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Carri armati tedeschi e italiani nella II^GM - VI^ Parte
(2 voti)
Escrito por Mario Ragionieri   

Da El Alamein alla resa dell'Italia
Nella notte tra il 7 e l'8 novembre 1942 una flotta composta da 500 tra navi da guerra e navi da carico anglo-americane, effettuavano una serie di sbarchi in Africa settentrionale dando così il via all'operazione Torch. I punti prescelti per gli sbarchi erano tre: il primo sulle coste atlantiche (Casablanca), gli altri due sulle coste mediterranee (Orano ed Algeri).
I territori in mano ad i Francesi non opposero che una scarsa e non convinta resistenza dando modo agli sbarchi, dopo alcune scaramucce di procedere come stabilito dal piano.


Autoblindo AB41


Furono sbarcati 34.000 uomini (tutti americani) con 252 carri armati a Casablanca, 18.500 (anche qui americani) con 180 carri armati ad Orano, 20.000 uomini furono sbarcati a Algeri. Lo sbarco preoccupava molto gli italo-tedeschi e la reazione immediata che ne seguì fu quella di inviare un corpo motocorazzato in Tunisia per coprire le spalle alla Libia e contrastare l'avanzata anglo-americana; solo alcuni giorni dopo i tedeschi decisero di occupare militarmente la zona libera del territorio metropolitano della Francia e in questa occasione la flotta francese di stanza a Tolone si autoaffondò per non cadere in mani tedesche. Possiamo dunque vedere da questo primo approccio all'operazione Torch che la lotta dalle coste della Libia e dell'Egitto si estendeva ora in tutto il Mediterraneo.

Breve cenno alle Divisioni corazzate americane
Premesso che tutte le divisioni di fanteria americane erano trasportate su automezzi e questo grazie alla potenza industriale americana, dobbiamo dire che il problema di costruire unità apposite, come invece avveniva negli altri eserciti, tedesco compreso, per seguire i movimenti dei mezzi corazzati non era stato sentito, proprio per quanto detto in premessa, da parte americana. La divisione corazzata rappresentava l'unità più potente di cui disponessero gli americani. Nel 1941 era basata su una brigata corazzata che comprendeva due reggimenti di carri leggeri, un reggimento di carri medi e un reggimento di artiglieria da campagna semovente; a questa brigata si aggiungeva un battaglione esplorante, un reggimento di fanteria, un gruppo di artiglieria con cannoni da 105 e un battaglione del genio e servizi. L'unità risultava però troppo pesante e difficile da manovrare per cui si giunse ad una prima sostanziale modifica in modo che fosse composta da:
-una compagnia di Stato Maggiore - una sezione di polizia militare - un gruppo esplorante - tre battaglioni di carri ciascuno comprendente 68 veicoli di cui 17 leggeri (Stuart) e 51 medi (Shermann)- tre battaglioni di fanteria, trasportati su veicoli semicingolati leggermente blindati- tre gruppi di obici semoventi da 105 mm per un totale di 54 semoventi- un battaglione genio - un battaglione officine - una compagnia trasmissioni- una compagnia sussistenza- un gruppo sanità.
Successivamente si cercò di migliorare ancora l'unità introducendo altre innovazioni con la costituzione del "combat command". Il "combat command" era un raggruppamento formato da un battaglione di carri, un battaglione di fucilieri e un gruppo di obici semoventi. Questo raggruppamento godeva di grandissima manovrabilità, comprendeva 17 carri leggeri, 51 medi oltre 1000 fanti autoportati e 18 cannoni semoventi; in una divisione corazzata si potevano formare due "combat command" ma in un secondo tempo si scelse di formarne tre.
Una cosa molto interessante a proposito della dotazione controcarro che era scadente (avevano i cannoni da 37mm ormai superatissimi) era il lanciarazzi in dotazione alla fanteria "bazooka". Una ottima soluzione per la guerra contro i carri armati anche se il calibro iniziale di 60 mm non riusciva a perforare la corazza dei tigre.


carro italiano M15/42




Continua la nostra storia
Raggiunto l'accordo con i francesi gli alleati si prepararono a marciare su Tunisi. I comandi tedesco e italiano inviarono immediatamente contingenti di truppe per occupare la Tunisia e organizzare un contrattacco prima che gli alleati potessero consolidare le loro posizioni Rommel in quel periodo aveva anche altre cose a cui pensare; contestato fortemente dal suo superiore diretto Kesselring come pure dagli italiani, si trovava nel delicato momento di tentare di salvare dopo El Alamein quel che restava delle truppe italo-tedesche dalla distruzione. Montgomery dopo la battaglia di El Alamein però invece di lanciarsi all'inseguimento dei resti dell'armata dell'Asse, procedeva con estrema cautela favorendo in questo le forze italo- tedesche che anche con un pugno di carri efficienti riuscirono a contrastare vivacemente l'avanzata inglese. Il 13 novembre Tobruk cadeva e tornava in mani inglesi, volutamente abbandonata da Rommel che non desiderava assolutamente farsi accerchiare nella piazzaforte come era successo pochi mesi prima agli inglesi. Quella che doveva essere una ritirata precipitosa delle truppe dell'Asse si trasformò, dopo alcuni giorni di sbandamento seguito alla grande battaglia, in una ritirata ordinata dove alcuni ben organizzati centri di resistenza permisero di rallentare al massimo l'avanzata inglese. A queste operazioni parteciparono due nuove divisioni italiane: la divisione corazzata Centauro e la divisione aeroportata Spezia. Il 9 novembre i paracadutisti tedeschi occuparono l'aeroporto di Tunisi e nei giorni successivi truppe italiane e tedesche occuparono Tunisi e Biserta. Gli Alleati restarono stupiti per la rapidità con cui le forze dell'Asse si erano mosse nonostante la loro superiorità aeronavale che non era stata in grado di impedire l'afflusso di rinforzi in Africa settentrionale. Rommel chiedeva a questo punto che la Tunisia fosse tenuta il tempo necessario per permettere ai resti delle truppe italo tedesche in ritirata di reimbarcarsi per l'Italia, ma questo era nettamente in contrasto con il pensiero di Hitler e di Mussolini. Anche Montgomery con la sua armata non se la passava bene; il consumo di carburante e di mezzi era tale che era necessario trovare un altro porto dove sbarcare i rifornimenti alternativo all'ormai lontanissimo porto di Alessandria. Il 24 novembre la prima nave alleata entrava nel porto di Bengasi ripristinato a tempo di record mentre nel frattempo si cercava di riattivare il porto di Tobruk e di Derna. Il 12 dicembre l'8° armata riprendeva la marcia avendo di fronte le truppe italo-tedesche in rapido ripiegamento verso la Tunisia dove arrivavano di rinforzo circa 1000 soldati dell'Asse al giorno. La 5° armata corazzata al comando del generale von Arnim era stata disposta in modo da fronteggiare sia i francesi sia gli Alleati e comprendeva 65.000 combattenti di cui 47.000 tedeschi facenti parte delle seguenti unità:
10° divisione corazzata tedesca, 334° divisione di fanteria tedesca, il reggimento Broich, il 501° Gruppo di carri Tigre, la divisione di fanteria italiana Superga, una brigata speciale pure italiana. Dalla Libia stavano arrivando a marce forzate i resti della Divisione corazzata Centauro e della divisione Spezia. Tra i due contingenti italo-tedeschi uno rivolto ad est ed uno rivolto a ovest la distanza si riduceva ogni giorno di più


Tunisia: ultimo lembo africano
Fu dal porto di Bougie, situato tra Algeri e Bona, che gli Alleati mossero contro la Tunisia con una colonna mista denominata "Blade Force"; il resto delle truppe avanzava lentamente tanto che il servizio informazioni fece sapere che i tedeschi erano già in grado di opporre alla Blade Force una trentina di carri armati di cui almeno un terzo del tipo Pz.IV con il cannone da 75 lungo superiore al pezzo da 57 inglese che per giunta equipaggiava solo la metà dei carri britannici. Il 24 novembre una compagnia di carri leggeri spintasi molto in avanti arrivò sulla pista del campo di aviazione di Djedeida a poche decine di chilometri da Tunisi; l'arrivo fu così improvviso che i carri armati sorpresero sul campo una ventina di velivoli tedeschi da poco arrivati e li distrussero tutti. Preoccupato della aggressività manifestata dagli Alleati Kesselring dette ordine di passare al contrattacco al più presto; l'offensiva tedesca in direzione ovest fu scatenata il 1° dicembre 1942 con circa 40 Panzer e di questi 5 erano del tipo Tigre. Questi 5 carri Tigre facevano parte di un contingente di 19 carri che Hitler, contro il parere dei suoi esperti, aveva voluto inviare in Africa. I tedeschi anziché puntare direttamente su Djedeida sfondarono ai fianchi in direzione di Teburba in modo da destabilizzare l'intero fronte alleato e costringerli ad arretrare. La manovra ebbe successo poiché gli Alleati presi nella tenaglia costituita da due colonne germaniche abbandonarono rapidamente la località di Teburba abbandonando una grande quantità di mezzi e di materiali tra cui 50 carri armati, in mani tedesche. Nei giorni seguenti il Combat Command B si disintegrò quasi completamente e nel tentativo di sfuggire ai tedeschi finì in una zona paludosa dove quasi tutti i carri si impantanarono. A metà dicembre il gruppo disponeva solo di 45 carri sui 200 con i quali era entrato in azione. Cadeva dunque una delle premesse strategiche che avevano determinato la corsa verso la Tunisia: prendere alle spalle Rommel. Tunisi rimase saldamente in mano alle forze dell'Asse. Arbitro della nuova situazione tornava ad essere Montgomery il quale con l'8° armata stava percorrendo la Libia in direzione di Tripoli; solo alcuni gruppi avanzati dotati di autoblindo avevano continuato a tallonare le truppe di Rommel, il grosso dell'8° armata era a circa 220 km da Buerat. Montgomery il 15 gennaio 1943 ricominciò l'avanzata con la disposizione di avanzare con la massima decisione; non sapeva che Rommel disponeva di meno di 90 carri per i tre quinti italiani e che non era assolutamente in grado di reagire ad un attacco di 450 carri armati tanti erano quelli di cui disponevano gli inglesi. Nonostante la manifesta superiorità gli inglesi persero circa 50 carri nei primi due giorni di lotta; perdite dovute in massima parte ai campi minati ben disposti dagli italiani e ai cannoni controcarro posizionati dietro ai campi minati.


Bersaglieri dell'Ariete con cannone da 47mm



Esasperato da questa inaspettata resistenza Montgomery andò su tutte le furie ordinando alla divisione di punta di sfondare lo schieramento nemico e di procedere a tutta velocità; ma Rommel si era già sganciato senza insistere nel combattimento così che Tripoli fu conquistata il 23 gennaio. Ora toccava alla Tunisia e nel frattempo Montgomery attese di ricevere rifornimenti anche riattivando il porto di Tripoli prima di riprendere la marcia verso la Tunisia. Il 16 febbraio le avanguardie inglesi varcarono la frontiera tunisina portando a compimento l'occupazione della Libia. In Tunisia quasi alla frontiera con la Libia esisteva una catena di fortini malridotti chiamata "Linea del Mareth"; l'avevano costruita i francesi per difendersi da un attacco italiano proveniente dalla Libia. Su questa linea era stato stabilito di fermare l'8° armata britannica. Rommel fece affluire su questa linea le truppe di fanteria di cui disponeva e non fidandosi dei vecchi fortini fece scavare nuove fortificazioni tra l'uno e l'altro. La difesa italo- tedesca si basava dunque su un campo minato, un reticolato e un fosso anticarro integrati da capisaldi in grado di sparare a 360°. A Rommel non piaceva quella linea e temeva di essere aggirato quindi aveva proposto un arretramento su un altopiano roccioso, quello di Akarit ma la proposta era stata respinta dai comandi italiano e tedesco per ovvi motivi politici e cioè di difendere la linea più avanzata quella del Mareth. Scriverà più tardi lo stesso Rommel: "Quanti migliori risultati avremmo avuto se invece di disperdere mine e materiale difensivo in Libia durante la ritirata, ci fossimo subito trincerati ad Akarit!"


Bersaglieri a Gazala


Rommel intanto studiava i movimenti del nemico tenendo presente la possibilità di prelevare forze dai due lati dello schieramento italo- tedesco (ad est e ad ovest) per concentrarle sempre nel punto più minacciato Pensò di compiere una puntata offensiva contro gli americani da meridione e di risalire la costa per arrivare d'improvviso a Bona; lo schieramento alleato che aveva come centri di gravità Diserta e Tunisi, preso alle spalle, si sarebbe ritirato e il porto di Bona non sarebbe stata più una base di rifornimenti per gli Alleati. Scrive Rommel infatti che: "gli americani sarebbero rimasti talmente impressionati da questa azione da restarne con un complesso di inferiorità". Egli sperava infatti di indurre gli americani alla massima cautela prima di intraprendere qualsiasi azione. Per l'offensiva Rommel disponeva della 21° divisione corazzata e della divisione corazzata italiana Centauro rinforzata da reparti tedeschi. Fin dal primo di febbraio la 21° Divisione corazzata aveva conquistato con una serie di rapidi scontri il passo di Fais difeso dai francesi in modo da creare per le forze dell'Asse il punto di partenza per arrivare alle spalle degli Alleati. Nessuno dei comandanti alleati era del parere che i tedeschi avrebbero colpito al passo di Fais e dunque fu enorme la sorpresa che ebbero quando il 14 febbraio la 21° divisione corazzata rinforzata da elementi della 10° attaccarono con decisione il 2° Corpo americano che si sbandò rapidamente; i circa 300 carri armati della 1° divisione corazzata americana furono attaccati e distrutti quasi completamente.



Due sistemi di combattere a confronto; quello di Rommel di concentrare le forze e attaccare decisamente, quello americano perdente di inviare le forze all'attacco scaglionandole senza quindi ottenere mai una superiorità sul terreno. Nella zona di Gafsa anche la Divisione corazzata Centauro aveva costretto gli americani ad abbandonare la città lasciandola in mani italiane il 15 febbraio. Il successo non fu completo come in seguito Rommel dirà perché nessuno dei suoi sottoposti, come pure gli alti comandi italiano e tedesco, erano favorevoli ad un attacco deciso ed in profondità. Tutti affrontarono le operazioni con eccessiva prudenza e a von Arnim non perdonò mai di avergli negato l'intervento dei Tigre. Intanto le forze dell'Asse stavano combattendo intorno al passo di Kasserine, zona montuosa con strette valli. Il passo fu forzato dopo duri combattimenti perché gli americani si erano tenacemente aggrappati al terreno cercando di rallentare il più possibile l'avanzata tedesca. Per la prima volta i tedeschi usarono i lanciarazzi Nebelwerfer che dettero eccellenti risultati. La resistenza americana appoggiata da un preciso tiro di artiglieria fu la causa dell'arenarsi della offensiva tedesca. Il 23 febbraio, mentre le forze tedesche si sganciavano dal combattimento, giunse la notizia che Rommel era stato nominato comandante in capo del Gruppo d'Armate Africa che comprendeva:
- la 5° Armata corazzata di von Arnim composta dalla 10° e 21° divisione corazzata, dal gruppo dei Tigre, dalla 334 divisione di fanteria tedesca e dalla Superga italiana; questa armata teneva il fronte ovest.
- La 1° Armata al comando del generale Messe, rientrato dalla Russia dove aveva comandato il C.S.I.R.; era composto dalle divisioni 15° corazzata, 90° e 164° leggere, dalla Divisione corazzata Centauro e dalla Trieste motorizzata, dalle divisioni Pistoia e Giovani fascisti di Fanteria, dalla Spezia aerotrasportata. Questa armata che teneva il fronte del Mareth era completata dal Raggruppamento sahariano italiano comandato dal generale Mannerini; il raggruppamento controllava la zona desertica dalla quale si temeva l'aggiramento della linea del Mareth.
Erano inoltre appena arrivate in Tunisia e si trovavano nella zona nord, le divisioni tedesche Hermann Goering una divisione da campagna dell'aviazione tedesca splendidamente equipaggiata ma con scarsa esperienza nel combattimento, e la 999° una solida ed efficiente divisione di fanteria. Le forze a disposizione di Rommel sulla carta sembravano forti ma in realtà erano logore ed ad effettivi ridotti; i carri Tigre erano solo 19. Tuttavia la puntata offensiva ad ovest era stata un successo poiché con la sola perdita di una ventina di carri tedeschi agli americani erano stati distrutti o catturati almeno 250 carri armati. Ora Rommel pensava di assestare un duro colpo anche alle truppe di Montgomery ad est.
In questa zona a contatto con i tedeschi era presente una divisione corazzata britannica, la 7° più alcune unità di fanteria; il grosso della 8° armata era ancora a Tripoli o più indietro a causa delle difficoltà di rifornimenti. Il 6 marzo 1943 Rommel scatenò una offensiva con gli italiani incaricati di impegnare frontalmente gli inglesi mentre i tedeschi aggiravano dalla parte meridionale con un forte gruppo di combattimento formato dalla 10°, 15° e 21° divisione corazzata e dalla 164° leggera. Avuto sentore di qualcosa di importante Montgomery aveva fatto affluire nel settore meridionale la 2° divisione di fanteria Neozelandese del generale Freyberg ed aveva fatto preparare una triplice linea di artiglieria formata da cannoni controcarro da 57 mm e dai famosi obici da 88/27, inoltre aveva schierato i cannoni da 76mm. I tedeschi avevano denominato l'operazione con il nome in codice "Capri" e procedevano all'attacco con 150 carri mentre gli inglesi ne avevano almeno tre volte di più; l'inaspettata presenza della divisione neozelandese e la precisione del fuoco dell'artiglieria britannica costituirono una vera sorpresa per i tedeschi che dopo alcuni scontri rinunciarono all'operazione lasciando sul terreno 52 carri distrutti quasi tutti dal fuoco dell'artiglieria britannica.



Anche l'attacco a nord era fallito a causa del terreno acquitrinoso che aveva immobilizzato i Tigre costringendoli a subire il preciso fuoco controcarro inglese (ne furono distrutti 17 su 19). Rommel a questo punto malato e insofferente per la situazione fu richiamato in Germania e sostituito nel comando da von Arnim.



Ora era la volta di Montgomery a scatenare la sua offensiva appoggiata da una offensiva di alleggerimento da parte del II corpo americano nella zona di Gafsa dove si trovava la divisione Centauro. Questo avrebbe impedito al generale Messe di distogliere truppe alle spalle del Mareth. A capo del II corpo d'Armata era stato posto l'energico generale Patton il quale ansioso di emulare le gesta di Rommel, decise di scatenare l'attacco il 17 marzo ottenendo subito che la divisione italiana Centauro si ritirasse da Gafsa senza impegnarsi in combattimento con gli americani. L'attacco americano si arenò dopo ripetuti assalti davanti ad una gola e a un valico di montagna presidiato da forze tedesche e italiane.
Patton esonerò il comandante della 1° divisione corazzata, generale Ward per il fallimento riportato; il 20 marzo aveva inizio la battaglia del Mareth.

La battaglia del Mareth
Il 20 marzo 1943 l'artiglieria inglese scatenò un pesante bombardamento sulle posizioni italo-tedesche era l'inizio dell'operazione "Pugilist Gallop", il poderoso attacco che Montgomery aveva progettato per sfondare la linea del Mareth. Dopo un bombardamento durato circa 30 minuti il 50° Royal Tank regiment in appoggio alla 50° divisione britannica di fanteria avanzò attraverso i campi minati e filo spinato ricevendo una accoglienza terribile da parte delle artiglierie dell'Asse. Davanti agli inglesi si trovavano a presidiare la linea sei divisioni italo-tedesche divise in due corpi d'Armata: il 21° dalla parte del mare composto dalle divisioni 164° tedesca, Pistoia e Spezia; il 20° nell'interno formato dalla 90° divisione tedesca, dalla Trieste e dalla Giovani Fascisti. La posizione di El Hamma era tenuta dal Raggruppamento Sahariano del generale Mannerini. La riserva mobile era costituita dalla 15° Divisione corazzata tedesca. dal battaglione Luftwaffe, dal gruppo Nizza e dal 3° gruppo esplorante tedesco.



Gli italo-tedeschi disponevano di un centinaio di autoblindo e di poche decine di carri, gli inglesi disponevano invece di 475 carri sulla linea del Mareth e di altri 175 sul lato sud-orientale. L'attacco frontale sotto il fuoco preciso degli italiani si esaurì anche a causa del contrattacco della 15° Pzdivision che costrinse definitivamente gli inglesi a desistere. A questo punto Montgomery ebbe la geniale intuizione di effettuare una manovra avvolgente inviando la 2° Divisione neozelandese nel deserto per effettuare un largo giro onde raggiungere gli italo-tedeschi alle spalle. La divisione era appoggiata dall8° brigata carri e dal raggruppamento Leclerc e Koenig francesi; in tutto disponevano di 175 carri ai quali presto si aggiunsero quelli della 1° divisione corazzata britannica. Il piano fu chiamato Supercharge II. Questa operazione doveva essere una sorpresa per le forze dell'Asse che invece si accorsero dei movimenti A El Hamma dove si sarebbe dovuta concludere la manovra britannica, furono concentrate le divisioni corazzate tedesche 15° e 21° e la 164° divisione di fanteria che attaccando lateralmente con 30 carri riuscirono a fermare i Neozelandesi e dettero modo alle truppe dell'Asse schierate sulla linea del Mareth di ritirarsi in buon ordine senza perdita di uomini e materiali sull'altipiano roccioso di Akarit.


bersaglieri con mortaio



Il 5 aprile Montgomery scatenò il suo attacco. Von Arnim onde evitare che Patton potesse a sua volta scatenare una offensiva decise di schierare la 21° divisine corazzata presso la 10° e quindi ridurre così le forze a disposizione di Messe che comandava due corpi d'armata italo-tedeschi. L'attacco britannico fu condotto con decisione e la battaglia che ne seguì vide alterne le sorti tra i due contendenti; il 6 aprile la 15° Pz division con un violento contrattacco riuscì a stroncare sul nascere una manovra inglese. Quando i britannici ripresero l'attacco appoggiati come sempre da un forte tiro di preparazione di artiglieria, scoprirono con stupore che gli italo-tedeschi si erano ritirati abbandonando le posizioni dell'Akarit. Dopo una marcia di 250 km le truppe dell'Asse si attestarono l'11 aprile ad Enfidaville altro punto in cui le ripide alture restringono la larga fascia costiera. Montgomery nonostante la sua superiorità non riuscì ad inseguire e raggiungere le truppe nemiche in ritirata.


cannone italiano da 105mm




Anche gli americani del II corpo avanzano
Gli americani nel frattempo dopo aver impegnato la divisione italiana Centauro in un durissimo combattimento, il 22 marzo rioccuparono Gafsa. Di fronte ad attacchi concentrati gli italo-tedeschi cercarono di evitare l'insaccamento ripiegando all'interno di un grande arco difensivo che correva su un fronte di circa 215 Km. e andava da Capo Serrat a Enfidaville. L'8 aprile americani ed inglesi si incontravano lungo la strada per Gabes chiudendo così gli italo -tedeschi all'interno dell'arco difensivo; si andava così profilando l'ultimo atto della guerra in Africa. Le truppe dell'Asse avevano come unico vantaggio dallo schieramento difensivo ad arco, quello di poter per linee interne accorrere in ogni punto fosse necessario rinforzare la linea. I lati negativi erano invece molti perché le truppe dell'Asse si trovavano praticamente senza carburante e a corto di munizioni, esposte alla schiacciante superiorità aerea alleata. Come carri armati in questo momento gli italo-tedeschi potevano contare solo su 50 carri efficienti ed altrettanti in riparazione mentre gli Alleati avevano a disposizione 1500 carri e un numero elevatissimo di autoblindo.


Cannone da 47mm



Il 19 aprile fu scatenata l'offensiva finale che doveva portare allo sfondamento della difesa nella zona di Enfidaville tenuta dagli italiani del generale Messe. Lo sfondamento non ci fu anzi a Enfidaville si vide invece un ottimo fuoco di artiglieria da parte di Messe e le tre divisioni britanniche che avevano partecipato all'attacco furono sanguinosamente respinte. Anche gli americani avevano attaccato le posizioni tedesche della 5° Panzerarmee ma non riuscirono ad impedire lo sganciamento delle truppe tedesche guidate da von Arnim.
L'operazione finale denominata in codice "Vulcan" ebbe inizio il 5 maggio 1943 con un attacco preliminare del V corpo d'armata; nel pomeriggio del 7 le autoblindo dell'11° reggimento Ussari entravano in Tunisi; il 9 maggio le fanterie americane entravano a Biserta mentre le unità tedesche iniziavano a deporre le armi con sempre maggiore frequenza, ma altre unità continuavano a battersi in modo particolare quelle italiane. Fu solo il 13 maggio che ogni resistenza in Tunisia cessò con la firma da parte del generale Messe della capitolazione di tutte le forze italo-tedesche.



L'operazione "Husky" ovvero lo sbarco in Sicilia
Prima ancora della fine delle ostilità in Tunisia gli Alleati avevano cominciato a preparare lo sbarco in Italia; ad essa dovevano partecipare circa 480.000 uomini ed era l'operazione anfibia più importante programmata fino a quel momento. Era necessario iniziare la demolizione dell'Asse dal paese più debole militarmente e politicamente, cioè l'Italia che sicuramente sotto il peso dei bombardamenti e delle operazioni militari terrestri avrebbe capitolato; i segnali c'erano ed erano molto evidenti anche dal punto di vista politico perché da alcuni mesi i contatti con gli Alleati si erano segretamente intensificati per vedere quale era il modo migliore per fare uscire l'Italia dal conflitto.(parleremo un giorno dell'25 luglio e dell'8 settembre in modo più dettagliato che non in questa sede).
I primi passi per lo sbarco in Sicilia furono compiuti occupando l'isola di Lampedusa e l'isola di Pantelleria che, pur munita di formidabili difese, dopo violentissimi bombardamenti dal cielo e dal mare chiese ed ottenne direttamente da Mussolini il permesso di arrendersi. Sarà una pagina tragica della storia italiana perché Pantelleria poteva resistere a lungo anche al più duro degli assedi ma non fu così gli italiani e soprattutto chi li comandava stavano tirando i remi in barca.
Il 10 luglio 1943 avvenne lo sbarco in Sicilia dove era stato predisposto un forte schieramento tra italiani e tedeschi in grado di resistere e arrecare gravi danni alle forze alleate intente a sbarcare. Le vicende furono sfavorevoli alle forze dell'Asse nonostante l'ottimo comportamento delle unità tedesche presenti sull'isola e di alcune unità italiane tra cui ricordo la Divisione Livorno. Purtroppo la carenza di divisioni corazzate (gli italiani avevano rispolverato vecchi carri di preda bellica francese perché altro non c'era) e i pochi carri a disposizione anche dei tedeschi in tutto 150 con pochi carri pesanti tigre impedirono ai combattimenti di avere un risultato positivo per le forze dell'Asse che iniziarono, sempre combattendo, a ritirarsi verso Messina per reimbarcarsi (iniziarono il giorno 11 agosto) mentre tutto intorno l'esercito italiano si sfasciava. Entro il 17 agosto i tedeschi riuscirono a traghettare tutte le loro forze superstiti compreso molto materiale in Calabria e anche gli italiani salvarono qualcosa ma solo una minima parte di quello che era stata l'Armata della Sicilia. In Sicilia restavano 260 carri armati e semoventi tra italiani e tedeschi distrutti nel corso dei combattimenti. La campagna di Sicilia era durata complessivamente 38 giorni.

Il 25 luglio dopo la seduta straordinaria del Gran Consiglio del Fascismo Mussolini veniva prima messo in minoranza dagli stessi fascisti e poi arrestato e sostituito dal Maresciallo Badoglio alla guida del Governo italiano. Il fascismo scompariva quasi per incanto senza troppi contraccolpi e Badoglio riconfermava l'alleanza con la Germania con la frase "l'Italia mantiene la parola data la guerra continua". Nonostante queste affermazioni plateali si iniziava a trattare l'uscita dell'Italia dal conflitto; questo avverrà tragicamente l'8 settembre con la fuga del Re e del Governo da Roma in Puglia e la diserzione (così è stata definita sia da Claudio Pavone nel libro "Una guerra civile" sia nel mio libro"Salò e l'Italia nella guerra civile") in massa dei soldati italiani. Fine poco gloriosa di un regime e di uno Stato. Quello che avverrà in Italia negli anni successivi fino all'aprile 1945 sarà una rinascita del fascismo (R.S.I.), una tragica guerra civile e una durissima occupazione tedesca. Di questo parleremo un'altra volta perché esula dalla nostra attuale storia che è quella legata ai carri armati.
Per quanto riguarda invece la campagna d'Italia troverete al riguardo alcuni articoli nel settore "storia" (Battaglia del Volturno, Battaglia di Cassino, Sbarco ad Anzio e Nettuno e due articoli sull'esercito della R.S.I.) per cui in questa sede sorvolerò l'argomento per tornare rapidamente nel prossimo articolo al fronte russo lasciato nel capitolo IV alla fine della battaglia di Kursk
Ringrazio i lettori e accetto sempre le domande che vorrete porre.



MARIO RAGIONIERI

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Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001

-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003

-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004

-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Ed.Ibiskos, 2005

 

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