Skip to content
You are here:Home arrow Articoli arrow Storia arrow Napoleone - Il genio militare, la strategia, le battaglie - 23^p


Napoleone - Il genio militare, la strategia, le battaglie - 23^p
(0 voti)
Scritto da Mario Ragionieri   

 
LA RITIRATA DA MOSCA
 
Scriveva Napoleone ad Alessandro il 20 settembre: “ Se vostra Maestà conserva ancora per me qualcuno dei sentimenti di un tempo accoglierà questa lettera di buon animo”.
Non era certo questo il tono di un conquistatore sicuro di se e della sua forza era il tono supplichevole di chi sta per chiedere un favore. L’imperatore parlava delle devastazioni provocate dall’incendio della città e si mostrava preoccupato di farne ricadere la colpa sui fedeli dello zar poiché temeva che la catastrofe potesse compromettere ogni possibilità di una pace negoziata. In questa situazione il più grande desiderio di Napoleone era di vedere giungere la guerra ad una rapida conclusione anche al prezzo di una pace di compromesso. Egli non credeva che lo zar potesse ancora esitare dopo la sconfitta del suo esercito a Borodino, dell’occupazione della santa capitale e dell’incendio della città per mano dei suoi soldati. La pace era l’unica soluzione plausibile per il giudizio offuscato di Napoleone. Murat era convinto che ogni ardore combattivo avesse ormai abbandonato i russi ; dalle posizioni avanzate della riserva di cavalleria ad est e a sud di Mosca Murat riferiva di contatti amichevoli con i capi cosacchi e vi erano strani episodi di fraternizzazione in altri settori del fronte.
Napoleone veniva mantenuto in un falso senso di sicurezza perché Kutuzov aveva in mente di guadagnare del tempo prezioso prima di aprire una nuova fase della campagna. Il 5 ottobre una delegazione ufficiale dell’imperatore fu inviata da Mosca per riaprire i negoziati diretti sia con Kutuzov che con lo zar; Kutuzov ricevette i rappresentanti di Napoleone con ogni riguardo e volle dare l’impressione che i militari russi desiderassero la pace, ma non permise a Lauriston di proseguire per Pietroburgo . Al contrario lo trattenne presso il Q.G. russo e inviò delle lettere allo zar consigliandolo energicamente di evitare i negoziati. Alessandro accettò i consigli di Kutuzov e di conseguenza i delegati dovettero tornare da Napoleone a mani vuote. L’imperatore non volle credere che questa fosse la vera risposta di Alessandro e decise di inviare una seconda delegazione il 14 ottobre; solo dopo il fallimento di questa missione Napoleone iniziò a comprendere di avere sbagliato a giudicare il carattere dello zar. Fu un duro colpo per lui quando lo zar proibì ai suoi generali di avere altri contatti con il Q.G. francese. Napoleone continuò a vivere nella speranza che qualcosa sarebbe successo e non prese decisioni se non quelle di aspettare nell’ozio. Avvertito che gli uomini avevano bisogno di vestiario caldo per far fronte all’inverno che si avvicinava, ordinò che venissero distribuiti mantelli foderati di pelliccia e stivali pesanti e poi ancora copricapo speciali senza tenere conto delle rimostranze dei suoi ufficiali che gli facevano notare che il materiale per confezionare quanto richiesto non c’era. . Avvisato che l’artiglieria aveva bisogno di cavalli egli ne autorizzò l’acquisto di 20.000 sul posto quando non c’era un solo cavallo nel raggio di 150 chilometri. Pareva che il senso dell’irrealtà stesse appropriandosi della sua mente rendendo incerto il suo giudizio.Se l’incendio di Mosca lo avesse almeno convinto che i russi erano decisi a continuare la lotta forse le cose sarebbero andate diversamente, ma egli preferì considerarlo opera di sbandati e di criminali.
Una parte della città era stata risparmiata dall’incendio compreso il Cremlino e vi erano alloggiamenti disponibili per i restanti 95.000 uomini di Napoleone Rimase intatta nelle cantine della città la maggior parte dei rifornimenti che si trovavano a Mosca . Il fatto che parte della città non fosse bruciata come invece era nelle intenzioni degli incendiari impedì ai francesi di abbandonarla e questo fu fatale per la Grande armata perché l’imperatore fu invogliato a lasciare trascorrere una settimana dopo l’altra in una posizione scoperta senza che Alessandro decidesse di scendere a più miti consigli accettando di negoziare. Si lasciò quindi che i giorni di bel tempo autunnale trascorressero senza che si giungesse ad alcun risultato nelle trattative. Ogni giorno che passava la situazione strategica si spostava sempre più a favore dello zar e Kutuzov se ne rese conto e fece di tutto per poter prolungare la sosta di Napoleone a Mosca giocando sul desiderio di pace del suo avversario. Lo zar non aveva alcun desiderio di scendere a patti con Napoleone; poi il tempo giocava a favore dei russi facendo avvicinare sempre più il “generale Inverno” e consentendo di aumentare il numero delle proprie truppe. Il 4 ottobre i generali russi potevano dichiararsi numericamente superiori , in quasi tutti i settori dell’immenso fronte, alle forze francesi che avevano davanti. Quello che restava della Grande Armata era ormai inferiore all’esercito russo e tenere un fronte di quelle dimensioni era diventato impossibile con forze dovunque ridotte numericamente. Alcune circostanze avrebbero dovuto far comprendere a Napoleone il pericolo e la precarietà della sua posizione in un momento in cui stava diventando sempre più ansioso per lo sviluppo degli avvenimenti nel cuore del suo impero. Egli si preoccupò molto quando seppe che la strada per ritornare in Francia era stata interrotta ; fece uscire subito un contingente di cacciatori e di dragoni della Guardia per respingere i russi. Notizie peggiori dovevano ancora arrivare ; non soltanto questi cavalieri non riuscirono a compiere la missione loro affidata ma furono catturati tutti in una imboscata tesa dai russi. Queste notizie crearono uno stato d’animo pessimo negli uomini dislocati nella zona di Mosca; il loro effetto sul morale fu assolutamente sproporzionato alla loro reale importanza militare. Un altro reparto al comando del generale St. Sulplice riuscì subito a riaprire la via di comunicazione , ma il ricordo del primo insuccesso e il conseguente disastro della cavalleria della Guardia rimase negli animi degli ufficiali e degli uomini e aumentò la sensazione di pericoloso isolamento lontano da casa; anche l’imperatore non poteva alfine ignorare gli incidenti appena avvenuti e il 3 ottobre venne dato l’ordine alle truppe nei pressi di Mosca di concentrarsi in vista di un possibile trasferimento , ma dovevano ancora passare 16 giorni perché questa decisione tanto ritardata fosse messa in atto, dopo il chiaro fallimento dei negoziati. Il ritardo fu determinato anche dal fatto di dover studiare il miglior piano d’azione per ritirarsi in buon ordine. Napoleone aveva sei possibilità; la prima era di mantenere le sue posizioni e di trascorrere l’inverno nei pressi di Mosca trasformandola in un grande accampamento. Gli esperti dello stato maggiore dissero che questo era logisticamente possibile; i viveri trovati a Mosca sarebbero stati sufficienti per nutrire tutti gli uomini per altri sei mesi. Lo svantaggio principale di questa soluzione era che Mosca si trovava a troppa distanza da Parigi per essere sicura e poi non si prestava ad una difesa militare. Oltre a questo le formazioni che costituivano le ali estreme non sarebbero state bene equipaggiate come quelle vicino a Mosca ; la mancanza di cibo ed il freddo intenso potevano distruggere il grosso dell’esercito prima che la primavera potesse migliorare la situazione. La seconda alternativa era di ritirarsi da Mosca con la maggior parte dei suoi uomini e dirigersi verso le fertili ed intatte zone intorno a Kiev. L’ostacolo principale era che i francesi avrebbero dovuto aprirsi la strada contro le forze di Kutuzov nella zona di Kaluga e questo avrebbe significato altre perdite in uomini e materiali.Come terza possibilità Napoleone poteva pensare ad una ritirata locale verso Smolensk spostandosi a sud ovest di Mosca attraverso le campagne non ancora devastate intorno ad Yelna. Una marcia in questa direzione avrebbe provocato un duro scontro con Kutuzov . Come quarta possibilità i francesi avrebbero potuto dirigersi a nord verso Pietroburgo la capitale amministrativa dello zar; contro questa ipotesi occorreva considerare l’avanzata stagione, la debolezza e il ridotto numero delle forze francesi e le poco recise carte topografiche del terreno da percorrere. Per quinto Napoleone avrebbe potuto tentare un concentramento generale intorno a Velikye- Luki con la speranza di controbilanciare la crescente debolezza delle sue forze abbreviando le sue linee di comunicazione e continuando a minacciare contemporaneamente Pietroburgo. Ma anche questa ipotesi presentava troppe problematiche legate logistiche. In ultima ipotesi i francesi avrebbero potuto tornare sui loro passi verso Smolensk, lungo la strada già percorsa attraverso Borodino e Vjazma e quindi continuare la ritirata verso la Polonia se la situazione lo avesse permesso. Una manovra del genere avrebbe significato una completa sconfitta anche perché l’esercito avrebbe dovuto percorrere territori già devastati poco tempo prima. E tantomeno Napoleone gradiva il calcolo fatto dal generale Dumas , intendente generale della Grande Armata , secondo cui sarebbero stati necessari 50 giorni all’esercito per arrivare al Niemen. Siccome ogni piano presentava difficoltà attuative non ci deve meravigliare se Napoleone tardò a prendere una decisione cercando di conservare la speranza di un improvviso cambiamento di idee dello zar. Quando si convinse che lo zar non sarebbe sceso a patti e conoscendo la debolezza della posizione francese pensò che avanzare equivaleva a morire , fermarsi voleva dire cedere l’iniziativa ai russi e quindi l’unica possibilità era quella di ritirarsi con la speranza di salvare la maggior parte dell’esercito francese. Dopo l’insuccesso dell’ultima delegazione tornata a Mosca il 17 ottobre Napoleone decise che la Grande Armata si sarebbe ritirata dirigendosi verso i depositi a Smolensk percorrendo la pista meridionale. Il giorno 18 venne ordinato ai comandanti delle unità di tenersi pronti a partire da Mosca per il 20.
Poi come spesso succede durante una guerra , accadde una cosa imprevista; il giorno stesso in cui Napoleone ordinò la ritirata, Kutuzov decise di attaccare le formazioni della riserva di cavalleria di Murat. Egli non pensava che il cordiali russi che aveva di fronte avrebbero rotto quell’armistizio ufficioso e fu colto completamente di sorpresa. Il generale Sebastiani che sostenne il primo urto nei pressi di Vinkovo subì una grave sconfitta da parte della cavalleria di Denisov, perdendo 6 cannoni. La fanteria russa attaccò il centro di Murat a 3 chilometri da Sebastiani ; evidentemente Kutuzov sperava di circondare le truppe di Murat. Murat si lanciò su questa fanteria alla testa dei suoi corazzieri e carabinieri e la disperse. Alla fine del giorno 18 Murat era riuscito a mettersi fuori pericolo ritirandosi su Voronovo , ma gli avvenimenti di quella giornata avevano creato molto sgomento. Kutuzov se si fosse impegnato più a fondo avrebbe potuto creare seri problemi ai francesi. La notizia di quel combattimento mise Napoleone in immediata attività; con la convinzione che 10.000 cavalieri provenienti dalla Valacchia si stessero per unire a Kutuzov, egli pensò che non era più tempo di indugiare e che l’esercito doveva essere messo immediatamente in marcia. Anticipò l’ordine di marcia di 24 ore e alle prime luci dell’alba del 19 ottobre Napoleone e i suoi ufficiali attraversavano le porte di Mosca dopo esserci rimasti per 35 giorni, alla testa di 95.000 uomini, 300 cannoni e almeno 40.000 carri ed altri mezzi di trasporto carichi di bottino e provviste e un gran numero di feriti e di gente che seguiva le truppe.
Scrisse De Segur : “ Seguiva anche un certo numero di ragazze russe prigioniere volontarie; sembrava una carovana , un popolo di nomadi, o piuttosto uno di quegli eserciti dell’antichità che tornava con schiavi e bottino dopo una grande scorreria”. Napoleone ebbe delle difficoltà a nascondere che si stava allontanando dalle proprie truppe e, per nascondere le sue vere intenzioni a Kutuzov, gli spedì parlamentari con nuove offerte di armistizio. Per dare informazioni ai suoi soldati annunciò di essere in marcia per attaccare il fianco sinistro di Kutuzov. Napoleone sapeva che questa informazione sarebbe arrivata al comandante russo con la speranza di indurlo a ritirare i suoi uomini ad est lasciando aperta la strada che portava a Smolensk attraverso Kaluga. Il grosso dell’armata francese fu quindi incamminato sulla vecchia strada per Kaluga che attraversava Desna e fu poi fatto piegare a ovest per raggiungere la strada nuova in direzione di Malojaroslavets. In questo paese c’era un importante nodo stradale che avrebbe consentito a Napoleone di scegliere due strade che portavano a Smolensk. Per coprire queste mosse iniziali fu ordinato a Mortier di rimanere a Mosca fino al 23 a protezione della retroguardia. La ritirata iniziò il 120° giorno di guerra ; all’inizio tutto andò abbastanza bene anche se la velocità di marcia era rallentata dai carriaggi e occorsero 5 giorni per coprire i primi 100 chilometri. Dopo due giorni di pioggia il tempo tornò bello ma le notti erano già fredde. Inizialmente pochi furono i segni di movimenti russi ; Kutuzov era stato informato che i francesi lasciavano Mosca lo stesso giorno in cui avvenne della partenza di Napoleone dalla città poiché la sua cavalleria era in grado di fornirgli ogni tipo di notizie, ma il generale russo non prese iniziative. Le truppe di Doctorov lasciarono Tarutino solo il giorno 22 seguendo da vicino la colonna principale di Napoleone e poi portandosi in avanti nel tentativo di occupare il nodo stradale di Malojaroslavets prima che Eugenio potesse occuparlo. Kutuzov quindi fece muovere il resto del suo esercito dirigendosi a nord di Kaluga e vi giunse solo nel pomeriggio del 24. Nel frattempo era iniziato un importante combattimento per il controllo del ponte sul fiume Lusa subito a nord di Malojaroslavets. La sera del 23 il generale Delzons trovò la cittadina libera con la sola eccezione di qualche reparto di cosacchi che subito riuscì a disperdere. Comunicò all’imperatore che la cittadina era in sue mani ma poi senza una ragione fece ritirare le sue truppe , salvo due battaglioni, sulle rive del fiume. Nella notte Doctorov arrivò in forze ed in silenzio, costringendo i battaglioni francesi ad abbandonare la cittadina e quindi l’intera divisione a ritirarsi al di là del ponte. Fece immediatamente trincerare la posizione e fece portare diversi pezzi di artiglieria sulle alture circostanti per dominare gli accessi a quel ponte così importante. La mattina del 24 iniziò una violenta battaglia; i tentativi di Eugenio di rimandare Delzons oltre il ponte furono respinti dal fuoco dei cannoni russi e fu solo dopo che l’artiglieria francese iniziò un fuoco intenso che la 13° divisione poté riprendere la riva sud . Dopo una durissima carica alla baionetta la cittadina tornò in mani francesi , ma per poco e durante tutta la mattina cambiò più volte di possesso. Eugenio all’arrivo di rinforzi russi impiegò la sua ultima divisione e questo cambiò le sorti del combattimento in favore dei francesi. mentre i russi decidevano di abbandonare la cittadina ritirandosi sulle alture circostanti dove con i cannoni continuarono a colpire il ponte e le strade che portavano fuori dalla cittadina. All’una del pomeriggio Napoleone aveva fatto schierare lungo la riva settentrionale del fiume la maggior parte della Grande Armata ma non eseguì il passaggio in forze del fiume in considerazione della posizione dominante delle batterie russe. Nel pomeriggio tardi Doctorov si ritirò con i suoi uomini e con i cannoni verso le truppe di Kutuzov , ma Napoleone portò solo alcuni pezzi di artiglieria sulla riva sud pensando che Kutuzov avrebbe attaccato prestissimo e che quindi era ancora rischioso attraversare il ponte in forze. I francesi avevano vinto lo scontro ma il prezzo che pagarono fu alto; sette generali e 4000 tra morti e feriti .All’alba del 25 Napoleone fece una ricognizione sulla riva meridionale e fu un episodio drammatico. Per poco l’imperatore non rischiò di essere catturato. Mentre cavalcava con lo stato maggiore scortato da due squadroni di cacciatori a cavallo della Guardia all’improvviso una formazione di cosacchi si diresse su di lui . Il generale Rapp e la scorta riuscirono a stento a respingere il nemico ma un cosacco arrivò a quasi trenta metri da Napoleone. Questo episodio influenzò sicuramente le decisioni che prese l’imperatore e dopo un tumultuoso consiglio di guerra con i suoi ufficiali superiori decise di sospendere la marcia su Kaluga. La Grande Armata doveva tornare sui suoi passi e riprendere la strada percorsa per raggiungere Mosca un mese prima. Questa decisione sconvolse i piani perché il piano originale di muovere verso Kaluga era certamente il migliore che potesse proporre in quelle circostanze; ma l’abbandono di quel piano in modo così precipitoso, significò perdere tutti i vantaggi conquistati nei giorni precedenti. Questa decisione fece sprecare una preziosa settimana di tempo ancora buono climaticamente parlando.
 
IL COLLASSO DELL’ESERCITO FRANCESE
 
Lentamente iniziò a farsi sentire la dura realtà della sconfitta; la coesione della Grande Armata iniziò a cedere sotto quello sforzo così forte. Le provviste di viveri diminuivano con rapidità , un numero sempre maggiore di uomini gettava le armi e andava ad ingrossare le file di sbandati che si trascinavano dietro la retroguardia. La colonna che arrivò ad allungarsi per 80 chilometri, si diresse verso Mozajsk, quindi fu riattraversato il campo di battaglia di Borodino. Scriveva Marbot: “ Il terreno arato dalle palle di cannone era coperto dai resti di elmi, corazze, ruote, armi, brandelli di uniformi e da 30.000 corpi mezzo divorati dai lupi! Le truppe dell’imperatore passarono oltre rapidamente osservando con raccapriccio quell’immensa tomba”.La marcia proseguì e il 31 l’imperatore e la Guardia raggiunsero Vjazma, la prima tappa verso la ritirata a occidente. Qui Napoleone si attardò fino al 3 novembre cercando di esaminare la situazione in cui versavano le varie parti del suo esercito; poche le buone notizie dai suoi portaordini: nel fianco meridionale Schwarzenberg si stava ritirando verso il fiume Bug, una manovra più utile alla difesa di Varsavia che alla protezione del fianco della Grande Armata. Le notizie dal fianco settentrionale erano ancora peggiori; le truppe di Wittgenstein si dimostravano assai pericolose per il II e il IX corpo d’armata e si stavano avvicinando alla strada che Napoleone intendeva percorrere verso i cruciali passaggi della Beresina. Il corpo d’armata di Victor destinato inizialmente a riserva generale per entrambi i fianchi, era adesso impiegato a rinforzare a St. Cyr . Pertanto la sola guarnigione di Smolensk era nelle condizioni di appoggiare Napoleone e la colonna principale in caso di necessità, ma si sperava che una divisione di rinforzi comandata dal generale d’Hilliers sarebbe arrivata a Smolensk in tempo per incontrare la Grande Armata . Purtroppo il grande arco impiegato originariamente dai francesi nell’invasione della Russia si stava rapidamente riducendo ad uno stretto corridoio centrale minacciato da tutti i lati dalle forze nemiche. La lunga colonna dell’imperatore era sottoposta all’incessante attacco dei cosacchi e dell’avanguardia di Kutuzov comandata dal generale Miloradovic; non deve quindi meravigliare se Napoleone decise di continuare rapidamente la marcia verso Smolensk sperando che la Grande Armata avrebbe potuto trovare rifugio per l’inverno nei sobborghi o un poco più ad ovest , intorno a Vitebsk e Orsa . I ben forniti magazzini di Smolensk avrebbero anche dovuto alleviare la crescente fame dei suoi uomini. La fame cresceva e l’esercito viveva della carne dei cavalli morti. La sera del 2 novembre Napoleone aveva raggiunto Slavkovo e dietro di lui si snodava una lunga colonna disordinata ; improvvisamente si accese un combattimento nella retroguardia perché i russi tentavano di dividere l’esercito francese in tre parti. Il 3 novembre Miloradovic attaccò la retroguardia tenuta in quel momento dal I corpo d’armata con una forza di circa 20.000 cavalieri sostenuti dalla fanteria.
Le truppe di Davout vennero tagliate fuori dal resto della colonna e circondate da ogni lato. La situazione rimase grave fino a quando Eugenio intuì il pericolo che stava correndo il I corpo e inviò due divisioni del IV corpo in suo aiuto. Questo intervento permise a Davout di sfuggire alla totale disfatta e nonostante le gravi perdite riuscì a riunirsi ad Eugenio. Il III corpo d’armata era stato lasciato a Vjazma con l’ordine di sostituirsi a Davout nella retroguardia dopo che il grosso dell’esercito fosse uscito dalla città. Tuttavia Ney quel giorno subì un attacco da parte della forza principale di Kutuzov che operava a sud-est di Vjazma ; anche questo tentativo di creare un altro sbarramento tra Napoleone e il resto del suo esercito fu respinto con perdite considerevoli lasciando libero Ney di portare soccorso ai suoi compagni più ad est.
Grazie a questa azione intorno alla mezzanotte la colonna francese era di nuovo unita con il III corpo d’armata alla retroguardia come stabilito. La ferocia di quel combattimento lasciò un segno indelebile nel I corpo; quella che un tempo era la più disciplinata formazione dell’esercito dopo la Guardia, si stava trasformando in una massa di uomini senza coesione. Le condizioni delle truppe di Eugenio erano di poco migliori, ma il III corpo al comando di Ney stava per iniziare il più glorioso capitolo della storia dei suoi combattimenti. I russi diventavano ogni giorno sempre più audaci e la situazione di Napoleone stava diventando critica anche prima di aver completato la prima fase della ritirata; ma era ancora convinto che tutto si sarebbe rimediato facendo conto che secondo lui le condizioni dell’armata russa erano ancora peggiori di quelle del suo esercito. In quel momento dietro la colonna vi erano circa 30.000 sbandati che davano fastidio alla retroguardia mentre cercava di disperdere gli inseguitori. Ben presto in tutta la Grande Armata restarono solo pochi uomini a cavallo e pochi carri stipati di feriti e di malati. Il 3 novembre cadde la prima neve e in meno di una settimana il gelo divenne terribile e le sofferenze degli uomini crescevano con il peggiorare del tempo. Il contegno apparentemente sicuro dell’imperatore cominciava adesso a cedere nonostante facesse il possibile per nascondere l’ansia.
Il giorno 6 arrivarono dei dispacci da Parigi molto preoccupanti che portavano l’annuncio della fallita cospirazione del generale Malet, che aveva cercato di impadronirsi del potere nella speranza di instaurare una forma di governo repubblicano. Annunciando che l’imperatore era morto in Russia il generale aveva convinto diversi colonnelli della guarnigione di Parigi a fare uscire i loro uomini nella notte e a fare arrestare il ministro della polizia e molti altri personaggi chiave. Una volta scoperto che le affermazioni di Malet su Napoleone erano false, fu fucilato e a poco a poco l’ordine ristabilito. La lunga assenza di Napoleone stava indebolendo la sua autorità proprio nel cuore dell’impero ed era significativo che questi fatti erano avvenuto prima che a Parigi fosse giunta la notizia della ritirata. L’imperatore avvertì anche il pericolo rappresentato dalle forze di Wittgenstein e Cigakov che avanzavano lungo i lati della sua linea di ritirata. Se queste due parti dell’esercito russo fossero riuscite a riunirsi a Minsk o alla Beresina Napoleone avrebbe trovato le sue comunicazioni bloccate da almeno 70.000 uomini. Berthier scrisse a Victor in questi termini: “ Sua Maestà vi ordina di attaccare il nemico respingendolo oltre la Dvina; voi dovete riconquistare Polotsk. Questa azione è della massima importanza . Entro pochi giorni le vostre retroguardie potrebbero essere travolte dai cosacchi; domani l’esercito dell’imperatore sarà a Smolensk, stremato da una marcia di 570 chilometri senza una sosta. Iniziate l’offensiva: la salvezza dell’intero esercito dipende da voi, ogni giorno di ritardo può significare un disastro. La cavalleria dell’esercito è appiedata perché il freddo ha ucciso tutti i cavalli. Marciate subito, è l’ordine dell’imperatore ed è di estrema necessità”.
 

--------------------------------------
Ricordo ai lettori dei miei articoli, a cui rivolgo i più sentiti ringraziamenti, le mie pubblicazioni di storia del
periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001
-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Edizioni Ibiskos, 2005
-- 25 luglio 1943 - La fine inconsapevole di un regime. Edizioni Ibiskos, 2007
-- Carri armati Tedeschi e Italiani 1939-1945 - edizioni Chillemi 2008
-- “L’Italia fascista 1933-1940 Gli anni del consenso e dello stato totalitario “ volume I - Ibiskos - Editrice Risolo, Empoli 2009

-- Prossima uscita ( febbraio 2010) L’ITALIA FASCISTA II volume IBISKOS Editrice Risolo - Empoli