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Le battaglie di Cassino - I^ Parte
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Escrito por Mario Ragionieri   

Amici lettori ci ritroviamo ancora insieme per affrontare un nuovo argomento sulla campagna d'Italia (1943-1945), ed esattamente le battaglie di Cassino avvenute intorno a questa storica località, nota per la grande e importante abbazia benedettina, nella prima parte del 1944.
La situazione del fronte italiano dopo l'8 settembre 1943 era piuttosto fluida in primo luogo a causa della scomparsa dal teatro operativo delle divisioni italiane che fiancheggiavano i tedeschi nella difesa del territorio metropolitano che con la proclamazione dell'armistizio si dissolsero con estrema rapidità lasciando intere zone scoperte il che permise agli alleati di occuparle senza combattere.

In questa strana situazione i tedeschi sotto la guida di un uomo molto capace dal punto di vista militare il Feldmaresciallo Kesselring, riuscirono a gestire tutta una serie di problemi tattici che si presentarono quasi contemporaneamente; probabilmente altri eserciti si sarebbero dati alla fuga dinanzi a una simile situazione ma questo non successe per i tedeschi addestrati e capaci di una reazione pronta e decisa (anche se la ritirata verso linee più sicure al nord Italia era stata ventilata). Innanzi tutto dovevano fronteggiare lo sbarco alleato a Salerno, cosa che riuscirono a fare piuttosto bene, contenendolo e combattendolo con successo; poi il disarmo e la reazione sporadica delle forze italiane specialmente nella zona di Roma (e questo avveniva alle spalle del fronte); e ancora cercare di arrestare l'avanzata alleata dal sud con azioni di rallentamento e di difesa, tali da consentire a tutte le forze tedesche di ritirarsi ,ove non era possibile una difesa, con ordine e con il concetto base di portare le proprie truppe dietro linee sicure e difendibili. In effetti era dimostrato da secoli di storia che invadere l'Italia dal sud non era cosa semplice e pochi vi avevano provato; persino i manuali militari consideravano molto difficile una campagna impostata in questo modo data la conformazione del territorio, le catene montuose e i fiumi che dalla dorsale appenninica si gettano dopo percorsi tortuosi e difficili nei due mari, Adriatico e Tirreno.

Per gli Alleati la campagna d'Italia aveva uno scopo eminentemente politico e cioè quello di staccare l'Italia dalla guerra ; dimostrare al mondo che uno dei paesi firmatari del patto tripartito era stato costretto a cedere e che era possibile che altri paesi come la Romania, la Bulgaria, l'Ungheria e la Finlandia seguissero questo esempio. La stessa paura, ma dal lato opposto, la ebbero i tedeschi che con la scomparsa dell'Italia dal teatro bellico dell'Europa meridionale si trovarono in condizioni pericolosissime e in quelle condizioni furono capaci di gestire un ritorno per quanto possibile ad una situazione normale. Naturalmente la punizione da dare all'Italia doveva essere esemplare e tale da impedire che altri paesi (quelli che ho citato sopra) fossero invogliati a seguirne l'esempio (si sganceranno l'anno dopo). Inoltre parlando sempre della campagna d'Italia divenne quasi ossessivo il pensiero sia tedesco che della rinata RSI di preservare Roma dalla caduta in mani alleate il più possibile per le ripercussioni psicologiche che ne sarebbero derivate. Fu Kesselring che garantì ad Hitler la possibilità di ricostruire una difesa nel sud Italia con lo scopo di contendere palmo a palmo il terreno agli Alleati e tenere il più possibile lontani dalla Germania stessa i bombardieri alleati non facendo cadere in loro mani importanti aeroporti.
Kesselring non aveva a disposizioni grandi forze per poter fronteggiare la strapotenza alleata e poteva solo contare sulla sua capacità militare, su quella dei suoi valenti generali e sulle qualità del soldato tedesco spesso collaudato nei combattimenti sul fronte russo, vera scuola di sopravvivenza in condizioni estreme.
L'impiego di unità italiane della ricostituita RSI era ancora da decidere e comunque sarebbe stato un problema da affrontare in futuro; intanto si potevano usare solo in appoggio ai tedeschi piccole unità italiane che dopo l'8 settembre si erano ricostituite quasi spontaneamente e si erano dichiarate disposte a combattere ancora a fianco dei tedeschi. Il Feldmaresciallo Kesselring ha sotto la sua responsabilità il fronte italiano e al suo comando sono la 10° armata del generale Von Vietinghoff, la 14° del generale von Machensen, il 14° corpo d'armata del generale von Senger und Etterlim e tramite il generale Wolff due divisioni SS la 29° del generale Heldman e la 24° del generale Wagner. Per quanto così elencate queste forze possono sembrare un potente esercito, in realtà questo esercito ha perso parte della sua compattezza dopo gli scontri degli ultimi mesi; accanto a divisioni veterane si schierano divisioni composte da reclute giovanissime e da molti riservisti tolti dai presidi europei.



Ma veniamo ai fatti: constatata da parte tedesca l'impossibilità di gettare a mare gli avversari a Salerno, Kesselring ordinò la ritirata, "sganciamento sul fronte costiero" e cercò di resistere sulla linea Formia-Pescara, il punto più stretto della nostra penisola; e questo in polemica con Rommel che ne chiedeva l'abbandono.
I tedeschi dovevano cercare di contenere l'avanzata degli Alleati per convertirla in una "offensiva lumaca che ogni giorno occupa quattro o cinque villaggi di contadini" come la descrisse Hitler.
Intanto l'ottava armata di Montgomery avanzando velocemente dalla Calabria, e dilagando in Basilicata e in Puglia, poteva raggiungere i tedeschi alle spalle. Per questo resistere a lungo sulle posizioni collinari di fronte alla pianura di Salerno avrebbe dato occasione alla fine ad un aggiramento delle posizioni tedesche; era solo questione di giorni pertanto fu ordinata la ritirata sul Volturno.
Gli americani ebbero così accesso a Napoli il 1° ottobre il cui porto presentava danni enormi e tali da non permettere che lo scarico di 20.000 tonn di materiale al giorno. Il giorno 3 ottobre gli inglesi sbarcavano a Termoli con una operazione anfibia notturna. Sulla sinistra del Biferno una sola divisione tedesca, la 1° paracadutisti non avrebbe potuto fermare una armata e allora si decise di togliere la 16° div. corazzata dal Volturno.
Kesselring come abbiamo detto voleva ritardare l'avanzata su Roma almeno fino alla primavera del 1944 e questo è quanto assicurò a Hitler quando il 30 settembre conferì con lui; le posizioni sul Volturno e sul Biferno sulle quali i tedeschi dovevano ripiegare dovevano essere tenute fino almeno al 15 ottobre per preparare una serie di lienee di ritirata programmate e ben fortificate. Nacquero così la linea G (Gustav) di cui parleremo nel prossimo capitolo e in ordine scendendo verso sud la linea B (Bernhard o Barbare o anche linea Reinhard) e ancora più a sud la linea provvisoria del Volturno già citata e di cui ci occuperemo ora.

La linea operativa di Kesselrig della difesa ovunque sul territorio italiano prevalse agli occhi del Fuhrer e per Rommel, strenuo sostenitore della difesa sugli Appennini , fu deciso, per accontentarlo, di iniziare a preparare una linea (la Gotica) tra La Spezia e Rimini.
La prima vera linea di resistenza tedesca si delinea dunque il 3 ottobre sul Volturno e sul Biferno, da Castelvolturno a Torre Petacciata, spezzata solo dall'invalicabile Matese che nel 1943 era ancora senza strade che lo attraversavano. Nasce pure a causa del Matese la netta divisione del fronte; dal Matese al Tirreno per gli Americani della 5° armata e dal Matese all'Adriatico per gli inglesi dell'8° armata. Il contatto diretto tra le due armate ci sarà solo dopo aver oltrepassato il massiccio e cioè ad Isernia.
Lo scopo essenziale della campagna d'Italia divenne per gli Alleati quello di tenere impegnate il numero maggiore possibile di divisioni tedesche onde sottrarle ad altri fronti; si pensava già allo sbarco in Normandia. Per contenere le armate alleate la linea Volturno- Biferno non era secondo il comando tedesco abbastanza profonda e stabile; però costituiva la prima linea di sbarramento della penisola italiana e i tedeschi prevedevano di tenerla il più possibile per poterne allestire altre alle sue spalle.
Gli Alleati giunti al Volturno decisero per esigenze tattiche dell'ambiente in cui operavano di dividere il loro schieramento in due settori:
1) Basso Volturno (terreno pianeggiante dalla foce a Capua)
2) Medio Volturno (terreno montuoso dai Tifata al Taburno- Matese)



Il 15 settembre , il generale Alexander, a capo del 15° Gruppo di Armata, ordinò alla V armata di attraversare il Volturno e di respingere il nemico di almeno trenta miglia indietro, su una linea che andava dalle montagne di Sessa Aurunca, attraverso Venafro, fino ad Isernia, punto previsto per il congiungimento con l'8° armata. Nella V armata le tre divisioni inglesi apparivano stagionate, le tre americane eccellenti e di provata combattività. A svantaggio dei tedeschi c'era la superiorità numerica alleata e a vantaggio invece avevano il fatto che il loro compito era solo quello di ritardare l'avanzata nemica su un terreno da loro stessi fortificato. Il terreno dello scontro, pittoresco quanto si vuole per una gita turistica, costituiva militarmente un ostacolo formidabile per chi attaccava. In quella zona poi il Volturno ha un corso molto tortuoso con almeno 13 meandri e una lunghezza di circa 176 Km. Nell'ottobre del 1943 poi erano iniziate le piogge che avevano ingrossato il fiume e riempito tutto di fango. I tedeschi sulla sponda destra erano sicuramente in posizione migliore.
Ma andiamo con ordine cronologico. Dopo due giorni di intensi e accaniti combattimenti il 30° fanteria era riuscito a respingere oltre il fiume Volturno le ultime retroguardie tedesche. Il piano di attacco per il superamento del fiume era fissato per l'8 ottobre ma causa il fango, la pioggia e l'artiglieria tedesca che tirava infliggendo gravi perdite impedendo al 30° di muoversi si decise di rinviarlo di alcuni giorni, il tempo di fare affluire rinforzi e mezzi per il guado del fiume. Al 30° fu inviato in aiuto il 135° fanteria e l'ordine di attacco fu spostato dal generale Clark per la notte del 12- 13 ottobre. Le informazioni che le pattuglie alleate erano riuscite ad avere da soldati tedeschi catturati e da abitanti del luogo erano piuttosto pessimistiche; gli assalitori si sarebbero trovati di fronte campi minati; appresero che la riva nord era alta ripida e fangosa piena di alberi e cespugli, che l'acqua nel fiume arrivava alla cintola e al petto dei soldati e che i tedeschi erano armati di fucili e pistole automatiche e avevano piazzato nidi di mitragliatrice lungo tutto il fiume. Questo rendeva l'attacco molto difficoltoso e imprevedibile nell'esito.



Kesselring era fermo nell'idea che la resistenza andava fatta dovunque e specialmente nella fascia più stretta della penisola pertanto descrive con chiarezza i piani e la loro tempistica di attuazione. Fissò sulla carta le varie linee di resistenza nel caso di ritirata, previde inevitabili cessioni di terreno ma anche una difesa decisamente insormontabile a sud di Roma; una linea che avesse al centro monte Mignone (la linea fu chiamata linea Reinhardt) oppure sulla linea Garigliano-Cassino (linea chiamata in seguito Linea Gustav).
Concordò con il generale von Vietinghoff sulla resistenza della X Armata e su quanto era necessario fare per rendere forte e inespugnabile la linea Gustav e sulle eventuali linee alternative successive sulla strada di Roma onde rendere il più difficile possibile la strada degli Alleati verso la capitale.
Quindi la linea del Volturno doveva servire alla X Armata per concedere con la sua tenuta tutto il tempo necessario per preparare al meglio la linea Gustav (la linea di difesa principale tra tutte quelle elencate). Il generale Von Vietinghoff diresse le operazioni di ritirata in modo magistrale e riuscì a prolungare la resistenza sul Volturno fino al 16 ottobre. Le previsioni di Kesserling non si erano fermate solo ai movimenti del momento ma dimostrò di avere la precisa conoscenza delle posizioni da tenere e dello stato in cui si trovavano.

postazione di Mg34 Nebelwerfer



Il 12 ottobre, scesa la notte, iniziarono le manovre dietro le linee americane; per l'attacco alla linea del Volturno Clark aveva scelto come ora zero le 24 e dunque in quel momento seicento cannoni iniziarono un violentissimo tiro contro le linee tedesche accompagnati in questo dal tiro dei mortai e delle mitraglitrici. Il 30° fanteria e altri reparti americani iniziarono le manovre di avvicinamento al fiume per calare in acqua i battelli e le zattere legate alle corde che i reparti d'assalto avevano fissato, guadando il fiume, sull'altra sponda. Terminato il cannoneggiamento i tedeschi iniziarono un violentissimo tiro di mitragliatrici verso la riva occupata dagli americani ma per fortuna il tiro era alto e non causò perdite di rilievo. Il problema per gli americani venne quando furono gettati in acqua i canotti e le zattere che non furono tenuti dai fanti a causa della forte corrente oppure per il cedimento delle corde a cui erano fissate le zattere. Alcuni reparti erano comunque passati ed erano riusciti ad infiltrarsi tra le linee tedesche; il timore era che con l'approssimarsi del giorno i tedeschi potessero aggiustare il tiro colpendo le truppe americane ammassate sulla sponda sud. Infatti con la luce del giorno la battaglia divenne ancor più intensa e il fuoco tedesco divenne più preciso e micidiale coinvolgendo anche i carri e l'artiglieria controcarri.
I carri tedeschi ripiegarono ma anche i fanti americani avanzavano con lentezza pensando che la ritirata tedesca fosse strategica cioè prestabilita. Invece i tedeschi contrattaccarono con i carri subito respinti dal fuoco americano; anche dal comando tedesco ci fu il riconoscimento esplicito che lo sforzo degli avversari era riuscito. Preso atto di questo i tedeschi iniziarono un ripiegamento verso Caiazzo mentre gli americani mettevano in atto un vero aggiramento delle posizioni nemiche. I tedeschi appena scesa la notte continuarono a ripiegare e la battaglia per l'attraversamento del Volturno ad opera dei primi reparti di assalitori era durata la bellezza di trenta ore. I tedeschi tentarono l'impossibile usando anche l'aviazione per impedire la costruzione dei ponti sul fiume che dovevano servire agli americani per fare transitare i mezzi pesanti e i rifornimenti. Il tutto risultò inutile nonostante i danni causati ai ponti e la morte di coloro che li costruivano; ma i danni furono prontamente riparati e i rifornimenti cominciarono a transitare.
Le immediate conseguenze della battaglia stavano ora nel superamento con il grosso delle truppe della barriera fluviale per raggiungere l'obiettivo che Alexander aveva assegnato alla V armata cioè la lina Sessa- Venafro- Isernia che distava ancora circa 25 miglia.

fante con Mg34



Vediamo ora come i tedeschi gestirono la ritirata "ritardante":
Il comando tedesco dislocò alcuni reparti scelti appartenenti alla 3° divisione per distruggere le comunicazioni con esplosivi e munizioni; questi gruppi sbarrarono le direttrici di avanzata del nemico costringendolo ad tortuose manovre di aggiramento e poi di nuovo a incessanti manovre di superamento degli sbarramenti.Le retroguardie impiegate erano molto mobili e avevano l'ordine perentorio di non farsi catturare ma al tempo stesso di riuscire a colpire e rallentare i movimenti degli americani. I ponti vennero sistematicamente minati insieme alle strade principali e secondarie e agli edifici nei villaggi che crollando bloccavano le strade principali; mine di tipo Teller e del tipo S erano state disseminate nei nodi stradali e sui cigli e le scarpate dei torrenti. Per coprire le strozzature stradali furono predisposti piccoli sbarramenti di artiglierie mobili e nidi di mitragliatrici; anche i villaggi appena abbandonati venivano trasformati in piccoli fortini con mitraglieri che sparavano sul nemico, nel contempo venivano impiegati carri armati e cannoni semoventi, nebelwerfer a 6 canne ed anche del tipo a 10 canne montati su mezzi cingolati. Tutto questo ebbe l'effetto di rallentare in modo deciso l'avanzata alleata. Il Feldmaresciallo assegnò alla X Armata tre divisioni di fanteria che erano la rimanenza del gruppo armate di Von Mackensen.
Dunque Kesserling vide nel Volturno solo una linea di resistenza per permettere ai reparti tedeschi di attestarsi su linee migliori e più sicure.
Ricapitolando i reparti che combatterono nella sola zona del Caratino furono per gli alleati:
la 34° divisione americana schierata da Caiazzo all'immissione del Calore nel Volturno comandata dal generale Ryder.
La 3° divisione americana, da Piana di Monte Verna a Tifilisco, comandata dal generale Truscott.
Per i tedeschi:
La Hermann Goering Panzer Division schierata da Gazzanise a Piana di Monte Verna
La 3° Panzer Grenadier Division da Caiazzo a Monte Acero comandata dal generale Graeser.

Il commento finale del generale Von Vietinghoff all'azione sul Volturno fu il seguente:
"L'attacco programmato magistralmente ed eseguito con determinazione dalla 3° divisione americana è stata l'azione chiave della battaglia del Volturno".
La prossima puntata sarà su Cassino e la distruzione del monastero.


MARIO RAGIONIERI

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Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001

-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003

-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004