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Napoleone - Il genio militare, la strategia, le battaglie - 8^p.
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Écrit par Mario Ragionieri   

Le prime notizie che arrivarono a Bonaparte, che si trovava a Losanna, indicavano che Lannes riusciva a fare buoni progressi. L’avanguardia era giunta ad Aosta, come previsto dagli ordini ricevuti, il 16 occupando la zona dopo un breve combattimento; all’arrivo della divisione di Chabron; Lannes il giorno seguente riuscì a mettere in fuga altri 1500 austriaci che si trovavano a Chatillon. Il 17 Napoleone si recò a Martigny dove sostò 3 giorni prima di salire sul valico; nel frattempo Lannes iniziava ad incontrare le prime difficoltà raggiungendo Bard il 19. Si trattava di un ostacolo molto difficile da superare perché il villaggio era situato sull’unica strada percorribile ma la cosa più pericolosa era “ una piccola fortezza posta sulla cima di una ripida roccia nel punto dove la valle è più stretta”. Il 21 gli austriaci erano stati scacciati dal villaggio ma la fortezza rimaneva in loro mani con 400 granatieri e 26 cannoni di diversi calibri e ogni tentativo di Lannes di conquistarla fallì. Berthier pose il suo Q.G. a 10 Km. prima di Bard e questo ritardo improvviso dette a tutti l’impressine che l’operazione intera fosse destinata al fallimento. Se Melas avesse agito tempestivamente avrebbe potuto bloccare l’incursione francese ma il comando austriaco non riuscì a dare una corretta valutazione degli eventi e quando si rese conto della situazione era tardi. Il 20 Napoleone attraversò il passo sul dorso di un mulo per giungere in serata al QG di Berthier; non si preoccupò molto della fortezza di Bard poiché Lannes era riuscito ad aggirare la posizione continuando la sua avanzata verso Ivrea.

Purtroppo da quella pista non potevano passare ne i cannoni ne la cavalleria e senza i cannoni la fanteria che andava avvicinandosi ad Ivrea era in una situazione pericolosa ; i cannoni potevano solo passare per la strada che attraversava Bard.

I primi tentativi fallirono perché scoperti dagli austriaci che avevano reagito immediatamente; solo la notte del 24 poterono transitare due pezzi da 4 libbre e un cassone di munizioni: ” Gli artiglieri riuscirono a trascinare il loro cannone attraverso le strade nel buio, direttamente sotto il tiro della fortezza, stendendo paglia e sterco sulle strade, e avvolgendo le ruote con panni per impedire il minimo rumore”. La notte successiva furono fatti passare due pezzi da 8 libbre e due mortai superando la momentanea crisi. Ivrea fu presa il 22 da Lannes dopo aver scacciato circa 3000 austriaci ; affermava Napoleone che “ se il passaggio dell’artiglieria fosse stato impedito fino alla caduta di Bard, ogni speranza di successo della campagna sarebbe scomparsa”. Il 24 maggio il grosso dell’esercito francese era nella pianura padana; la Riserva aveva attraversato le Alpi ed era concentrata sul versante italiano senza aver incontrato una seria resistenza da parte austriaca. Melas aveva commesso il suo primo grave errore e Napoleone poteva ora liberamente decidere la prossima mossa. Il 24 maggio Napoleone scriveva al fratello Giuseppe: “ Siamo discesi come un fulmine…Il nemico non ci aspettava e sembra ancora incapace di credervi”. Sessantamila uomini si stavano dirigendo verso l’Italia del nord e 2/3 di essi erano già in posizione; con i 18.000 uomini di Massena a Genova i francesi avevano almeno sulla carta la stessa quantità di soldati degli austriaci che disponevano inizialmente di 100.000 uomini prima degli scontri , ridotti adesso a circa 86.000 dopo le brevi battaglie contro Massena e Suchet. Gli uomini di Melas pur potendo contare sui movimenti per linee interne erano ancora suddivisi in varie zone mentre quelli Napoleone si stavano rapidamente concentrando. Bonaparte decise di mantenere l’iniziativa con l’Armata di Riserva posizionata a Ivrea, nonostante difettasse di artiglierie potendo, da quella posizione, scegliere tre direttrici di marcia; una era quella verso la vicina Torino , l’altra era verso Genova, e la terza era quella di procedere tangenzialmente verso Milano. Fu quest’ultima la direttrice di marcia prescelta perché risultava essere quella più vantaggiosa nelle operazioni future. Prendere Milano in quel momento sarebbe stata una grossa sorpresa per il nemico e avrebbe permesso a Napoleone di tagliare le comunicazioni di Melas lungo la riva settentrionale del Po, dal Varo fino a Brescia.

Questa città aveva dei grandi depositi di materiale militare e quindi avrebbe potuto fornire quello che necessitava all’esercito di Napoleone; “ L’esercito andò a cercare i cannoni negli arsenali del nemico” e la vicinanza a Stradella, località molto importante, avrebbe potuto convincere Melas ad abbandonare l’assedio di Genova. L’avanzata su Milano era importante anche per ragioni politiche; i milanesi notoriamente erano scontenti della dominazione austriaca e liberare quella zona avrebbe permesso di ricostituire la Repubblica Cisalpina. Le altre soluzioni avrebbero portato inevitabilmente ad uno scontro prematuro con Melas e in quel momento i francesi avevano bisogno dei cannoni che erano rimasti indietro. Quindi considerando la situazione avanzare su Milano sembrava la migliore soluzione anche se avrebbe consentito a Melas di concentrare le sue forze.

In previsione di questi nuovi impegni l’ordine di battaglia fu modificato scegliendo Ivrea come centro operativo per la fase in corso; per avere protezione sul lato destro Lannes fu spostato a Chivasso tanto per far credere agli austriaci in una avanzata su Torino. Tutte queste precauzioni servirono a proteggere l’esercito francese durante la marcia da Ivrea a Milano anche se comportarono una grande dispersione delle unità. Lannes eseguì alla lettera gli ordini e il 26 maggio combatte sulle rive del Chiusella avanzando poi su Chivasso ; così si espresse nel diario il comandante Brossier: “ Le truppe dell’avanguardia entrarono in Chivasso il 28 maggio per dare una impressione di forza al nemico, che occupava la riva destra del Po, e per mantenere viva la convinzione che l’esercito francese si muovesse verso Torino”. Convinto che Massena avrebbe potuto resistere fino al 4 di giugno, Bonaparte pensava di avere ancora 10 giorni per coprire i 150 Km che lo separavano da Stradella , passando per Milano, quindi l’ordine fu di muovere l’esercito verso sud-est. Murat prese Vercelli il giorno 27 e due giorni dopo attraversò il Sesia seguito dalle truppe di Duhesme mentre alcuni reparti di cavalleria penetrarono fino a Novara. Le rive del Ticino Murat le raggiunse il 30 e il giorno seguente lo attraversò a Turbigo; era l’ultimo ostacolo che divideva i francesi da Milano. Il 2 giugno Napoleone entrava a Milano “ tra generali dimostrazioni di gioia . Gli abitanti di ogni età e di ambo i sessi si affollavano intorno all’uomo che, per la seconda volta, portava loro la libertà e la buona fortuna”. Gli austriaci avevano lasciato la città mantenendo una piccola guarnigione nel castello che Murat assediò immediatamente; nello stesso giorno Lannes prese Pavia scrivendo a Bonaparte a proposito del bottino trovato. “ Ogni momento facciamo nuove scoperte . Sarete sbalordito di apprendere che abbiamo trovato tre o quattrocento cannoni , alcuni da assedio, e altri da campagna con i relativi carriaggi”. Napoleone rimase a Milano per una settimana allo scopo di organizzare una “ zona di sicurezza” tra i fiumi Oglio e Trebbia per prevenire qualsiasi tentativo austriaco proveniente da Mantova per riprendere Milano; il 3 Duhesme fu inviato con due divisioni ad occupare il ponte di Lodi e il giorno dopo Murat e Boudet si avviarono verso Piacenza per creare una testa di ponte sul Po. Quello stesso giorno Lannes marciò su Belgioioso per predisporre un secondo attraversamento in previsione dello spostamento dell’esercito su Stradella. Il 5 fu evidente che gli austriaci stavano preparando un attacco su Vercelli lo stesso giorno cessò anche la resistenza del forte di Bard cosicché tutta l’artiglieria della Riserva poté marciare per ricongiungersi con il grosso dell’esercito. Lannes comunicò di aver raggiunto il Po a Piacenza dopo un duro combattimento e il giorno dopo attraversò il fiume a Belgioioso nonostante la forte resistenza austriaca. Berthier spostò il suo Q.G. a Pavia e dette ordine all’esercito di seguirlo fino a lì lasciando a Milano una sola divisione. Murat dopo 3 giorni di combattimenti riuscì finalmente ad attraversare il Po occupando la città ; immediatamente fu costruito un ponte galleggiante in modo che la Riserva potesse disporre di un secondo punto di attraversamento per accelerare il concentramento dell’armata a Stradella. A Piacenza Murat trovò molti rifornimenti oltre ad un pacco contenente gli ultimi dispacci di Melas al Consiglio Aulico; il più impartante raggiunse Napoleone il giorno 8 ed era una cattiva notizia perché vi era scritto che Genova si era arresa e che Melas aveva ordinato l’abbandono dell’assedio il giorno 2 giugno per concentrare le proprie truppe “ sull’armata proveniente dalla Germania”. In un secondo dispaccio datato 5 si affermava che : “ La capitolazione di Genova cominciata il 2 giugno dal comandante in capo Massena, è stata completata ieri. Entro stamani la località dovrebbe essere evacuata dal nemico . La guarnigione sarà scortata fino agli avamposti del nemico ( Suchet) e lì lasciata libera di ricominciare le operazioni”. Ricorda Bourrienne che in principio Napoleone si rifiutò di credere alla notizia esclamando “ Bah! Non capite il tedesco!”. La caduta di Genova fu davvero un colpo inatteso perché lo privò di una forza che era al di là delle linee nemiche , e perché il fiume Varo si trovava a parecchi giorni di marcia dalla zona critica e gli uomini di Massena avrebbero necessitato di parecchio tempo prima di poter essere ancora in azione. Da un esame attento dei dispacci di Massena però Napoleone scoprì un aspetto favorevole: durante le trattative iniziate il 2 massena aveva assicurato che le forze di Ott non sarebbero state disponibili per Melas prima di 3 giorni nonostante gli ordini di Melas. Nella resa Massena aveva dato un servizio importante all’Armata di Riserva facendo in modo che potesse guadagnare del tempo preziosissimo per completare i preparativi. Melas continuò ad avere uno scarso concetto della capacità belliche dell’Armata di Riserva e a considerare la presa di Genova molto più importante della concentrazione del suo esercito. Genova fu la chiave della intera campagna.

LA BATTAGLIA DI MARENGO

 
 
La situazione che si era venuta a creare richiedeva che Bonaparte rivedesse i piani con la massima urgenza. Decise di non aspettare Melas a Stradella; i francesi dovevano prendere Alessandria e obbligare gli austriaci a combattere a qualsiasi costo prima di ritirarsi verso Genova o aprirsi la strada verso la riva nord del Po. Mentre era ancora a Milano Napoleone scrisse molte direttive a Berthier che era a Pavia al fine di iniziare una rapida avanzata per “ venire a contatto” con il nemico: “ Gli uomini del generale Lannes, che sono più di 8000 se contiamo la cavalleria, devono marciare domani su Voghera”. Devono avere l’appoggio dei generali Victor, Monnier e Gardanne che dispongono complessivamente dei 16.000 uomini. “ I generali Duhesme e Murat - che insieme hanno 10.000 uomini- devono agire di concerto. In questo modo eserciterete pressione su Melas…..il generale Moncey e gli italiani dovranno dislocare una unità a nord dell’Oglio”. “ Un secondo distaccamento dovrebbe continuare l’assedio del Castello di Milano; un terzo- per la difesa del Ticino – dovrebbe marciare lungo la riva sinistra del Po, tenendosi all’altezza del nucleo principale per poter appoggiare eventuali movimenti da una riva all’altra; infine nel caso che il nemico dovesse attraversare il Po, questa forza dovrebbe essere pronta a ritirarsi davanti a lui, per unirsi a tutti gli uomini che potranno raggiungere Milano e intraprendere la difesa del Ticino”.

Tutte queste nuove direttive provocarono un poca di confusione e Berthier scelse le posizioni ma nella fretta ne indicò una del tutto impraticabile, poi ripeté ordini già inviati ed altri non furono inviati senza una precisa motivazione. Fu un insieme di circostanze quali il rapido concentramento di una serie di unità, un numero di generali con poca o addirittura nessuna esperienza di reciproca collaborazione a generare la confusione che si verificò; nonostante tutto questo, ancora una volta Napoleone dette prova evidente del suo genio, della sua determinazione e dell’audacia tanto che, alla fine, i suoi ordini furono eseguiti completamente. Il giorno in cui Napoleone lasciò Milano Lannes si trovò impegnato in una dura battaglia contro 18.000 austriaci del generale Ott a Montebello.

I francesi che erano circa 8000 si trovavano in grave inferiorità numerica e nemmeno Bonaparte aveva previsto una simile situazione; Lannes d’altro canto non esitò ad andare avanti nell’attacco oltre Casteggio. Per fortuna giunse sul teatro dello scontro Victor con 5000 uomini che riuscì ad aggirare l’ala austriaca permettendo una decisiva vittoria tanto che Ott si ritirò verso Alessandria subendo gravi perdite. Alcuni anni dopo Lannes fu premiato per quella vittoria con il titolo di Duca di Montebello. L’azione di Lannes fu utilissima per Napoleone ; la battaglia aveva confermato la presenza di Ott nei pressi di Alessandria dimostrando che il concentramento di Melas era completato. Terminata la costruzione di nuovi ponti il 10 l’Armata di Riserva attraversò il Po verso San Cipriano e nella sera dell’11 giugno 28.000 uomini erano a Stradella nonostante una forte pioggia. Con l’arrivo di Desaix Napoleone riorganizzò l’Armata e gli assegnò le divisioni di Boudet e di Monnier al fine di costituire un quarto corpo d’armata che avrebbe giocato in seguito un ruolo decisivo nello svolgimento della campagna. Victor prese la divisione di Gardanne per ricostituire la forza della sua unità ; in quel momento l’Armata di Riserva disponeva di 58.021 uomini 30.000 dei quali erano la forza d’urto sul campo. Bonaparte avanzò il 12 fino al fiume Scrivia ansioso come era di costringere Melas ad un combattimento decisivo; lo stesso giorno arrivò finalmente l’artiglieria divisionale da Ivrea e questo aumentò la disponibilità di artiglieria fino a portarla a 41 pezzi. Visto che gli austriaci continuavano a manifestare riluttanza a scontrarsi con i francesi, Bonaparte decise di provocare ancor di più Melas ordinando alle sue truppe di attraversare lo Scrivia il giorno seguente. Il mattino del 13 la cavalleria leggera comunicava che non aveva trovato traccia del nemico e Napoleone si convinse che Melas stesse evitando volutamente di affrontare i francesi. Già dal giorno 12 giugno Napoleone aveva ordinato a Berthier di assicurarsi che le munizioni di riserva venissero inviate a Serravalle, sulla strada da Alessandria a Genova come se si aspettasse di dover combattere una battaglia in quella zona; nello stesso tempo ordinò a Desaix di staccarsi dalla Riserva dietro lo Scrivia per marciare con la divisione di Boudet in direzione di Rivalta e Novi per interrompere la strada principale tra Alessandria e Genova e di congiungersi poi con le forse di Suchet che stavano avanzando. Nonostante le precauzioni prese il Primo console era preoccupato sia perché dopo Montebello non aveva ricevuto più informazioni valide sulle mosse degli austriaci, sia per la superiorità della cavalleria del generale Ott tanto che la convinzione che Melas fosse deciso ad evitare la battaglia si stava trasformando in vera e propria ossessione. Mentre Victor e Gardanne avanzavano verso il piccolo paese di Marengo, incontrarono solo una debole resistenza di circa 4000 austriaci che costituivano la retroguardia austriaca e che presto si ritirarono verso Alessandria oltre la Bormida. Dunque se Melas avesse avuto intenzione di fermarsi era logico pensare che questo sarebbe avvenuto nella piana dello Scrivia perché il terreno era ideale per le manovre della cavalleria dando occasione agli austriaci di mettere in campo appunto la loro migliore arma. Scrisse infatti Jomini: “ La pianura di Marengo è forse l’unica in tutta l’Italia dove masse di cavalleria possono caricare a piena velocità”. Durante tutto il pomeriggio e la notte le informazioni che giungevano a Napoleone sembravano confermare che gli austriaci evitavano volutamente lo scontro e stavano scappando. Tra l’altro Gardanne inviò una informazione sbagliata che indicava che gli austriaci in ritirata avevano tutti riattraversato la Bormida distruggendo il ponte alle loro spalle e che in quel momento Alessandria era presidiata da scerse forze. Nessuno si accorse che Melas aveva costruito un altro ponte galleggiante sulla Bormida; inoltre una serie di informazioni sbagliate fatte trapelare di proposito dagli austriaci, rendevano il quadro incerto. Napoleone continuava ad essere preoccupato e trascorrendo la prima parte della notte cavalcando tra gli uomini di Victor che erano accampati nei dintorni di Marengo. Melas aveva deciso di giocare le sue carte in una battaglia da combattere il giorno seguente, il 14 giugno, per eliminare la Riserva al fine di poter riaprire le comunicazioni con Mantova e l’Austria e solo nel caso di una sconfitta avrebbe preso in considerazione di ritirarsi verso Genova. Nonostante le sentinelle francesi segnalassero movimenti continui ad Alessandria, non furono prese che poche precauzioni.

Il 14 Giugno che era domenica, il cielo era sereno in contrasto con il tempo piovoso dei giorni passati. Alle sei le forze di Melas erano in movimento sui ponti della Bormida verso la testa di ponte tenuta dal generale O’Reilly e i francesi “ si svegliarono al rombo del cannone” quando le prime batterie entrarono in azione. Gli austriaci , che disponevano di circa 31.000 uomini con l’appoggio di 100 cannoni, si disposero su tre colonne in uno spazio molto limitato ; O’ Reilly con 3000 uomini respinse gli avamposti di Gardanne da Peterbona prima di dirigersi a Sud per formare l’ala destra austriaca. Melas era alla testa della seconda colonna con il suo capo di stato maggiore Zach e i 18.000 uomini del generale Haddick, Kain e Elsintz per formare il centro di tutto lo schieramento che doveva iniziare l’attacco principale contro il villaggio di Marengo . La 3° colonna con 7500 uomini era comandata dal generale Ott si diresse verso sinistra a Castelceriolo dove Melas credeva fossero dislocate grosse forze francesi. Per fortuna dei francesi la disposizione in campo austriaca era impedita dalla testa di ponte molto piccola sulla riva destra della Bormida e solo alle 9 l’attacco poté prendere forza e slancio. Melas ritirò anche 2340 uomini della cavalleria dalla divisione di Elsnitz per inviarli a Cantalupo dietro una falsa segnalazione secondo la quale il generale Suchet stava avanzando su Aqui alle spalle degli austriaci. L’aggressività di Melas prese di sorpresa il comando francese per cui per alcune ore il peso dello scontro fu sostenuto soltanto da Gardanne e da Chambarlhac del corpo di Victor con soli 5 cannoni. Queste divisioni si trovavano in postazione dietro il torrente Fontanone, di fronte a Marengo e combatterono senza abbandonare un solo metro di terreno fino a poco prima di mezzogiorno.

In quel momento Bonaparte che era ancora a Torre Garolfi continuava a pensare che questi scontri frammentati fossero solo un tentativo di coprire la ritirata di Melas verso Genova o il Po. Napoleone però prima di stilare nuovi ordini che avrebbero ancor di più frammentato l’esercito francese si rese conto che la situazione stava diventando grave, così verso le 10 Lannes e Murat con le loro forze si trovavano già ad appoggiare Victor portando le forze francesi in battaglia a 15.000 soldati un numero comunque inferiore alle forze austriache.La divisione di Watrin si posizionò a destra di Marengo ma si trovò presto sottoposta ad un pesante attacco di Melas mentre Ott minacciava di attaccare il lato destro che era molto esposto. Napoleone arrivò sul campo di battaglia alle 11 e si rese immediatamente conto della necessità di portare rinforzi sul lato destro dello schieramento perché se Ott fosse riuscito ad avere il controllo di Castelceriolo, sarebbe stato nella condizione di circondare tutto lo schieramento francese e la sua cavalleria avrebbe potuto cavalcare verso il Po compromettendo le vie di comunicazione dei francesi. Napoleone inviò gli aiutanti di campo verso Lapoype e Desaix per consegnare ordini in base ai quali dovevano tornare indietro; il messaggio per Desaix diceva: “ Credevo di attaccare Melas. Egli mi ha attaccato per primo. Per l’amor di Dio vieni a raggiungermi se ancora puoi”. Desaix era fermo di fronte ad un fiume in piena e non era lontano dalla zona della battaglia e ricevette così il messaggio alle una del pomeriggio mentre Lapoype fu raggiunto solo alle sei della sera e non fu in grado di intervenire.Tra mezzogiorno e l’una vi fu una pausa e gli austriaci cercarono di riordinare le loro file per preparare un nuovo attacco in forze. I soldati di Victor , intorno a Marengo stavano esaurendo le munizioni e appariva chiaro che sarebbe stato impossibile continuare a tenere la linea del Fontanone. Malgrado queste notizie Bonaparte decise di immettere nel combattimento le riserve contro il generale Ott che ormai aveva quasi distrutto la divisione di Watrin. Ai 900 uomini della Guardia Consolare fu dato l’ordine di andare in aiuto di Watrin e la divisione di Monnier ebbe ordini per attaccare Castelceriolo per strapparlo agli austriaci. La Guardia avanzò in quadrato sotto il fuoco violento del nemico che causò molte perdite, ma il suo intervento rallentò anche se solo temporaneamente la pressione su Watrin e dette a Monnier il tempo per schierare i suoi soldati alla destra. Alle due del pomeriggio iniziò l’attacco francese contro Castelceriolo e coincise con la perdita del villaggio di Marengo sul fianco, a sud, ma la decisione di Napoleone di rinforzare il suo lato destro era giusta poiché produsse un rallentamento nell’attacco austriaco mentre Ott si apprestava ad affrontare la divisione di Monnier. Bonaparte era riuscito a guadagnare tempo prezioso anche se ogni soldato francese a disposizione era impegnato in battaglia insieme a tutta l’artiglieria divisionale che era di 15 pezzi. La pressione austriaca aumentò dalla parte di Marengo e alle 3 del pomeriggio l’esercito francese composto ora da 23.000 uomini era costretto a ripiegare su San Giuliano e non c’era possibilità di intervento di Desaix prima delle 5 . La Riserva sembrava ormai destinata ad una sonora sconfitta o almeno così appariva a Melas che affaticato e leggermente ferito decise di affidare il comando per l’inseguimento delle truppe francesi in ripiegamento al suo capo di stato maggiore generale Zach.Ci fu una pausa dei combattimenti preziosissima per Bonaparte che aspettava i soccorsi. Alle 3 del pomeriggio Desaix arrivò da Napoleone annunciando che la divisione di Boudet con otto cannoni era dietro di lui; il momento non poteva essere più opportuno. “ Bene che ne pensi?” Chiese Napoleone tirando fuori l’orologio e Desaix rispose ( secondo il racconto di Bourrienne) “ Questa battaglia è completamente perduta, ma sono soltanto le due” ( in realtà erano le tre) “ e vi è il tempo per vincerne un’altra”. Ripreso coraggio dall’arrivo dei rinforzi le truppe ripresero a combattere e Napoleone cavalcò tra i soldati gridando: “ Soldati vi siete ritirati abbastanza; sapete che è mia abitudine bivaccare sul campo di battaglia”. “ Su con la vita!” gridò un sergente della Guardia consolare in risposta alle parole di Bonaparte. Nel giro di un’ora i rinforzi iniziarono ad arrivare alle spalle degli uomini di Victor ormai duramente provati e venne subito preparato un nuovo piano di battaglia. Marmont riunì i 5 cannoni rimasti alla divisione con gli 8 di Boudet ed altri 5 della Riserva in una unica batteria che aprì un violento fuoco contro gli austriaci per almeno 20 minuti distruggendo molti pezzi nemici e aprendo grandi vuoti sul fianco della colonna di Zach che stava avanzando

Desaix a sua volta portò avanti i suoi uomini disposti in ordine obliquo di brigate; solo un attimo di esitazione quando si trovarono di fronte un battaglione scelto di granatieri austriaci che Marmont con 4 cannoni leggeri posti nelle vicinanze riuscì a disperdere dopo 4 salve sparate a bruciapelo. L’avanzata di Boudet proseguì con ancor maggiore slancio quando un carro di munizioni austriaco saltò in aria paralizzando di paura gli austriaci. Kellermann guidò 400 uomini della sua cavalleria in una violenta carica contro il fianco sinistro austriaco della colonna di Zach composta da circa 6000 uomini. Fu l’attimo che trasformò una quasi sconfitta in una grande vittoria:” Un minuto più presto o tre minuti più tardi, e la cosa non sarebbe riuscita; ma il momento dell’attacco fu perfetto, e l’Italia del nord fu recuperata in quell’istante dalla Repubblica francese”. In poco tempo il generale Zach con alcune migliaia di granatieri si trovò prigioniero anziché come tutto aveva lasciato intendere, vincitore.Ogni resistenza austriaca sul lato destro ebbe termine e tutto si trasformò in una disordinata fuga attraverso Marengo verso il fiume Bormida e oltre verso Alessandria. L’intera linea francese si spinse all’attacco; Kellermann riordinò i suoi uomini per costringere alla fuga la cavalleria austriaca tanto che il generale Ott ammise che la battaglia era perduta e ritirò ordinatamente i suoi uomini dal fianco sinistro dello schieramento austriaco. Alle 9 di sera dopo 12 ore di combattimenti il fuoco cessò sull’intero campo di battaglia con la completa vittoria francese anche se Desaix giaceva morto colpito al petto, proprio nel momento del trionfo, vicino al villaggio di Vigna Santa. Gli austriaci avevano perduto 15 bandiere, 40 cannoni, circa 8000 prigionieri, oltre a 6000 morti; le perdite francesi non erano certo leggere poiché un quarto dei soldati dell’Armata di Riserva risultavano morti o feriti. Quella notte il generale Melas terrorizzato chiese un armistizio e il 15 giugno venne firmata la convenzione di Alessandria; essa prevedeva che le forze austriache dovevano ritirarsi ad est del Ticino e cedere le fortezze del Piemonte, della Lombardia e del Milanese dichiarando di astenersi da qualsiasi operazione bellica fino a che non ci fosse stata risposta all’offerta di pace inviata a Vienna da Napoleone. Il 17 giugno Napoleone partì per Parigi passando per Milano; il 23 giugno con un decreto cessava di esistere l’Armata di Riserva che veniva incorporata nell’Armata d’Italia sotto il comando di Massena. Il 24 fu emesso un ordine del giorno per sancire il successo ottenuto: “ Il giorno di Marengo rimarrà famoso in tutta la storia”. Per Bonaparte Marengo fu la prima vittoria come Capo di Stato e molti storici la considerano come l’inizio del periodo della sua grandezza in campo civile e militare.

 
SI TORNA FINALMENTE AD UN PERIODO DI PACE
 

La campagna del 1800 ed il modo con cui fu condotta da Napoleone è sempre stata al centro di commenti a volte favorevoli a volte contrari. Lodi immense per il concetto strategico con cui venne impiegata l’Armata di Riserva da Bonaparte come scrisse nel 1806 Jomini: “ Il segreto della guerra sta nel segreto delle linee di comunicazione…. La strategia non consiste nel fare deboli assalti contro le zone alle spalle del nemico; consiste nel controllare le sue comunicazioni, per poi procedere alla battaglia aperta”. Questa strategia fu alla base della maggior parte delle campagne condotte da Napoleone. La guerra non finì con quella battaglia come era nelle intenzioni; Melas non fu annientato a Marengo, in base alla convenzione firmata, gli fu data la possibilità di “andarsene per combattere un’altra volta”. Fu necessario uno sforzo di Moreau, Brune e MacDonald per raggiungere lo scopo che Bonaparte si era prefissato. Questa situazione fu creata inizialmente da Moreau e Massena; il primo per non aver voluto inizialmente collaborare in una offensiva decisiva sul fronte tedesco, cosa che costrinse il primo console a modificare i piani a favore di una azione fulminea in Italia. La vittoria ottenuta fu minore di quel che poteva essere a causa dell’inferiorità numerica con cui fu costretto ad iniziare la campagna (54.000 soldati invece dei previsti 85.000). Merita la massima lode invece l’azione di Bonaparte su Stradella , audace e compiuta senza che l’artiglieria fosse arrivata, ferma come rimase per via della fortezza di Bard. “Bonaparte non riuscì ad annientare il nemico come era sua intenzione, ma lo eliminò e lo rese innocuo” scrisse l’esperto stratega tedesco von Schlieffen “ e allo stesso tempo realizzò lo scopo della campagna: la conquista dell’Italia settentrionale”. Marengo fu comunque una svolta molto importante nella carriera di Napoleone poiché stabilì saldamente il primo console ai vertici del potere. Quando tornò a Parigi, il 2 luglio, fu acclamato come un eroe anche se i festeggiamenti secondo alcuni osservatori furono un poco sottotono; il pensiero dominante nel popolo francese in quel luglio del 1800 era che la battaglia di Marengo non avesse portato ad una pace duratura. Furono è vero, avviate trattative che si trascinarono a lungo e naufragarono a causa di un nuovo trattato firmato dall’Austria con Pitt che la indusse a continuare la guerra. Le ostilità vennero riprese il 22 novembre e 6 giorni dopo Moreau riceveva l’ordine di riprendere la sua marcia su Vienna assistito da una manovra di Brune sull’Adige e attraverso le Alpi da MacDonald. Ragioni politiche indussero il primo console a restare a Parigi e quindi il colpo di grazia da infliggere all’Austria fu affidato ad altri. Il 3 dicembre Moreau sconfisse l’arciduca Carlo e il generale Kray a Hohenlinden e la guerra con l’Austria si concluse.

 

L’8 febbraio 1801 le operazioni furono terminate con la firma della pace di Lunèville. Stranamente le condizioni erano molto favorevoli per l’Austria poiché le fu imposto soltanto di riconfermare il trattato Campoformio; i francesi concessero lauti indennizzi ai signorotti tedeschi che erano stati spodestati lungo il Reno, permisero al duca di Parma di occupare la Toscana in cambio del suo piccolo ducato che doveva essere inglobato nella Repubblica Cisalpina. La seconda coalizione messa su da Pitt stava miseramente terminando il suo scopo ma la Gran Bretagna non era ancora stata costretta a trattare con i francesi. Nonostante il rapido peggioramento delle relazioni inglesi con lo Zar Paolo, il governo Britannico era deciso a cacciare l’Armata d’Oriente ( francese) dall’Egitto. L’8 marzo 1801 un corpo di spedizione britannico venne sbarcato ad Abukir, ma gli occorsero ben 7 mesi per sconfiggere l’Armata d’Oriente che dopo la morte di Klèber era sotto il comando dell’incapace generale Menou. Menou si arrese il 2 settembre ad Alessandria e le forze francesi ebbero il permesso di rimpatriare; si concluse così l’avventura francese in Egitto. Il primo console sapeva che dopo la resa del Cairo il trionfo inglese era solo questione di pochi giorni pertanto ordinò al signor Otto, il più importante negoziatore francese, di affrettare la firma dell’accordo preliminare per la pace con il governo di Addington ( Pitt si era dimesso il 14 marzo 1801). I preliminari di Amiens furono firmati il 1° ottobre 1801 e il trattato definitivo fu firmato nel marzo successivo ma entrambe le parti si dichiararono insoddisfatte per le condizioni. Nonostante tutto un breve periodo di pace si aprì in Europa e il popolo francese per riconoscenza nominò Bonaparte “ il pacificatore” console a vita : era il 2 agosto 1802.

 

 
 
NAPOLEONE AL LAVORO PER GOVERNARE E RICOSTRUIRE LA FRANCIA
 
Con la firma del trattato di Amiens il 25 marzo 1802 Napoleone poteva affermare di essere riuscito a mantenere la promessa fatta al popolo francese riuscendo a riportare un po’ di pace e sicurezza in una nazione stremata da 10 anni di continue lotte. Dunque se per il momento i pericoli esterni apparivano terminati, molti problemi interni richiedevano la massima attenzione del primo console per migliorare e consolidare la posizione della Francia. Prima di tutto dovevano essere eliminati i giacobini che costituivano una piccola ma influente opposizione ; uomini che con la loro violenza dichiarata ebbero ruoli di primissimo piano nelle congiure per assassinare Napoleone. All’inizio del consolato c’erano stati sinceri tentativi di riconciliazione che avevano portato alla nomina dell’ex giacobino Combacèrès a secondo console, ma dopo due anni diventò evidente che occorrevano provvedimenti ben più duri . Infatti nel 1802 vennero istituiti in tutta la Francia tribunali militari che in apparenza dovevano riportare l’ordine pubblico nei dipartimenti dove imperava il brigantaggio, in realtà essi servirono sopratutto per eliminare i gruppi giacobini. I monarchici rappresentavano un problema diverso; nel 1800 avevano accettato la presa di potere di Bonaparte in cui vedevano il futuro restauratore della casa Borbone. La nomina di Lebrun a terzo console era apparso come un gesto di conciliazione ma dopo un anno la delusione dei monarchici si era trasformata in odio profondo verso Bonaparte e per tutto quanto stava facendo tanto che la rivolta si riaccese in Vandea e furono organizzati vari complotti contro il primo console. Il 24 dicembre 1800 una bomba esplose vicino alla carrozza di Bonaparte che andava all’Opèra; egli scampato all’attentato sfogò la sua rabbia contro i giacobini nonostante che Fouché fosse convinto che si trattava di un complotto di monarchici. Bonaparte affrontò il problema applicando con grande accortezza il principio del “ bastone e della carota”. Cercò con ogni mezzo di eliminare Moreau, suo eterno rivale e Pichegru riuscendoci; continuò nella eliminazione fisica di tutti i cospiratori sospetti o potenziali sfruttando in pieno l’apparato di uno stato poliziesco quale stava diventando la Francia. Arrivando nel marzo del 1804 al rapimento e l’uccisione del duca d’ Enghien. In queste azioni la crudeltà di Napoleone ricordò molto da vicino quello che era accaduto a Giaffa. Sarebbe però un grave errore ignorare che c’era anche un rovescio della medaglia. Bonaparte anche se viene spesso rappresentato come uomo senza pietà, fu in realtà molto mite verso i suoi oppositori. Fece abrogare la “ legge sui sospetti” e restituì le proprietà agli émigrès che volevano rientrare in Francia; non meno di 40.000 si avvalsero di questa offerta e il loro talento fu convogliato verso i ranghi degli ufficiali dell’esercito o verso la vita di corte. Una delle mosse più astute di Bonaparte fu quella di identificarsi con la corrente di simpatia monarchica molto diffusa in tutta la nazione cosa che lo indusse a prendere la corona imperiale. Un’altra fonte di opposizione era la Chiesa e Napoleone conosceva benissimo quanto questa fosse radicata nella coscienza dei francesi, pertanto decise di imbrigliare questa fedeltà a proprio vantaggio cercando una forma di riconciliazione con il papato . Disse una volta:” Il popolo deve avere una religione e questa religione deve essere in mano al governo”. Questa decisione fu senza dubbio il colpo più pesante inflitti all’ordinamento rivoluzionario e quando si parlò di Concordato ci fu una generale levata di scudi e Napoleone fu costretto a portarlo in fondo quasi senza l’aiuto di nessuno. I vantaggi che ne conseguirono compensarono in modo evidente i rischi che erano connessi a quella decisione. Un’ altra fonte di difficoltà fu causata dall’atteggiamento indifferente di molti dei più alti funzionari e dei generali poiché nella maggior parte dei casi essi continuarono a perseguire le aspirazioni carrieristiche più che identificarsi con il loro attuale capo. Deciso a sfruttare al massimo lo snobismo della borghesia francese, Napoleone istituì nel 1801 un sistema di onorificenze; nacque la Legion d’Onore che iniziò ad essere distribuita nel maggio seguente. L’idea proposta dal primo console suscitò una valanga di proteste da parte delle camere legislative, perché costituiva una minaccia al principio rivoluzionario dell’uguaglianza ; il governo però impose la proposta nella profonda convinzione che “ è con le chimere che si conducono gli uomini”. Per avere un sistema efficiente una nazione doveva avere una gerarchia e così decise di ricrearne una con il criterio che dovevano essere le capacità a permettere la promozione e non il ceto sociale di provenienza o di appartenenza. La creazione di una nuova elite fu senza dubbio una formale rinuncia al principio dell’uguaglianza sociale tanto sbandierato all’inizio della Rivoluzione; venne comunque mantenuta l’uguaglianza di possibilità così che un uomo potesse avanzare per i propri meriti e il bastone di maresciallo era potenzialmente nello zaino di ogni soldato e così come le occasioni nella vita civile.Un grande ostacolo incontrato da Napoleone nel riformare lo Stato era rappresentato dalla Costituzione del 1799 . Non esistevano problemi nei più alti gradini del potere esecutivo in quanto facilmente controllabile dal primo console; con furbizia poneva i ministri sempre uno contro l’altro o contro il Consiglio di Stato riducendo ancor di più il loro potere attraverso la suddivisione e la duplicazione dei ministeri. Con il tempo Napoleone si circondò sempre più di giovani ambiziosi e molto preparati sempre convinto che lo avrebbero servito con devozione rispetto alla vecchia gerarchia; tali misure permettevano di tenere sotto controllo l’esecutivo riuscendo a conservare come regola generale l’efficienza del sistema che anzi venne in un certo senso migliorata. Il potere legislativo presentò un problema ancor più grande del potere esecutivo in quanto in base alla Costituzione del 1799 era diviso in tre sezioni: In primo luogo c’era il senato formato da 60 membri il cui compito era quello di essere “il guardiano della Costituzione”; c’erano poi i 100 membri del tribunato preposto alla preparazione di nuove leggi, seguendo i suggerimenti del Consiglio di Stato; in terzo luogo c’era il corpo legislativo ( 300 deputati) la cui funzione era di votare le leggi proposte senza diritti di iniziativa o di discussione. Di queste 3 istituzioni il tribunato si dimostrò il più ostruzionistico di fronte ai desideri di Bonaparte; si mise a capo dell’opposizione al Concordato con Roma ed ebbe persino la forza di respingere la prima stesura del Codice Civile. Napoleone naturalmente si mise subito all’opera per farlo rientrare nei ranghi e nel 1803 aumentò il senato a lui fedele aggiungendo altri 40 membri e riducendo alla metà il tribunato e il corpo legislativo avocando a se il potere di nominare i presidenti delle due assemblee ( 4 anni dopo il tribunato fu soppresso). In tre diverse occasioni fece ricorso a plebisciti del popolo francese; nel dicembre del 1799 la popolazione fu invitata ad approvare la Costituzione consolare; nel 1802 quasi 3.500.000 persone votarono a favore della proposta del consolato a vita mentre solo 8000 votarono contro e nel 1804 un uguale numero di voti approvò l’assunzione da parte di napoleone del rango di imperatore ottenendo solo 2.500 voti contrari. I primi due plebisciti sembrano risultare regolari ma il terzo fu almeno in parte addomesticato perché 500.000 voti favorevoli furono dati dall’esercito e dalla marina senza che questi avessero potuto invece esprimere alcuna opinione. Nonostante questo Napoleone riteneva essere sempre “ espressione della generale volontà della Francia” e considerava la sua permanenza al potere come volontà manifesta del popolo francese in un modo molto simile a quello che avrebbero messo in atto 130 anni dopo Mussolini e Hitler. La popolarità almeno apparente di Napoleone nella nazione fu senza dubbio dovuta alla conferma da parte sua, della distribuzione delle terre operata dalla Rivoluzione; il contadino rimase proprietario del terreno strappato alla Chiesa e alla nobiltà e non solo egli continuò a rassicurarli elevandosi a loro protettore nel dichiarare che le terre assegnate sarebbero rimaste inalienabili. Come i condottieri della Roma imperiale Napoleone si preoccupò sempre di dare al popolo “ panem et circenses” e non si può assolutamente ignorare , parlando di lui, le grandi realizzazioni civili che portarono la Francia ad un grado di prosperità e a un ordine interno senza pari almeno fino al 1812. Una volta disse: “ Temo più una rivolta causata dalla mancanza di Pane che non una grande battaglia”. La ricostruzione della Francia mirava non solo a soffocare ogni forma di opposizione al suo potere, ma a creare una solida base per le guerre che il futuro imperatore considerava inevitabili fino a quando la Gran Bretagna non fosse sconfitta definitivamente.
La riforma finanziaria fu uno dei primi problemi presi in considerazione da Napoleone e risolti grazie all’aiuto di ottimi finanzieri che lo aiutarono a migliorare l’efficienza dell’accertamento e delle esazioni fiscali.Egli evitò accuratamente di aumentare le tasse per non rischiare di perdere le simpatie dei contadini e puntò invece alla resa delle imposte insieme ad un rigido controllo sulle spese governative ( esercito a parte); l’impiego del bottino accumulato in tanti anni di guerre e la vendita dei terreni che erano rimasti allo Stato ponevano il governo nella condizione di andare avanti in tempo di pace senza ricorrere a tassazioni esose. Chaptal scrisse che : “ Napoleone temeva il popolo , aveva paura delle insurrezioni, e questa paura lo indusse a prendere delle decisioni errate”. Si deve a lui la creazione della Banca di Francia nel 1800 alla quale fu dato il totale controllo del debito nazionale e che ebbe l’autorizzazione ad essere l’unico ente di emissione di carta moneta. L’istruzione venne migliorata e fu decretato che ogni comune doveva avere una scuola elementare e che ogni dipartimento dovesse avere almeno una scuola superiore. Napoleone affidò gran parte delle attività educative alla Chiesa ma i poteri che derivavano dagli articoli organici gli dettero il completo controllo di essa. Il servizio di ordine pubblico fu migliorato notevolmente sempre sotto la sua stretta sorveglianza e nel 1802 fu istituita la nuova polizia nazionale con distaccamenti in ogni comune; istituì il prefetto per ogni dipartimento direttamente responsabile verso Parigi della sua opera, mentre in ogni comune venne nominato un sindaco; Napoleone non fu mai restio a prendere in prestito le cose buone messe nel passato se queste potevano migliorare il presente magari opportunamente modificate ed adattate. La stesura dei codici legali rappresenta sicuramente il meglio del lavoro costruttivo di Napoleone ; il nuovo sistema legale era ispirato a principi di tolleranza e di equità dando pieno riconoscimento alla proprietà privata e alla preminenza del padre nella vita familiare. Nel complesso si trattò di una straordinaria realizzazione giuridica i cui effetti si fanno ancora sentire oggi in Francia, Belgio, Olanda, Italia e in talune zone della Germania, appunto come disse un prefetto: “ Dio creò Bonaparte e poi si riposò”. Il popolo Francese si rese conto di quanto estesa fosse la ricostruzione nazionale intrapresa dal generale Bonaparte e la sua presenza alla guida dello Stato era da moltissimi considerata un sinonimo di sicurezza nazionale e personale per cui tutti più o meno desideravano la sua permanenza alla guida dello Stato.. Per tutte le cose che fece durante il periodo di pace che era riuscito ad assicurare al paese ottenne la sincera gratitudine della massa del popolo; l’ordine, l’efficienza e la prosperità erano un prezzo sostenibile per la tirannide, almeno nei primi anni; se il tipo di governo stabilito da Napoleone fosse stato solo una dittatura puramente militare difficilmente avrebbe potuto sopravvivere tanto a lungo come invece riuscì a lui.
 
Mario Ragionieri
 
 
 
 
 
Ricordo ai lettori dei miei articoli, a cui rivolgo i più sentiti ringraziamenti, le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001
-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Edizioni Ibiskos, 2005
-- 25 luglio 1943 - La fine inconsapevole di un regime. Edizioni Ibiskos, 2007