in entrambi gli schieramenti l’azione si concluse con uno scacco per i francesi; i soldati di Lannes furono respinti fino al villaggio mentre Ney fu costretto ad abbandonare la sua posizione . Il momento era critico perché Hohenlohe si trovava nella condizione di recuperare quasi tutto il terreno perduto durante la mattinata ma non ebbe il coraggio di farlo.Nonostante i suoi subordinati volessero attaccare i francesi egli decise di fermare Grawert nei pressi del villaggio e per giunta in una posizione completamente scoperta, affinché aspettassero l’arrivo di Ruchel da Weimar; Massenbach fu inviato verso Weimar per fare affrettare l’arrivo di quei rinforzi; la decisione di fermare Grawert fu un colossale errore. I 20.000 prussiani rimasero esposti allo scoperto per due ore sotto il fuoco dei francesi nascosti nel villaggio anche se il fuoco degli obici prussiani riuscì a distruggere molti pezzi di artiglieria francesi causando la morte degli artiglieri e la distruzione di vari cassoni di munizioni. Per un po’ di tempo né i francesi né i prussiani riuscirono a fare progressi, solo la decisione di Lannes di risolvere il momento critico portò a sbloccare la situazione di stallo creatasi; egli infatti lanciò simultaneamente un attacco frontale e uno sul fianco contro l’ala sinistra del nemico.

Hohenlohe ritirò subito tutta la sua ala sinistra mettendola in posizione di difesa ma l’attacco francese era così violento che costrinse i prussiani a retrocedere fino a quando un attacco condotto da alcuni reparti sassoni capovolse la situazione costringendo gli uomini di Lannes a ritirarsi di nuovo nel villaggio. Di nuovo Hohenlohe non sfruttò il successo appena ottenuto anche se questa volta aveva dei motivi validi per non farlo; infatti sul suo fianco sinistro la fanteria di Ney e parte delle truppe di Lannes avanzarono verso la strada difesa dalle brigate sassoni poste a guardia dell’importante linea di comunicazione. Dalla parte di Jena Hohenlohe vedeva nuove formazioni francesi appena arrivate che avanzavano verso la prima linea; in queste circostanze era pericoloso per i prussiani avanzare di nuovo e così Hohenlohe cercò di colmare la breccia che si era formata tra la sua destra e il centro.

Così alle 13 tutte le forze prussiane erano schierate in prima linea e ancora si attendeva l’arrivo di Ruchel per poter ricreare la riserva; ma Ruchel era in ritardo. La pressione francese intanto stava aumentando a mano a mano che le nuove unità attraversavano la Saale e si addossavano alla prima linea; alle 12,30 Napoleone disponeva di 42.000 uomini di riserva oltre ai 54.000 già in combattimento: a questo punto ordinò l’attacco generale lungo tutta la linea prussiana.

Le truppe della Guardia non ebbero l’autorizzazione a partecipare agli scontri perché Napoleone era molto riluttante ad usarla in battaglia in quanto voleva averla a disposizione integralmente se la situazione fosse peggiorata. Alcuni reparti prussiani di cavalleria e di artiglieria mossero contro i francesi per tentare di frenarli, ma i reparti francesi continuarono nella loro avanzata penetrando nelle brecce della difesa prussiana; il momento era decisivo perché il fuoco prussiano cominciò ad attenuarsi e Hohenlohe resosi conto della situazione ordinò la ritirata generale.

Il compito era assai arduo perché disimpegnare le sue unità sotto il fuoco francese era impresa quasi impossibile; eppure all’inizio il ripiegamento avvenne quasi in buon ordine almeno fino a quando non arrivò la cavalleria di Murat poi fu il panico generale e la ritirata si trasformò in rotta.

Ci furono episodi sporadici di autentico eroismo nel cercare di fermare i francesi per permettere la ritirata di interi reparti prussiani , ma fu tutto inutile.La vittoria francese appariva completa anche se restava ancora da combattere una battaglia perché i prussiani che fuggivano verso Weimar incontrarono le truppe di Ruchel composte da 15.000 uomini che stavano tentando di raggiungere il campo di battaglia.

Ruchel avrebbe dovuto immediatamente mettersi a difesa lungo la linea del fiume Sulbach e tentare di coprire la ritirata delle truppe prussiane; questo tipo di azione non gli sembrò consona e decise di schierare le truppe a metà strada tra Gross Romstedt e Kotschau e quando la fanteria di Ney e di Lannes apparve all’improvviso attaccandolo, la posizione prussiana divenne insostenibile, e di conseguenza fu dato l’ordine di ritirata. Questa all’inizio avvenne in modo piuttosto ordinato sotto la protezione della cavalleria prussiana e sassone, ma il fuoco di un reparto di fucilieri francesi e il successivo attacco della fanteria spezzarono la volontà di resistere dei prussiani; poi arrivarono i corazzieri di Murat e i battaglioni prussiani vennero sanguinosamente dispersi e i soldati di Ruchel scapparono sulla strada per Weimar.

Questo evento pose fine ad ogni ulteriore forma di resistenza e alle 15 la vittoria francese era completa. Murat inseguiva con la cavalleria i reparti prussiani in fuga e alle 17 entrò nella città di Weimar mentre Tauenzien si ritirava verso Apolda riuscendo a mantenere Soult a buona distanza; in altre zone fu solo la notte a salvare i superstiti prussiani. I francesi avevano perso 5000 uomini mentre i prussiani circa 25.000 e Napoleone pensava che il giorno dopo ci sarebbero stati ancora molti prigionieri nemici da catturare perché convinto che Bernadotte e Davout si stessero movendo in direzione di Apolda in base agli ordini che egli aveva impartito loro. L’imperatore tornò sul Landgrafenberg e solo a sera raggiunse di nuovo il suo Q.G. che era stato allestito in una locanda a Jena. Li trovò ad attenderlo un capitano francese dello stato maggiore di Davout che gli riferiva delle notizie alle quali Napoleone stentava a credere; Davout riferiva all’imperatore tramite il capitano che aveva combattuto e sconfitto il nucleo principale dell’esercito prussiano presso Auerstadt.

Napoleone incredulo a poco a poco, ascoltando il racconto dell’ufficiale, si rese conto che con i suoi 96.000 uomini aveva solo impegnato il fianco delle truppe prussiane che era costituito da 55.000 uomini mentre Davout il suo maresciallo, con soli 26.000 uomini era stato impegnato in uno scontro durissimo con il grosso delle truppe prussiane al comando di Brunswick. Difficile digerire una cosa del genere anche se il giorno dopo lodò apertamente Davout; ma la domanda era questa adesso cosa era successo a Bernadotte? Solo il giorno dopo avrebbe avuto la risposta. Ad Auerstadt era stata combattuta una violenta battaglia e nel bollettino della Grande Armè del giorno dopo Napoleone riconobbe il merito del suo subalterno: “ Alla nostra destra il corpo d’armata del maresciallo Davout ha fatto miracoli. Non solo è riuscito ad arrestare il grosso dell’esercito nemico, che doveva sboccare attraverso lo gola di Kosen, ma l’ha respinto e sconfitto, facendolo battere in ritirata per più di tre leghe. In questa azione il maresciallo ha dimostrato di possedere le qualità essenziali di un vero guerriero: un coraggio eccezionale e una grande fermezza di carattere”. Cosa era successo in realtà: non appena Davout aveva ricevuto gli ordini dell’imperatore, ne aveva inviata copia a Bernadotte e si era preparato a muovere i suoi 27.000 uomini per avanzare su Naumburg ed Apolda. Per via della nebbia egli non riusciva ad avere chiara la consistenza delle truppe nemiche che lo fronteggiavano , ma era a conoscenza che i prussiani stavano manovrando e alcuni prigionieri catturati avevano rivelato che si trattava del nucleo principale dell’armata prussiana comandata da Brunswick; un nucleo che ammontava a circa 60.000 che si stavano ritirando. Il 13 notte a causa della nebbia si era generata una certa confusione e le strade erano troppo affollate per muovere, pertanto i soldati prussiani e le 16 batterie con 230 cannoni ebbero l’ordine di sostare nelle vicinanze di Auerstadt. Una pattuglia di cavalleria prussiana arrivò con dei prigionieri francesi che interrogati rivelarono che l’avanguardia di Davout era in possesso della gola di Kosen. Invece di aprirsi la strada per Friburgo con un immediato attacco contro queste truppe francesi, Brunswick sempre cauto nelle decisioni, preferì evitare qualsiasi azione poiché pensava che Napoleone si trovasse a Naumburg e dette ordine al suo esercito che il giorno dopo si dirigesse verso questo punto.Questa era la situazione all’alba del 14 quando ancora la nebbia non accennava a diradarsi. Il III corpo era guidato dalla divisione di Gudin con al suo fianco Davout in persona e si stava inoltrando nel villaggio di Hassenhaussen quando l’avanguardia di esploratori a cavallo che costituiva lo schermo protettivo della divisione venne a contatto con 4 squadroni e una batteria di prussiani nei pressi del borgo di Poppel. Erano circa le 7 e prima di continuare l’avanzata Gudin fece schierare a quadrato la sua fanteria ; una volta superato Hassenhausen la nebbia iniziò a diradarsi mostrando la cavalleria prussiana a circa 1000 metri di distanza. Gudin fece immediatamente fuoco distruggendo la batteria e obbligando la cavalleria a ritirarsi velocemente; egli proseguì la sua avanzata verso il torrente Lissbach prima di fermare i suoi uomini per aspettare le divisioni di Friant e Morand.

Friant era in fase di attraversamento del ponte di Kosen mentre Morand era un poco più lontano il che significava che i soldati di Gudin avrebbero dovuto affrontare da soli la situazione per un po’ di tempo prima che potessero giungere i rinforzi. Contemporaneamente le truppe prussiane convergevano sul Lissbach nonostante la loro seconda e terza divisione fosse ostacolata nel movimento dai convogli di rifornimenti che dirigevano a nord. La divisione di Schmettau accompagnata dal re di Prussia e da Brunswick si mise in posizione alle 8 mentre a Spielberg i 12 squadroni di cavalleria di Blucher furono messi in posizione fiancheggiante. In quel momento Gudin si trovava di fronte 9 battaglioni , 24 canoni e 16 squadroni di cavalleria. Iniziò il combattimento con un piccolo scontro tra le ali della fanteria leggera mentre il grosso delle truppe stava completando lo schieramento; per fortuna dei francesi in svantaggio numerico il coordinamento dell’attaccò prussiano fu un completo fallimento. Blucher fu troppo impulsivo e lanciò un attacco prematuro con i suoi squadroni prima che la fanteria fosse in posizione e i quadrati di Gudin non ebbero alcuna difficoltà a respingere questo assalto e le cariche successive fino a che i prussiani non furono costretti a ritirarsi per rimettere in ordine i ranghi. L’attacco principale prussiano fu rimandato in attesa che altre unità entrassero in linea e la pausa che ne seguì permise a Friant di schierare la sua divisione a destra di Gudin; poi giunsero le brigate di cavalleria leggera e i cannoni da 12 libbre. Tutti i cannoni furono inseriti in una unica batteria a nord di Hassenhaussen, ma ben presto Davout si accorse che i prussiani cercavano di attaccare il suo fianco destro per liberare la strada per Friburgo così decise di spostare la divisione di Gudin da Hassenhaussen e la riposizionò a nord del villaggio lasciando solo un reggimento a sud. I prussiani decisero di passare all’attacco alle 9,45 con la divisione del principe di Orange che era arrivata di rinforzo; la fanteria prussiana ebbe scontri molto violenti tanto è vero che gli uomini di Schmettau furono decimati dal tiro incrociato di entrambe le divisioni francesi e invece Wartensleben che si trovò di fronte il reggimento francese lasciato nella parte sud del villaggio riuscì a batterlo e metterlo in fuga così che il fianco sinistro di Davout si trovò in grave pericolo. Davout senza perdersi d’animo schierò gli uomini dietro Hassenhaussen e portò di persona i due reggimenti di seconda linea di Gudin a riprendere il villaggio; questa manovra fermò l’avanzata prussiana anche se purtroppo aveva reso necessario l’impiego di tutte le riserve francesi a disposizione perché Morand si trovava ancora a circa 5 chilometri di distanza e ad est Bernadotte non rispondeva alle richieste di aiuto di Davout.

I prussiani erano lenti a sfruttare la loro superiorità e invece di aggirare il lato indifeso sprecarono uomini e tempo lanciando 4 attacchi frontali contro il villaggio. Brunswick fu ferito mortalmente e anche Schmettau era fuori combattimento; tutto questo può spiegare la confusione creatasi tra le file dei prussiani poiché Federico Guglielmo III non nominò un nuovo comandante in capo e nemmeno assunse di persona il comando delle operazioni. Senza ordini la battaglia degenerò in una lotta sanguinosa dove i prussiani ebbero la peggio; ben 30 dei loro squadroni erano adesso riuniti sul fianco indifeso dei francesi in uno spazio troppo piccolo che impediva loro di manovrare e la conseguenza fu che lungo il fronte si creò una condizione di equilibrio. I due contendenti ricevettero in quel momento gli attesi rinforzi, ma lo spiegamento delle nuove unità seguì direzioni diverse; mentre i rinforzi francesi presero posizione a sinistra di Davout, Orange divise i suoi uomini e mandò una brigata a rinforzare ciascuna ala dello schieramento prussiano. Morand era giunto in tempo per fermare l’attacco della cavalleria prussiana sferrato a sud di Hassenhaussen; egli non rimase a lungo sulla difensiva perché appena respinti i cavalieri prussiani avanzò annientando il comando di Wartensleben e bloccando un contrattacco di una brigata di Orange. La destra prussiana era ormai distrutta e da quel momento la vittoria di Davout era assicurata; quantunque ci fossero ancora 14 battaglioni 5 squadroni e 3 batterie di truppe prussiane, Federico Guglielmo non dette l’ordine di impiegarle per rinforzare l’ala indebolita. Credeva ancora di avere di fronte Napoleone in persona. L’esitazione di quel momento gli costò la sconfitta perché non gli permise di sfruttare la sua superiorità numerica nel tentativo di capovolgere le sorti della battaglia. Le tre divisioni di Davout assalirono l’armata prussiana con una formazione a semicerchio così che gran parte delle truppe prussiane rimasero intrappolate dando origine ad un sanguinoso corpo a corpo. L’artiglieria prussiana superiore numericamente a quella francese provocò molte vittime tra i francesi ma Morand continuò a spingere i suoi uomini in direzione del fiume Ilm e il Lissbach fino a quando le continue cariche degli squadroni prussiani non lo obbligarono a fermarsi. Tutte le cariche furono respinte con calma e siccome i quadrati di Morand si dimostrarono inespugnabili i prussiani demoralizzati furono costretti a ripiegare su Auerstadt mentre i francesi riprendevano ad avanzare occupando Rehausen. In quello stesso momento sulla destra Friant era impegnato duramente nella conquista di Poppel e anche qui finalmente il successo arrise ai francesi con altri 1000 prigionieri catturati. Federico Guglielmo con le ali della sua armata che cadevano sotto i colpi francesi, ordinò l’immediato ripiegamento su tutta la linea con la speranza di ricongiungersi con Hohenlohe e Ruchel convinto che le loro forze fossero ancora intatte. L’armata prussiana ebbe poi il colpo di grazia quando Morand diresse il fuoco della sua artiglieria dalla collina di Sonnenkuppe contro il fianco e la retroguardia di Wartensleben. Più o meno alle 12,30 i migliori soldati dell’esercito prussiano erano in fuga verso nord; Blucher tentò di fermare l’inseguimento condotto dai francesi schierando la sua retroguardia , ma Gudin caricò frontalmente mentre Friant e Morand impegnavano e aggiravano le opposte ali così che poco dopo anche la riserva prussiana si ritirò precipitosamente. I francesi inseguirono i prussiani fino alla 16,30 quando Davout fu costretto a far sostare la fanteria ormai esausta e solo i tre reggimenti di cavalleria e un battaglione di fanteria continuarono ad punzecchiare i prussiani spingendoli più a sud possibile. Davout era comunque riuscito a causare ai prussiani la perdita di 10.000 uomini, aveva catturato 3000 prigionieri e 115 cannoni anche se le perdite non erano state da poco; la divisione Gudin aveva perso più del 40% dei suoi effettivi . In tutto le perdite risultavano di circa 258 ufficiali e 6794 tra graduati e soldati morti o feriti; indubbiamente un evento sanguinoso. Napoleone lodava giustamente il comportamento di Davout ed era in collera con il comandante del I corpo perché nemmeno un uomo di Bernadotte aveva partecipato allo scontro e questo è da imputarsi a gelosie tra marescialli. Bernadotte aveva ricevuto sicuramente l’ordine di Berthier in copia inoltratogli da Davout il quale gli ordinava anche di muoversi con lui a meno che il I corpo non fosse già arrivato a Dornburg come da ordini precedenti. Bernadotte invece era ancora a Naumburg al momento in cui ebbe questo ordine ma preferì ignorarne il contenuto come pure ignorò le ripetute richieste di aiuto da parte di Davout. Egli continuò ad interpretare alla lettera l’ordine di Napoleone di raggiungere Dornburg anche se non ne comprendeva bene il senso; e anche nell’eseguire questa manovra fu totalmente sciatto tanto che impiegò l’intera mattinata per arrivare a Dornburg e altre 5 ore per arrivare ad Apolda dove giunse quando la battaglia di Jena era ormai terminata. Napoleone pretese delle spiegazioni sul comportamento di Bernadotte che si giustificò con difficoltà inesistenti tanto che Napoleone lo rimproverò in maniera durissima accusandolo di non aver voluto partecipare alla battaglia di Jena come a quella di Auerstadt. Questa condotta costò quasi la testa a Bernadotte perché come scrisse Marbot “ l’esercito si aspettava di veder punire Bernadotte severamente”. L’essere clementi verso Bernadotte si dimostrò errato perché in futuro proprio Bernadotte divenuto principe ereditario di Svezia abbandonò Napoleone; da tipico guascone egli non ammise mai il suo errore ma parlando con Bourrienne il 10 di novembre rivelò inconsapevolmente il movente del suo comportamento: “Avrei potuto risentirmi nel dover ricevere ordini da Davout, ma ho fatto il mio dovere”. Comunque discussioni a parte i risultati della campagna erano enormi; tre armate erano state quasi irrimediabilmente distrutte in una sola giornata e oltre 25.000 prigionieri, 200 cannoni e 60 tra vessilli e stendardi erano caduti in mano dei francesi.

Quello che rimaneva delle forze di Hohenlohe, Brunswick e Ruchel si ritrovò ad ovest di Apolda causando una confusione incredibile. Federico Guglielmo ordinò la ritirata verso Magdeburgo; Napoleone poteva finalmente affermare che : “ La battaglia di Jena ha cancellato l’affronto di Rossbach”. L’inseguimento successivo alle due battaglie di Jena e Auerstadt raggiunse una vastità e una spietatezza mai viste prima. Naturalmente Murat aveva già spinto il nemico fino a Weimar e Bernadotte era vicino ad Apolda, ma nelle prime 12 ore dopo la battaglia a causa della stanchezza delle truppe non fu possibile esercitare una pressione rilevante sul nemico e questo fatto illuse ancora i prussiani. Napoleone non appena fu possibile stabilire la direzione presa dal nemico in fuga, mise di nuovo in moto la Grande Armè affinché fosse esercitata una pressione frontale mentre un altro contingente aggirava il fianco nemico attraverso Halle e Dessau per catturare il passaggio sull’Elba e tagliare la ritirata prussiana verso Berlino e il fiume Oder. Il primo compito fu affidato a Murat, Soult e Ney che disponevano di truppe abbastanza fresche, mentre la manovra di accerchiamento fu affidata a Bernadotte le cui truppe non avevano ancora combattuto e al tempo stesso Luigi e Mortier ebbero l’ordine di invadere l’Assia.

Avanzando verso occidente Murat raggiunse Erfurt dove catturò circa 10.000 prigionieri, mentre Blucher sfuggì quasi per miracolo alla cavalleria di Klein e di Lasalle. Il giorno successivo la divisione di testa di Bernadotte comandata da Dupont ebbe uno scontro con la riserva prussiana del duca di Wurttemberg a Halle; il risultato di questo scontro fu la distruzione di quasi metà della forza prussiana e cioè 5000 uomini e 11 cannoni contro la perdita di 800 francesi.

Il 18 Napoleone rimise un poco di ordine nelle sue linee di comunicazione verso Magonza sostituendo il percorso precedente con un nuovo percorso che raggiungeva Erfurt via Francoforte, Eisenach e Gotha ; una distanza di 260 chilometri. Tutti i corpi d’armata in quel momento erano impegnati nell’inseguimento dei prussiani e il 20 riuscirono a raggiungere la linea del fiume Elba lungo un ampio fronte. In quella stessa data Federico Guglielmo lasciò il suo esercito e si diresse verso il fiume Oder lasciando Hohenlohe a Magdeburgo con il compito di rimettere insieme ciò che restava dell’esercito per ricostruire una armata.

La distanza tra i prussiani e i francesi andava rapidamente riducendosi per cui questo convinse Hohenlohe a dirigersi verso Stettino sull’Oder per unirsi ai rinforzi dello zar; l’armata di Blucher con i pezzi più pesanti dell’artiglieria prussiana si stava nel frattempo ritirando verso la città di Brunswick in direzione ovest. Napoleone continuava a spingere i suoi marescialli ad attraversare l’Elba; il primo che passò il fiume fu Davout nei pressi della città di Wittenber. Alle 9 del mattino il tentativo di far saltare il ponte da parte dei prussiani fu sventato grazie anche all’aiuto della popolazione locale e alle 3 del pomeriggio l’intera unità aveva attraversato il fiume. Più a ovest di 25 chilometri il maresciallo Lannes era impegnato a riparare un ponte bruciato e prima del sopraggiungere della sera i reparti di cavalleria e alcuni cannoni leggeri passarono il ponte senza incidenti. Più a sinistra ancora Bernadotte sollecitato da Napoleone era alla ricerca di barche per attraversare l’Elba a Barby così che all’alba del 22 Napoleone aveva in mano due ponti mentre Soult, Ney e Murat erano nei pressi di Magdeburgo. Niente poteva ormai impedire ai francesi di occupare Berlino. L’avanzata francese nonostante episodi di indisciplina subito repressi, non permise a Hohenlohe di mettere ordine tra le sue truppe e Berlino era l’obiettivo più immediato di Napoleone che sperava in un tentativo di Hohenlohe di dare battaglia per difenderla. Napoleone sostò a Potsdam per visitare la tomba di Federico il Grande verso il quale nutriva da sempre profondo rispetto. La sera del 24 ottobre le avanguardie francesi avevano raggiunto la periferia di Berlino il mattino successivo Davout ebbe l’onore di condurre i suoi corpi d’armata nelle strade della capitale prussiana. Due giorni dopo Napoleone ebbe le chiavi della città dalle mani del principe di Hatzfeld che due ore dopo fu arrestato per spionaggio e solo per le suppliche della moglie ebbe salva la vita. Dopo qualche giorno il corpo d’armata di Augereau arrivò nella capitale.

Napoleone volle organizzare sfilate spettacolari per le strade di Berlino per impressionare la popolazione ma non trascurò nemmeno per un istante di continuare l’inseguimento di ciò che restava dell’esercito prussiano. Il pericolo che minacciava ora le truppe francesi era la possibilità di un intervento russo per cui l’imperatore decise di proteggere il fianco orientale rafforzando la linea dell’Oder. Nel frattempo il IX corpo era già sulla via di Glogau e Davout ricevette l’ordine di marciare a est di Berlino per occupare Kustrin e Francoforte sull’Oder. Il I e V corpo e la cavalleria di riserva dovevano inoltrarsi verso nord fino a raggiungere ed eliminare Hohenlohe e i suoi alleati per impossessarsi di Stettino. L’esercito prussiano stanco ed affamato si stava ritirando rapidamente attraverso Orianenburg verso Prenzlau e di qui a Stettino sull’Oder; li inseguiva da vicino Bernadotte , Lannes e Murat senza permettere a Hohenlohe di prendere quel tanto di vantaggio da permettergli di raggiungere Stettino e la salvezza. I disastri continuarono a Prenzlau il 28 ottobre dove il generale prussiano accettò la dichiarazione di Murat che gli diceva di averlo circondato con 100.000 soldati francesi senza nemmeno controllare se era vero o meno seguendo subito il consiglio di Massenbach che gli disse di rinunciare ad ogni resistenza. Così 10.000 prussiani e 64 cannoni caddero nelle mani dei francesi e il giorno successivo a Pasewalk circa 4000 cavalieri prussiani si arresero a 700 cavalieri francesi. Lo stesso giorno il generale Lasalle arrivò davanti alle mura di Stettino dove il governatore prussiano aprì subito le trattative e ancor peggio fece il comandante della fortezza che dominava Stettino che, senza sparare un colpo contro i francesi, si arrese nonostante il giuramento fatto a Federico Guglielmo che sarebbe morto piuttosto che cedere le armi e la fortezza.; altri 5000 prussianI furono fatti così prigionieri. L’unico distaccamento ancora di una certa consistenza che restava della macchina bellica prussiana ormai distrutta era costituito dalle truppe di Blucher e dal duca di Weimar. Il primo dopo aver lasciato l’Elba si era diretto verso Sandau con l’intento di riunirsi con le truppe di Weimar per colpire la retroguardia francese; L’unione non ebbe luogo fino a che Blucher non raggiunse la zona di Streliz. I due gruppi insieme contavano 22.000 uomini quando giunse in tutta fretta Bernadotte con 12.000 uomini ; il piatto era ghiotto per Blucher ma egli preferì rinchiudere i suoi uomini nella neutrale Lubecca il 5 novembre ma non gli fu concesso di mettere la città in stato di difesa poiché l’avanguardia francese vi penetrò quasi in contemporanea; il generale Scharnhorst con 10.000 era stato costretto ad arrendersi e malgrado Blucher fosse riuscito a mettere in salvo nella vicina città di Ratkau altri 10.000 dei suoi uomini, era scoraggiato che decise di arrendersi ai francesi il giorno seguente. Bernadotte riuscì a catturare anche la divisione svedese che era appena giunta in soccorso inviata da Gustavo IV per dare aiuto ai prussiani loro alleati. Bernadotte fu estremamente cortese con gli svedesi ma i francesi a Lubecca commisero atrocità inimmaginabili contro i cittadini di quella città. Il 6 novembre 150 chilometri a sud di Lubecca il generale von Kleist difensore di Magdeburgo si arrese alle truppe di Ney e in poco meno di 4 giorni furono catturati 22.000 prigionieri, 600 cannoni e una grande quantità di provviste furono incamerate dalla Grande Armè. La campagna di Jena era al suo epilogo; sul fronte del Reno Mortier si stava dirigendo su Amburgo per occuparla. I prussiani oltre ai 25.000 morti avevano perduto 140.000 uomini come prigionieri e solo una piccola parte di sopravissuti riuscì ad attraversare l’Oder per unirsi alle forze russe. In 33 giorni l’esercito prussiano era stato distrutto e ancora una volta Napoleone aveva dato prova della validità della “ guerra lampo”.

 
 
INIZIA LA CAMPAGNA D’INVERNO
 
 

Napoleone aveva sferrato un colpo durissimo e la potenza militare prussiana così tanto sbandierata era completamente distrutta e con lei il mito che accompagnava l’esercito prussiano dai tempi di Federico il Grande era seppellito definitivamente. La notizia della vittoria di Jena e Auerstadt colpì come un macigno tutti i governi europei; era difficile riuscire a credere che il potente esercito prussiano era stato annientato in una sola grande battaglia e dagli eventi che ne erano poi seguiti. Restava ancor più difficile accettare che Napoleone controllasse tutta l’Europa ad ovest del fiume Oder tanto che la frontiera francese ora si era spostata di 560 chilometri verso est. Le notizie di queste strepitose vittorie furono accolte in silenzio nella Francia; il periodo dell’idillio tra popolo e imperatore volgeva verso la fine mentre la realtà della guerra si faceva sentire in tutta la sua durezza di sacrifici umani e disagi economici. Verso la fine del 1806 “ il desiderio popolare di pace era tanto forte da superare le soddisfazioni dell’orgoglio, e il popolo giungeva a dire che un trionfo così grande avrebbe senza dubbio spinto l’imperatore a mostrarsi intransigente con la Russia, e la prospettiva di una nuova guerra che, contro tutta quella montagna di neve, sarebbe stata certamente lunga e penosa, spargeva tristezza ovunque. Il senato decise di mandare una delegazione a Berlino, non tanto per congratularsi con l’imperatore della sua vittoria, quanto per persuaderlo a firmare la pace. Napoleone ricevette la delegazione molto freddamente. Egli era pronto a fare la pace , ma solo quando la Russia si fosse mostrata disposta a combattere con lui contro la tirannia dell’Inghilterra”. Questo scriveva lo storico francese Louis Madelin! Napoleone era consapevole che il successo sulla Prussia non aveva contribuito ad accrescere il suo prestigio internazionale e a rendere più facile la pacificazione in Europa; il popolo inglese restava ostile alla Francia, la Prussia rifiutava la pace, lo zar aveva garantito a Federico Guglielmo il deciso proposito della Russia di continuare la guerra e nel frattempo c’erano voci allarmanti circa il veloce riarmo dell’Austria. Il rischio di un attacco frontale della Russia attraverso la Polonia finanziato dal denaro inglese e di una rinnovata opposizione austriaca sul fianco sud della Grande Armè erano una minaccia reale; pertanto per molti mesi Napoleone e Talleyrand cercarono di ridurre al minimo questi pericoli usando la politica nella speranza di eliminare una o più minacce attraverso pressioni politiche ed economiche. Era chiaro che in quel momento la Francia si teneva sulla difensiva. Per quanto riguardava l’Austria i timori dell’imperatore erano infondati in quanto il riarmo era dettato unicamente dalla paura che Napoleone decidesse di attaccarla per eliminare per sempre un problema. Ma le azioni che intraprese l’imperatore erano quelle di trovare un approccio amichevole che permettesse una pace duratura; da un lato rese parte della Slesia agli Absburgo e dall’altra rafforzò l’Armata d’Italia tanto per far intendere agli strateghi austriaci che avrebbero dovuto affrontare in caso di guerra di nuovo quell’armata che li minacciava da sud. Il vero timore di Napoleone era l’eventualità di uno sbarco inglese in terra d’Olanda e dunque era costretto a mantenere in Francia 40.000 uomini della Grande Armè più 30.000 guardie nazionali e un gran numero di coscritti; queste truppe secondo lui erano sufficienti a fronteggiare l’eventualità di una azione inglese. L’Inghilterra nonostante il dominio dei mari conseguito dopo Trafalgar, era vulnerabile nei suoi commerci e Napoleone si preparò a sferrare un nuovo attacco contro il tallone d’Achille britannico. Il 21 novembre 1806 veniva emesso il Decreto di Berlino che ordinava la chiusura di tutti i porti commerciali e non, sulle coste in mano alle truppe francesi, alle navi britanniche.” Si dichiara che le isole britanniche si trovano in stato di blocco. Ogni contatto o commercio con le Isole Britanniche è vietato”. Tutte le merci immagazzinate in Europa dovevano essere confiscate e tutti i cittadini inglesi in territorio francese internati. Nel novembre del 1806 il Blocco Continentale divenne una costante della politica e della strategia internazionale napoleonica; venne attuato allo scopo di rovinare l’industria britannica chiudendole l’accesso ai mercati europei e di provocare uno stato di crescente disagio e fermento sociale nella popolazione. La speranza era di costringere il governo britannico ad addivenire a patti con la Francia. Vedremo in seguito che il Blocco Continentale si rivelò un errore fatale; l’economia inglese subì sicuramente un danno ma questo non avrebbe costituito un pericolo reale fino a quando non fosse divenuto completamente operante. Molte le trasgressioni al Decreto di Berlino avvennero proprio tra i più stretti e fidati collaboratori di Napoleone per cui oltre a non aver alcun effetto rilevante sull’Inghilterra, il Blocco divenne una delle cause principali del declino del Primo Impero. I tentativi diplomatici per convincere lo zar Alessandro ad accettare la situazione creatasi in Europa dopo la sconfitta della Prussia furono inutili e così con notevole riluttanza Napoleone dovette affrontare il problema di sconfiggere le armate russe consapevole dell’immenso rischio cui andava incontro; ci volle un po’ di tempo prima che un piano operativo fosse approntato. All’epoca della presa di Berlino Napoleone aveva dichiarato: “ Noi dobbiamo prima o poi affrontare e sconfiggere i russi”, nell’ottobre successivo le informazioni che riceveva circa i movimenti dei russi, lo convinsero sempre più che era necessario portare l’esercito al di là della Vistola prima che il nemico si rifugiasse negli acquartieramenti invernali. L’imperatore infatti pensava che se i francesi si fossero posizionati lungo la riva orientale di quel fiume i corpi d’armata si sarebbero trovati in posizione buona per intraprendere le operazioni contro i capisaldi della Slesia e per proteggere gli assedi dei porti baltici di Danzica, Koslin e Stralsunda. Inoltre il fatto che l’esercito avesse alle sue spalle l’Oder con le sue fortezze significava avere a disposizione una importante via di ritirata e di una seconda linea di difesa nel caso che le operazioni in Polonia non fossero riuscite. Per poter avere informazioni più dettagliate circa le intenzioni russe, il 5 novembre Napoleone ordinò a Davout di eseguire una perlustrazione fino a Posen con i 2500 dragoni del generale Beaumont; più a sud Girolamo Bonaparte fu incaricato di prendere Glogau nella Slesia. Mentre queste operazioni erano in atto il 9 giungevano allarmanti notizie al Q.G. di Napoleone. Una armata russa di circa 56.000 uomini si era mossa verso ovest da Grondo con la possibilità che essi raggiungessero le frontiere orientali della Prussia entro la fine del mese avvicinandosi all’importante centro di Thorn sulla Vistola entro la metà di novembre. Due giorni dopo Davout riferiva che non vi erano tracce del nemico nella zona di Posen dove iniziò la costruzione alcune panetterie da campo per l’esercito francese. Con queste informazioni Napoleone decise l’azione anche se l’esatta posizione dei russi non fosse ancora chiara; era necessario prendere i migliori accantonamenti invernali da dove poi sferrare l’offensiva nella primavera del 1807. Si voleva prevenire sulla Vistola il generale russo Bennigsen ed impedirgli di riunirsi con le armate prussiane di Lestocq che erano nei pressi di Varsavia, e per fare questo occorreva che Napoleone iniziasse immediatamente una avanzata verso Thorn per occuparla e di li anche la capitale polacca. Una volta presa la riva occidentale della Vistola egli avrebbe potuto prendere in esame una ulteriore avanzata sulla base delle informazioni che via via gli sarebbero arrivate. Vennero impartiti gli ordini necessari; l’avanzata inizialmente doveva essere condotta su un ampio fronte dietro ad uno schieramento di cavalleria che doveva servire a fornire notizie fresche sull’attività del nemico. Circa 80.000 uomini dei corpi di Davout, Lannes, Augereau e Gerolamo sotto il comando provvisorio di Murat erano destinati a questo scopo. A nord il V e il VII corpo d’armata si sarebbero mossi da Berlino e da Stettino rispettivamente in direzione di Thorn, al centro il III corpo d’armata di Davout avrebbe dovuto avanzare oltre Posen in direzione di Varsavia. A sud Gerolamo con il IX corpo d’armata doveva avanzare da Glogau a Kalisch per mettere in sicurezza il fianco sud da un possibile intervento austriaco, mentre all’estrema destra la divisione di Vandamme avrebbe dovuto avanzare su Breslavia per occupare le fortezze della Slesia in base alle necessità. Il fianco nord era affidato all’VIII corpo d’armata di Mortier poiché a Luigi Bonaparte era stato impartito l’ordine di tornare indietro per presidiare l’Olanda. Napoleone sarebbe per il momento rimasto a Berlino per organizzare i territori occupati e per controllare che le restanti divisioni della Grande Armè rientrate dopo aver dato la caccia a Blucher fossero opportunamente preparate per costituire la seconda ondata (ed erano quelle di Bernadotte e Ney verso Thorn, Soult) verso Varsavia.

Mario Ragionieri

Ricordo ai lettori dei miei articoli, a cui rivolgo i più sentiti ringraziamenti, le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001
-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Edizioni Ibiskos, 2005
-- 25 luglio 1943 - La fine inconsapevole di un regime. Edizioni Ibiskos, 2007

 
-- Carri armati Tedeschi e Italiani 1939-1945 - edizioni Chillemi 2008