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Introduzione allo studio di KARL von CLAUSEWITZ e del suo Vom Kriege -3^ p.
(1 voto)
Escrito por Mario Ragionieri   

Bene amici lettori mi avvio a concludere questo breve ma spero significativo accenno al Vom Kriege e a Von Clausewitz che lo ha scritto.
Comprendo perfettamente che alcuni concetti risultino un poco antiquati se letti con superficialità e con la mente ancorata a concetti odierni. Clausewitz non poteva sapere che la tecnologia sarebbe diventata così raffinata, che nelle battaglie sarebbero intervenuti i carri armati, gli aerei, ecc.
Fondamentalmente però alcune tecniche da lui descritte, dopo attenta osservazione dell'epopea napoleonica, risultano attuali se applicate in modo corretto ai nostri giorni.
L'idea da lui portata avanti che la velocità con cui si svolge una guerra fosse estremamente importante si ritrova per esempio anche oggi, vedi Irak,onde evitare che la guerra, così velocemente vinta, diventi di logoramento, che si impantani in uno stillicidio continuo di uomini e mezzi. Ma non solo questo molti aspetti della sua teoria sulla guerra possono essere osservati nelle due guerre mondiali del XX secolo e applicati in guerre future (meglio se non ci saranno) perché sono molto aderenti alla realtà sia di una tecnica passata sia di una tecnica futura.

Dunque Clausewitz continua a vivere tra noi ogni volta che la politica usa la guerra come arma per ottenere certi risultati; è necessario, per chiunque voglia comprendere il fenomeno "guerra"in tutti i suoi aspetti fondamentali, leggere il Vom Kriege prima di addentrarsi in argomentazioni di carattere tattico o strategico. Scrivere o parlare di "guerra", "strategia"o "tattica"senza questa base è molto difficile e privo di un supporto logico. I grandi generali della storia post Clausewitz ne hanno fatto uno studio particolare, come abbiamo detto nei capitoli precedenti, e non per la sola voglia di leggere quanto per sapere e per capire. Ricordo che il sapere e il capire non è mai troppo per chiunque voglia farsi una cultura storico-politico-militare come del resto anche in qualsiasi altro campo.
Detto questo riprendiamo il nostro studio per curare altri aspetti finora solo sfiorati:

LE FORZE STRATEGICHE: La capacità del capo, le forze morali e le forze materiali

La capacità del capo.
Nel pensiero di Clausewitz e aggiungo anche nel mio, "le forze intellettuali hanno un valore preponderante per chi dirige la guerra. La guerra è il campo dell'incerto. I tre quarti delle cose su cui si basa per agire sono immerse nella nebbia dell'incertezza. Perciò è necessaria per prima cosa un'intelligenza molto penetrante per giungere all'intuizione della verità mediante il proprio raziocinio... Inoltre la guerra è anche il campo del caso...Per uscire vittorioso il capo deve possedere due qualità: un'intelligenza che, anche in mezzo all'oscurità intensa che lo circonda, conservi una luce interna sufficiente a condurlo al vero ed il coraggio di seguire questa debole luce. La prima di queste qualità è il colpo d'occhio; la seconda la risolutezza. La risolutezza o coraggio dello spirito, che fa superare l'indecisione non può derivare che dall'intelligenza che produce la coscienza della necessità di rischiare e, mediante questa , determina la volontà di agire" .



La guerra dunque secondo Clausewitz è una attività dello spirito e non della forza bruta. Quindi è importante usare sempre la testa; ma questo è del tutto inutile se le conclusioni a cui si arriva non si trasformano in azione.Quindi la conduzione delle operazioni militari non è solo un sistema di espedienti e di astuzie ma è la realizzazione di una idea e il successo di una organizzazione, poste in opera sin dal tempo di pace. La guerra è purtroppo il regno dell'incerto, del caso, dove assumono un valore fondamentale le circostanze contingenti e le decisioni prese dall'avversario. Tutto questo ovviamente genera giustamente dei dubbi che ogni capo deve sempre avere di fronte per fare la scelta che ritiene più giusta. Esistono solo due tipi di persone che non nutrono dubbi: i santi e gli imbecilli.
Le virtù del capo in guerra sono: "L'equilibrio in mezzo alle tempeste, il coraggio delle proprie responsabilità, il senso delle occasioni che gli si offrono e che non si ripeteranno più, la fiducia in se stesso, lo spirito di intraprendenza giovanile". La comprensione e il carattere costituiscono due virtù inseparabili; se non sono presenti, domina l'inerzia intellettuale e il conformismo rinunciatario e renitente agli impegni diretti. Essi non lasciano altre alternative che "il si salvi chi può" al momento del pericolo, in cui troppo tardi ci si accorge di non disporre di nulla: ne di uomini, ne di idee ne di volontà.
Al capo si richiede una specie di alleanza tra intelligenza e carattere, tra immaginazione e riflessione. Una attenta analisi di tutte le possibili soluzioni deve portare ad una individuazione di quelle più probabili da cui deve discendere una combinazione generale che è la linea di azione strategica da perseguire. Questa è la necessaria premessa alla pianificazione per la preparazione dello strumento militare che deve poi tradurla nella realtà.
Mao Tse Tung profondo conoscitore del pensiero di Clausewitz lo traduce accoglie in toto il suo pensiero: "L'esito di una guerra è determinato non solo dalle forze materiali e spirituali, ma anche dalla capacità soggettiva di direzione della guerra....L'azione richiede una meditazione profonda. Per decidere occorre tenere conto dei rapporti tra i fini e i mezzi nostri e del nemico; fra la guerra di una lunga durata e quella di rapida decisione; fra l'attacco e la difesa; fra il fronte e le retrovie; fra l'azione principale e quella di appoggio; fra la guerra di posizione e quella manovrata; fra la qualità e la quantità; fra la sorpresa e la sicurezza; fra la concentrazione e la diluizione delle forze". E questo passo mi sembra che dica tutto quello che era il pensiero del generale prussiano.

Le forze morali.
Un grosso merito da attribuire a Clausewitz è quello di avere preso in considerazione nella sua teoria della guerra della importanza che rivestono le forze morali e i fattori psicologici. Scorrendo il libro si possono trovare molte considerazioni circa le implicazioni che hanno sulla realtà della guerra la paura e la fatica il valore e l'audacia, lo spirito di corpo e la fermezza delle decisioni. Il morale si interpone tra le forze intellettuali e le forze materiali; l'intelligenza se non accompagnata dalla risolutezza provoca solo indecisione ed inazione ed una certa renitenza ad assumere responsabilità. I mezzi materiali sono privi di significato, sono materia inerte se non sono resi vivi dalla forza morale e dall'intelligenza.. Lo spirito il morale e i mezzi costituiscono una trilogia fondamentale del tutto simile a quella esistente tra politica strategia e tattica. La potenza non deriva dalla somma ma dal prodotto delle te componenti.La preparazione di una guerra non è solo materiale ma è anche e soprattutto spirituale. A tale proposito Lenin affermava che l'attacco va sferrato solo dopo che l'avversario è stato disarmato psicologicamente (i bombardamenti aerei infatti hanno anche questo scopo nell'era moderna). Le qualità di un buon soldato includono anche quelle di essere un buon cittadino. Al soldato però si richiede qualcosa di ancora più specifico e cioè la "virtù militare"essenziale per evitare la disgregazione dei reparti di fronte al pericolo. Secondo Clausewitz (e questo concetto è da ritenersi valido anche oggi) la virtù morale si fonda sulla disciplina consapevole dello spirito di corpo e sul senso dell'onore che trasformano le virtù individuali in virtù collettive, motori spirituali della macchina militare. Le virtù militari non si improvvisano esse sono frutto di una preparazione lunga, attenta e continua; sono alla base del "soldato cittadino".



Le forze materiali
Le considerazioni di Clausewitz sulle forze combattenti sono naturalmente legate a quelle esistenti al suo tempo e quindi sorpassate nei dettagli. Egli conosceva una evoluzione molto lenta della tecnologia e quindi tende a considerare importante il numero più che la qualità delle forze. Clausewitz era convinto circa l'importanza dell'addestramento e della coesione delle unità, ma non era allora in grado di comprendere la moderna supremazia della qualità rispetto al numero e l'influsso determinante che ha il rapporto dei vari livelli qualitativi delle parti in conflitto sulla loro tattica e poi tramite questa sulla loro strategia e sulla loro politica. Certamente a parità di ogni altro fattore, il successo è dovuto alla superiorità numerica nel luogo e nel momento decisivi.
Certo le carenze qualitative annullano con molta rapidità ogni effetto positivo della quantità. Anche la guerriglia per conseguire effetti decisivi, (dice Mao Tse Tung) ha sempre dato vita non appena ha potuto ad un esercito regolare, dotato all'incirca degli stessi mezzi che ha l'avversario.
Dunque si può affermare che nello studio di un problema strategico e nella conseguente pianificazione e definizione delle risorse umane e finanziarie da dare allo strumento militare è fuori dubbio che la discussione tra qualità e quantità occupi sempre un posto di primaria importanza; pertanto il compromesso adottato tra questi due termini da considerarsi estremi agisce poi sulla linea strategica da seguire e sugli scopi politici che si possono perseguire.

Spazio e tempo : le dimensioni strategiche
Un conflitto si svolge sempre nello spazio e nel tempo.Le due dimensioni assumono un significato particolare in base all'uso che ne fanno le parti contrapposte. Tempo e spazio sono strumenti dello spirito quanto lo sono le forze morali e materiali; vengono utilizzati dal politico, dallo stratega e dal tattico in base ai propri intendimenti e al tempo stesso condizionano la definizione di questi ultimi. Dunque in base alla linea di azione scelta il difensore e l'attaccante organizzano lo spazio attorno ad un punto(il centro di gravitazione) il cui possesso permette la congiunzione tra lo scopo tattico e quello strategico al livello inferiore della guerra e tra lo scopo strategico e fine politico al livello superiore. È opportuno fare due osservazioni: 1) l'ampiezza dello spazio strategico dipende dal concetto strategico che si segue; la guerra di popolo può interessare tutto il territorio; la difesa avanzata solo la fascia di frontiera. 2) Lo spazio è un fattore che moltiplica la potenza della difesa rispetto a quella dell'attacco, che dallo spazio viene di solito logorato. Le dimensioni dello spazio dipendono anche dal rapporto delle forze tra i due avversari proporzionalmente al divario di forza esistente tra il difensore e l'attaccante.
Il tempo è una dimensione strategica forse più importante dello spazio. Quando si attacca si ha la necessità di giungere rapidamente alla vittoria perché come lo spazio anche il tempo ne provoca l'usura "più la vittoria si fa attendere e più le armi si arrugginiscono" e ancora " il tempo è il santo protettore della difesa" . Questi sono alcuni famosi detti il primo riferito a chi attacca e il secondo per chi si difende. Il tempo è importante anche per un'altra cosa; è il presupposto della moderazione del conflitto e rende possibile frenare l'ascensione agli estremi. L'esistenza di un tempo permette infatti un dialogo tra le parti sia implicito che esplicito e di conseguenza una ragionevole limitazione della guerra se manca il tempo il dialogo è impossibile e rischia una salita incontrollata che farebbe perdere agli sforzi sostenuti ogni logico rapporto con i fini che si perseguono.

Caratteristiche fondamentali dell'offensiva e della difensiva.
Le operazioni belliche avvengono non per iniziativa dell'attaccante ma per volontà del difensore che non si vuole piegare alle imposizioni dell'avversario. Lenin aveva trovato questa osservazione di Clausewitz estremamente acuta; infatti fa la guerra per la guerra ma per conseguire uno scopo politico. Chiaramente uno conquistatore non fa uso delle armi se riesce ad ottenere i suoi fini con altri mezzi per esempio attraverso la sola minaccia di usare la forza o convincendo la parte avversaria che la conquista avviene solo per il suo bene. In ultima analisi dunque chi inizia la guerra non è l'attaccante ma il difensore. La guerra cessa quando il proseguirla non ha più alcun senso ragionevole per il difensore. Il difensore dunque decide la guerra e ne determina le forme, la durata e anche lo spazio nel quale vengono svolte le operazioni. Ci si difende quando ci si trova in condizioni di inferiorità di forze e una delle caratteristiche principali della difesa è l'attesa; quella di chi attacca è l'iniziativa. La difesa deve essere in grado di durare affinché l'attacco si usuri e raggiunga quello che Clausewitz definisce "il punto culminante della vittoria" . L'attacco esaurita la propria spinta offensiva, usurato e logorato, perde la superiorità iniziale e può essere a sua volta soggetto alla reazione offensiva del difensore. Il tempo fa perdere infatti all'attacco la "carica" iniziale di cui disponeva e logora allo stesso tempo il morale sia delle Forze Armate sia della popolazione che non vede la fine del conflitto. Superato dunque il " punto culminante della vittoria" il rapporto di forze così come era all'inizio si rovescia tanto che il difensore può impugnare la "spada fiammeggiante della vendetta" e annientare l'attaccante. Una politica difensiva può anche comportare una strategia offensiva, ad esempio per impedire all'avversario, con un attacco preventivo, di acquisire una superiorità che potrebbe nel futuro provocare la distruzione del proprio Stato. Aggiungo che le armi sono sempre offensive anche se impiegate per difendersi. Ogni operazione militare poi comprende sempre una combinazione di combattimenti offensivi e difensivi; infatti il difensore non può rinunciare a mettere in campo una sua capacità offensiva per riconquistare i territori perduti. Solitamente chi attacca deve difendersi in taluni settori per risparmiare forze e concentrarle nei punti di attacco.



La superiorità della difesa sull'attacco
Clausewitz è un sostenitore convinto che esiste una differenza tra colui che pratica la difesa e chi invece pratica l'attacco e che questa differenza è a favore della difesa. La sua tesi trova riscontri in primo luogo nel fatto che è naturale che chi è più debole si difende e chi è più forte attacca. In secondo luogo la difesa utilizzando spazio e tempo, può rovesciare il rapporto delle forze e passare alla controffensiva. Questa maggiore forza della difesa permette di moderare il raggiungimento degli estremi della violenza bellica. I due avversari si possono equilibrare strategicamente ed essere indotti a trovare come conseguenza un accordo politico poiché sono tutti e due più forti; uno nell'offensiva e l'altro nella difensiva. Questo equilibrio può togliere ogni ragione di essere al conflitto eccezion fatta nel caso in cui l'aggredito non accetti l'accordo in quanto lo ritiene improponibile con i propri interessi, e prosegue la lotta nello spazio e nel tempo, per attirare il nemico verso il punto culminante della vittoria e provocarne quindi l'auto distruzione.

Guerra di popolo
Uno dei più grandi meriti di Clausewitz e senza dubbio alcuno l'aver inserito nella teoria della guerra un elemento nuovo: la guerra di popolo che avrebbe poi acquistato con Mao Tse Tung un posto centrale nel pensiero strategico. Il nostro Generale prussiano definisce con estrema chiarezza e lucidità l'essenza della guerriglia, sia che essa fosse difensiva strategica e offensiva tattica; diffusione progressiva della lotta nello spazio per frazionare le forze nemiche, indebolirle, logorarle e creare le condizioni per attaccarle localmente con successo; lunga durata dell'azione per provocare il progressivo logoramento materiale e morale dell'occupante; priorità assoluta della conservazione delle proprie forze; legami tra guerriglieri e popolazione; inquadramento realizzato da personale altamente specializzato fornito dalle forze regolari o comunque da guerriglieri professionisti. Riscontriamo una profonda differenza di carattere extramilitare tra il "franco tiratore" del Clausewitz e il moderno guerrigliero rivoluzionario dei tempi moderni. Il primo combatte contro un nemico esterno, nel quadro generale di una guerra prettamente difensiva. Il secondo è al servizio di una causa politica; è prima di tutto militante di un partito e poi soldato; combatte nel quadro di una guerra offensiva dal punto di vista politico anche se all'inizio questa è difensiva con la tendenza a trasformarsi in offensiva e con la nascita all'interno delle forze della guerriglia di una forza mobile d'attacco, cioè di un esercito regolare destinato ad annientare il nemico. La concezione di Clausewitz è stata ampiamente adottata dall'URSS nel secondo conflitto mondiale e in taluni paesi europei. Liddel Hart critica pesantemente questo tipo di guerra in quanto secondo lui questa forma di lotta non è efficace, sotto il profilo militare, tanto da bilanciare i danni che provoca sia a breve termine sia direttamente per le rappresaglie che un invasore deciso non mancherebbe di effettuare su larga scala per evitare la illegalità che si diffonderebbe rapidamente tra la popolazione. La resistenza civile non violenta avrebbe secondo Liddel Hart una maggiore efficacia e un minor costo. Le due tesi sopra esposte hanno le loro ragioni e i loro difetti ed è difficile stabilire quale di queste risulta più efficace in termini di costi benefici.
Va aggiunto a sostegno della tesi di Clausewitz che una guerra di popolo oltre ad avere un valore diretto militare, possiede un significato importantissimo e cioè è una testimonianza della popolazione di non lasciarsi soggiogare dall'invasore e di continuare la lotta senza arrendersi.

Questa breve lettura del pensiero di Clausewitz che pazientemente voi lettori avrete seguito non costituisce certo un manuale da seguire alla lettera ma serve ed è servito ad aprire una discussione sulla essenza della guerra e sulle implicazioni che essa comporta; implicazioni militari e politiche. E' un modo per aprire una discussione e per porsi delle domande su cui riflettere. Troppo spesso si parla di guerra, di politica senza sapere di cosa effettivamente si sta parlando; bene Clausewitz ha posto delle domande e ha dato delle risposte... provate anche voi a porvi delle domande e a darvi delle risposte se veramente siete appassionati all'argomento, forse scoprirete cose che non avevate immaginato essere legate al tema.
Usate tutto questo per riflettere e per fare delle similitudini con i fatti di oggi; troverete moltissime cose che accomunano ancora il pensiero di Clausewitz al mondo in cui viviamo.

MARIO RAGIONIERI



Aforismi (leggeteli bene!)

"E' sempre in base ad un presentimento vago della verità che si è costretti ad agire".
"I più grandi uomini di tutti i popoli famosi nella guerra appartengono sempre e soltanto ad epoche di un'altra civiltà".
"Il fine politico in quanto motivo determinante della guerra, sarà la misura, tanto per la meta da raggiungere mediante l'attività bellica, quanto per gli sforzi necessari".
"La guerra non è nulla più che un proseguimento della politica con altri mezzi".
"La paura è diretta alla conservazione fisica, il coraggio alla conservazione morale".
"La risolutezza sorge soltanto per un atto di intelligenza che, divenuta conscia della necessità del rischio, con questa necessità determina la volontà".
"La timidezza naturale degli esseri umani, che vede soltanto un lato di ogni cosa, li fa, con la prima impressione, propendere verso il timore e l'esagerata cautela".
"L'arte della guerra, considerata dal suo punto di vista più elevato, si cambia in politica".
"L'assoluto, la cosiddetta certezza matematica, non trova in nessun luogo una base solida nel calcolo della guerra".
"Lo stesso fine politico può produrre effetti totalmente diversi su popoli diversi e, anche sullo stesso popolo, in epoche diverse".
"Mentre la nostra ragione si sente spinta alla chiarezza e alla precisione, lo spirito è spesso attratto dal vago".
"Nell'emozione del momento i sentimenti dominano gli uomini più fortemente dei pensieri".
"Non si può biasimare un metodo se non se ne sa indicare uno migliore".
"Ogni attacco deve terminare con una difesa".
"Ogni forma di pensiero è senz'altro arte".
"Per quanto riguarda la deduzione degli effetti delle cause si presenta spesso una difficoltà insormontabile: non si conoscono affatto le vere cause".
"Poiché il talento e il genio agiscono all'infuori delle leggi la teoria, si trasformano nella antitesi della realtà".
"Spesso è assai difficile dire, nel caso concreto, dove termini la forza di carattere e cominci la testardaggine".
"Tanto più lo scopo della guerra verrà a coincidere con il fine politico e tanto più puramente militare e meno politica sembrerà essere la guerra".
"Tutto si configura diversamente quando passiamo dal regno delle astrazioni a quello della realtà".
"Un animo forte è quello che anche nelle più forti emozioni non perde il proprio equilibrio interno".

Karl von Clausewitz

 

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Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001

-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003

-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004