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Napoleone - Il genio militare, la strategia, le battaglie - 3^p
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Écrit par Mario Ragionieri   

Come abbiamo detto nel capitolo precedente il piano del Direttorio per il 1796 prevedeva che lo sforzo principale fosse fatto sul fronte della Germania mentre sul fronte secondario d’Italia il generale Bonaparte doveva attirare l’attenzione degli austriaci, con una azione contro il Piemonte e la Lombardia, per distoglierli da quello che era invece il fronte principale. Le due piccole armate di riserva francesi avrebbero dovuto garantire le linee di comunicazione tra Bonaparte e la Provenza. Un piano ben congegnato sulla carta ma che dovendolo attuare presentava una serie di punti deboli. Il primo problema era dovuto al fatto che le due offensive si svolgevano a distanze tali tra loro che era impossibile pensare che le armate impegnate potessero portarsi aiuti a vicenda in caso di bisogno; le Alpi rappresentavano un ostacolo di non poco conto e i passi erano nelle mani degli austriaci. In secondo luogo se una delle due offensive fosse fallita il nemico avrebbe potuto trasferire attraverso quei valichi forze in soccorso delle truppe più duramente colpite. In ultimo il piano prevedeva che i generali francesi si muovessero insieme; in pratica i due comandanti sul fronte germanico si rivelarono da subito diffidenti verso il giovane Bonaparte e quindi non pensarono minimamente ad aiutarlo; da parte sua Napoleone considerava il suo settore quello più importante e quindi tutti i suoi sforzi erano rivolti ad ottenere li in Italia il successo principale. Mancava un comandante in capo in grado di coordinare tutte le offensive.

problemi che Bonaparte doveva affrontare erano quelli derivati dall’insieme di armate che erano state poste sotto comando austriaco; comandante in capo era il vecchio generale Beaulieu di settantadue anni giunto da poco ad assumere quell’incarico, era considerato un uomo piuttosto competente ma aveva un handicap e cioè quello che il Consiglio Aulico ( organo di controllo più o meno come il Direttorio) gli impediva di assumere iniziative per proprio conto poiché controllava strettamente ogni suo movimento. Sotto di lui c’erano tre armate e poteva comandare direttamente 19.500 soldati dislocati nella guarnigione di Alessandria mentre il resto della prima armata era sotto il comando dei generali Pittoni e Vukassovich a disposizione come forza di manovra.




La seconda armata disponeva di 15.000 uomini al comando del generale D’Argenteau e si trovava nella zona di Aqui ed era stata dispiegata secondo la teoria austriaca lungo una linea di avamposti che si snodavano da Carcare fino alle alture sopra Genova. La terza era l’armata del generale Colli costituita da 20.000 piemontesi a cui era stato aggiunto un distaccamento austriaco al comando di Provera schierati tra Cuneo e Ceva e Cosseria; questa armata era in larga parte impegnata a sorvegliare i passi occidentali attraverso i quali i francesi avrebbero potuto invadere il Piemonte. Un’altra armata di piemontesi era posizionata ad occidente di Torino sotto il comando del principe di Carignano con lo scopo di far fronte all’armata delle Alpi di Kellermann. I francesi avevano dunque di fronte 52.000 uomini tra piemontesi e austriaci a cui poteva contrapporre 37.000 uomini ( le due armate di Kellermann e di Carignano si annullavano a vicenda per il solo fatto di controllarsi a vicenda) ; dunque era evidente la superiorità in campo austriaco che tuttavia non deve trarci in considerazioni ingannevoli. Il problema era che non solo la metà delle forze effettive era sparsa in varie guarnigioni ma , e questa era la vera debolezza, tra i due alleati esisteva una reciproca diffidenza cioè tra i due governi come tra i due eserciti non c’erano buoni rapporti e Colli ( anche lui austriaco) aveva avvisato tramite Vienna Beaulieu di tenersi pronto in qualsiasi momento a dover affrontare una defezione dei piemontesi. In questa atmosfera di sfiducia reciproca anche le linnee di comunicazione di due eserciti erano diverse una portava a Torino e l’altra a Mantova; inoltre il terreno non permetteva linee su cui potersi attestare a difesa in caso di necessità rendendo quasi impossibile l’appoggio reciproco in caso di bisogno.
Bonaparte era a conoscenza di queste difficoltà esistenti tra gli avversari e quindi basò i suoi piani sullo sfruttamento di questa debolezza che poteva essere molto utile per lo svolgimento delle operazioni. Il comando dell’armata venne spostato da Nizza ad Alberga e di qui a Savona. Il Direttorio aveva sollecitato Napoleone a tenere conto della possibilità di una defezione del Piemonte e quindi lo aveva invitato a tenere un atteggiamento cauto nei confronti di Vittorio Amedeo III; ma lui come al solito aveva idee diverse e decise di puntare tutto su questa debolezza del Piemonte scegliendo di attaccarlo subito senza indugio in modo da costringerlo a cessare le ostilità, per poi rivolgersi con tutte le forze contro gli austriaci. Dunque la prima mossa doveva essere quella di dividere gli alleati e studiando le carte topografiche del territorio si rese conto che Carcare era il punto debole nella congiunzione tra truppe austriache e piemontesi. Impadronitosi di questa importante località avrebbe poi rivolto il grosso delle forze francesi contro Colli e lasciato il restante delle sue forze a fronteggiare gli austriaci di D’Argenteau nella zona di Dego.


Battaglia di Cosseria



Dunque una rapida avanzata verso le forze piemontesi le avrebbe messe in difficoltà non dandogli sufficiente tempo per radunarsi; l’avanzata verso il colle di Cadibona offriva le migliori prospettive di successo perché permetteva ai francesi di avvicinarsi a Carcare con tutte le artiglierie al seguito senza consentire al nemico di concentrare le proprie forze per una efficace difesa. Si decise di far muovere la divisione di Massena da Savona verso il colle di Cadibona per congiungersi alle truppe di Augereau che da Finale si dirigevano su Carcare ; in questo modo Napoleone voleva concentrare 24.000 uomini in due giorni nel punto stabilito per l’attacco confidando che D’Argenteau avrebbe potuto disporre di 11.000 a Dego e Colli di 12.000 uomini tra Ceva e Carcare. Un margine risicato per i francesi che contavano su attacchi diversivi portati da Sèrurier nella zona di Ceva che avrebbero potuto distrarre Colli mentre nel frattempo anche i generali Macquart e Garnier avrebbero compiuto una azione diversiva su Cuneo con 6800 uomini , inoltre dal lato mare una parte della divisione di Le Harpe avrebbe dovuto muoversi verso Sassello.
Tutte queste operazioni dovevano iniziare il 15 aprile. In realtà alcune circostanze obbligarono Napoleone a dare inizio alle operazioni 4 giorni prima del previsto, poiché arrivò inatteso un attacco austriaco contro Voltri. Il Consiglio Aulico aveva dato al comandante in capo austriaco solo delle direttive generali che indicavano come obiettivo principale quello di spazzare i francesi e rimandarli in Provenza. Cervoni sbilanciato in avanti sembrava una preda facile per iniziare la campagna e da qui l’ordine di attaccare Voltri mentre D’Argenteau doveva avanzare verso Savona per colpire le spalle di Le Harpe e Massena. Fatto questo il grosso dell’esercito austriaco avrebbe dovuto tornare verso Alessandria e avanzare a sostegno di Colli per dare il colpo di grazia a ciò che restava delle forze francesi. Con questa strategia il 10 aprile una grossa colonna austriaca attaccò all’improvviso Voltri prendendo Bonaparte di sorpresa; Cervoni vista la superiorità degli austriaci eseguì una rapida ritirata mentre la retroguardia cercava di frenare l’attacco austriaco.


Battaglia di Voltri



Di fronte a questa situazione Bonaparte ordinò di dare inizio alle operazioni stabilite con un piccolo vantaggio psicologico e cioè che attaccando Voltri Beaulieu aveva rivelato la sua posizione rassicurando Napoleone che il tempo per battere Colli c’era prima che gli austriaci potessero giungere in suo soccorso, inoltre Le Harpe avevano obbligato D’Argenteau ad impiegare più tempo del previsto per attaccare Savona. Nel complesso dunque l’attacco austriaco si era dimostrato molto confuso nella fase di realizzazione permettendo ai francesi di prendere l’iniziativa. Napoleone si mosse con rapidità per battere subito D’Argenteau il che avrebbe permesso di rendere le truppe francesi disponibili per attaccare i piemontesi; così il 12 aprile 9000 francesi di Le Harpe attaccarono a Montenotte i 6000 austriaci di D’Argenteau con un attacco frontale mentre Massena aggirò il fianco destro del nemico. Quando gli austriaci si resero conto del pericolo incombente iniziarono a ritirarsi ma era troppo tardi perché Massena riuscì a travolgere le loro linee così che all’alba del giorno dopo a D’Argenteau non restavano che 700 uomini per cui iniziò una veloce ritirata per cercare di riorganizzarsi. I moschetti presi agli austriaci sul campo di battaglia servirono ad armare un migliaio di uomini di Augereau privi di armamento .


Battaglia di Dego



Bonaparte aveva vinto la prima battaglia ma il tempo per gloriarsene non c’era; Augereau avanzava con lentezza verso Carcare per cui toccò agli uomini di Massena seppure stanchi di prendere la località prima che vi giungesse il nemico. Le truppe di Augereau giunsero a mezzanotte per congiungersi con quelle di Massena; ora i francesi avevano occupato la posizione centrale come il piano iniziale prevedeva. Napoleone si accorse di un problema che poteva diventare pericoloso; ne discusse con Berthier. Le truppe di D’Argenteau erano state disperse ma non c’era nessuna conferma che tutte le truppe austriache fossero state impiegate a Montenotte, quindi egli doveva decidere se impiegare il giorno 13 a inseguire gli austriaci o se attuare il suo schema iniziale e attaccare i piemontesi di Colli ormai non più collegati agli austriaci. Napoleone scelse questa soluzione; incaricò Massena di tenere Dego con metà della sua divisione per impedire l’afflusso di nuove forze austriache, mentre le forze di Augereau insieme a quello che restava delle forze di Massena sarebbero avanzate su Ceva in attesa che Sèrurier proveniente da Ormea si unisse a loro per ottenere un concentramento di almeno 25.000 uomini per l’attacco alle forze piemontesi. Quel che accadde il giorno 13 provò che tutte queste precauzioni erano state giustissime; Augereau aveva ottenuto un successo a Millesimo sulla strada per Ceva ma davanti alle rovine del castello di Cosseria si era dovuto fermare perché una piccola guarnigione di 900 soldati austro-piemontesi agli ordini di Provera respinse tutti i tentativi francesi di conquistare quelle rovine con la perdita di circa 900 uomini. Massena aveva trovato Dego occupata da forze austriache all’apparenza consistenti e si era fermato per ordine di Napoleone.




Una pioggia torrenziale chiuse la giornata ed erano state perse 24 ore preziose. Napoleone doveva ristabilire la situazione per cui ordinò ad Augereau di rimanere con una sola brigata ed inviare le rimanenti forze a Massena; il giorno dopo i francesi attaccarono Dego e in poco tempo Massena fece 5000 prigionieri austriaci insieme a 19 cannoni. Nel frattempo il castello di Cosseria era caduto così che la strada per attaccare Colli era aperta. Massena restò ad occupare Dego ma le sue truppe si dispersero in cerca di viveri e così l’intervento di 5 battaglioni austriaci li colse di sorpresa costringendoli ad una fuga precipitosa ; gli austriaci si disposero subito a difesa. Questo contrattempo costrinse Napoleone a cambiare di nuovo i piani annullando l’attacco a Ceva poiché temeva che quei battaglioni guidati da Vukassovich fossero solo l’avanguardia di una forza ben più consistente. Le Harpe con tutte le sue truppe fu inviato a Dego per riprendere la posizione perduta; l’operazione riuscì con la perdita di un migliaio di uomini. Dunque un’altra giornata persa per Bonaparte anche se Sèrurier ed Augereau erano riusciti a respingere Colli da Montezemolo fino a Ceva. La giornata del 16 venne impiegata per riunire le forze e inviare esploratori per vedere di scoprire le intenzioni austriache. Beaulieu dopo aver perso circa 10 battaglioni era fermo nella zona di Aqui in attesa di un probabile attacco francese per cui Bonaparte decise di nuovo di dirigere su Ceva dove intanto Augereau aveva attaccato i piemontesi ed era stato respinto con notevoli perdite; Napoleone decise dunque di lasciare le truppe di Le Harpe a Dego ed inviare Massena a Monbarcaro da dove sarebbe stato facile attaccare i fianchi e le retrovie di Beaulieu nel caso avesse tentato di attaccare. Trasferì poi il suo comando a Millesimo mentre nel frattempo Augereau e Sèrurier avevano portato le loro forze a 24.000 uomini nei dintorni di Ceva e si preparavano ad attaccare i 13.000 piemontesi; Colli però nella notte effettuò una veloce ritirata su posizioni migliori tra il fiume Tanaro e il torrente Corsaglia. Bonaparte inviò immediatamente le truppe ad inseguire i piemontesi ordinando a Sèrurier di attaccare frontalmente le nuove posizioni di Colli e ad Augereau di scendere lungo il fiume per prendere di fianco lo schieramento piemontese; operazione fallita perché le truppe di Augereau non trovarono un guado per attraversare il fiume ed appoggiare Sèrurier il cui attacco così venne respinto.


Intimazione di resa a Ceva



Un nuovo attacco fu ripetuto il 19 ma senza successo dopo di che Napoleone ordinò di sospendere le operazioni per un paio di giorni onde riorganizzare le truppe. Fu deciso un nuovo attacco per il 21 ma Colli di nuovo prese di sorpresa Bonaparte ritirandosi su Mondovì; la cavalleria francese guidata da Stengel si lanciò all’inseguimento ma il suo comandante fu colpito mortalmente in uno scontro. Nonostante questo contrattempo a Colli non fu dato il tempo di riorganizzarsi a difesa della città; Sèrurier attaccò i piemontesi frontalmente guidando l’attacco di persona e riuscì a scacciare i piemontesi e gli austriaci dalla città. La presa di Mondovì costituì una svolta nella campagna d’Italia perché Napoleone era riuscito a penetrare nella fertile campagna piemontese così che le necessità di approvvigionamenti alimentari divennero molto più facili. Egli rimase a Mondovì solo il tempo per riorganizzare l’armata perché le forze piemontesi non erano ancora battute e il Piemonte non aveva ancora chiesto la pace. Il 23 aprile ebbe inizio l’avanzata su Torino con Massena e Augereau che si mossero lungo il Tanaro con i fianchi protetti da Sèrurier e Le Harpe; i reparti si tenevano ad una distanza tra loro di un giorno di marcia in modo da potersi soccorrere reciprocamente in caso di bisogno.


La presa di Mondovì



In pratica però la perdita di Mondovì aveva dato il colpo di grazia alle forze piemontesi e Colli la sera del 23 chiese un armistizio; Napoleone ordinò di accelerare la marcia e due giorni dopo Massena era a Cherasco e Augereau ad Alba. Le forze piemontesi ora erano veramente divise da quelle austriache e Napoleone ordinò a Le Harpe di avanzare su Aqui per attirare su di se Beaulieu. A Torino il panico prese la corte tanto che Bonaparte poteva dettare finalmente le condizioni che non sarebbero state definitive ma subordinate all’approvazione di Parigi. L’armistizio di Cherasco fu approvato dal re di Sardegna il 28 aprile e i termini erano i seguenti: il torrente Stura era la linea di divisione dei due eserciti, le fortezze di Ceva , di Cuneo e Tortona dovevano accogliere una guarnigione francese , inoltre una clausola prevedeva che i francesi potevano attraversare il Po a Valenza. In 10 giorni Napoleone aveva piegato il Piemonte e al prezzo di 6000 perdite era nella valle del Po e con un manifesto ai suoi uomini fece un riassunto della campagna:” Soldati!In quindici giorni avete vinto sei battaglie, conquistato 21 bandiere e cinquantacinque pezzi d’artiglieria, vi siete impadroniti di diverse fortezze e delle più ricche zone del Piemonte . Avete catturato 15.000 prigionieri e ucciso o ferito più di 10.000 avversari….. “. Era soltanto l’inizio!


La firma dell’armistizio di Cherasco

 

QUEL PONTE A LODI



Napoleone decise di dare riposo all’armata per riorganizzarla prima di affrontare gli austriaci di Beaulieu; richiese al Direttorio dei rinforzi per 10.000 uomini suggerendo di prelevarli dall’armata di Kellermann. Beaulieu si stava ritirando verso zone sicure sulla sponda settentrionale del Po con fiumi e fortezze , ma Napoleone voleva impedire questa ritirata e così scrisse a Carnot: “ La mia intenzione è di agganciare gli austriaci e batterli prima che Lei abbia il tempo di rispondere a questa lettera”. Ordinò a Le Harpe di marciare su Acqui dove giunse il 30 quando gli austriaci stavano evacuando la località; Alessandria era stata abbandonata il 28 e dopo due giorni gli austriaci erano in salvo al di là del Po che avevano attraversato a Valenza nonostante le proteste dei piemontesi. Bonaparte ordinò di concentrare l’armata che nel frattempo disponeva di 39.600 uomini tra Tortona, Alessandria e Valenza. Il problema ora era di trovare un modo per attraversare il Po davanti all’armata austriaca di Beaulieu per costringerlo a battesi. La mancanza di materiale per la costruzione di un ponte costituiva un problema inoltre Napoleone doveva scegliere dove passare il Po senza ritrovarsi nei problemi; le possibilità erano tre e cioè Valenza, Pavia e Piacenza. Valutati tutti i pro e i contro scelse Piacenza che, anche se era a 80 chilometri da Valenza, permetteva di poter attraversare in una zona più tranquilla e dove certamente gli austriaci non si aspettavano, il fiume per poi a rapide marce spingersi contro il nemico; scrisse il 6 maggio al Direttorio: “ Ieri mattina abbiamo cannoneggiato il nemico appostato sulla riva del Po, che è molto largo e di difficile guado. La mia intenzione è quella di attraversarlo quanto più vicino a Milano mi sia possibile in modo da non trovarmi di fronte ad ulteriori ostacoli prima di aver raggiunto la capitale. Così facendo, ho modo di aggirare le tre linee difensive che Beaulieu ha preparato sull’Agogna, il Terdoppio e il Ticino. Oggi marcio su Piacenza ; in tal modo Pavia ne risulterà aggirata e, se il nemico vorrà difendere questa città, mi troverò tra lui e i suoi depositi” . La velocità di movimento e la sorpresa erano la chiave del successo di tutta l’operazione. Prima di tutto bisognava imbastire una operazione per distrarre Beaulieu da quella che era la mossa principale.


I francesi passano il Po a Ca Rossa davanti a Piacenza



Il compito di distrarre gli austriaci venne affidato a Massena e a Sèrurier che avrebbero dovuto attuare operazioni diversive per far credere che l’attraversamento del Po sarebbe avvenuto a Valenza; l’altro compito venne affidato a reparti di granatieri dell’intera armata comandato dal generale Dallemagne. Quattro battaglioni furono dati al colonnello Lannes in modo che sotto il comando di Dallemagne ci fossero 3600 granatieri e 2500 cavalleggeri; in caso di necessità questo contingente era appoggiato dalle divisioni di Le Harpe e di Augereau che dovevano seguirlo da vicino e poi dal resto dell’armata che avrebbe marciato verso est. Dallemagne marciando velocemente raggiunse Piacenza alle 9, si impossessò di un grosso traghetto e iniziò a far traghettare le truppe; Lannes fu il primo a mettere piede sulla sponda opposta. I rinforzi arrivavano con costante cadenza e fu una cosa importante perché Dallemagne si trovò di fronte una divisione di fanteria austriaca e vari squadroni di cavalleria; la reazione era arrivata prima di quanto era previsto.
Beaulieu si era ritirato per sicurezza dietro il Ticino e nel corso della manovra ebbe le prime notizie del passaggio del Po da parte dei francesi nei pressi di Piacenza e immediatamente cambiò i suoi piani portandosi in aiuto della divisione di Liptay, la prima come abbiamo visto che prese contatto con i francesi. Si premurò anche di richiamare Vukassovich con i suoi 4500 uomini da Valeggio per dare man forte cosicché verso la sera del 7 una interminabile colonna di austriaci stava convergendo verso la testa di ponte stabilita dai francesi sull’altra sponda del Po. Le cose sembravano procedere bene per i francesi in quanto Le Harpe e Dallemagne avevano costretto gli uomini di Liptay alla fuga; Augereau aveva attraversato il Po e Sèrurier e Massena si stavano avvicinando. Durante la notte le colonne di Beaulieu si scontrarono con le truppe francesi e nella confusione Le Harpe venne ucciso dal ,diremo oggi, fuoco amico; privati della sua guida i reparti francesi vacillarono e solo l’energico intervento di Berthier che prese il comando salvò la situazione.Gli austriaci furono respinti, e il comandante austriaco sempre troppo prudente ordinò la ritirata generale su Lodi sull’Adda cercando di interporre tra se e i francesi un fiume. Fu un errore perché permise a Bonaparte di riunire tutta l’armata senza ulteriori problemi e il 9 anche le ultime unità avevano oltrepassato il Po. Un vero successo per Napoleone e il tutto fatto sotto gli occhi di una potente armata austriaca; unico rammarico era quello di non aver potuto battere Beaulieu. Milano era a portata di mano e Napoleone doveva riuscire a prendere anche Mantova prima che gli austriaci ricevessero rinforzi. Napoleone spinse i francesi fino a Lodi dove arrivarono la mattina del 10 maggio ma ormai l’armata austriaca si era ritirata oltre l’Adda lasciando una retroguardia di 10.000 uomini al comando del generale Sebottendorf per coprire la ritirata ed ostacolare i francesi.


Il ponte di Lodi



Gli austriaci si schierarono con fanti e cannoni a difesa del ponte di Lodi a la strada di accesso; la conquista del ponte si presentò subito per i francesi un problema di non facile soluzione.Le avanguardie francesi batterono rapidamente gli austriaci che ancora tenevano Lodi e Napoleone con il suo stato maggiore si spinse in avanti per coordinare le operazioni per la presa del ponte che era fuori dal paese ; in attesa dell’arrivo di Massena con le sue truppe egli si occupò personalmente dello schieramento di 24 cannoni sulla riva occidentale e inviò a monte e a valle del ponte alcuni distaccamenti di cavalleria per scoprire se c’era un guado che permettesse ai francesi di prendere sul fianco gli austriaci.Entro le mura di lodi preparò una colonna di granatieri e li lanciò attraverso il ponte; i granatieri subirono le scariche della fucileria austriaca e arrivarono al centro del ponte prima di arrestarsi, l’attacco venne ripetuto immediatamente e molti ufficiali di grado elevato si misero alla testa delle truppe al grido di “Vive la Republique” e finalmente l’attacco ebbe successo.
Un gruppo numerosi di francesi arrivò sulla riva opposta e di li aprì il fuoco contro i granatieri austriaci fino a che la testa della colonna travolse le ultime resistenze raggiungendo anch’essa l’altra riva. Sebottendorf contrattaccò immediatamente ma gli uomini di Massena e di Augereau bloccarono l’azione austriaca aiutati anche da un reparto di cavalleria che trovato un guado arrivava proprio a colpire il fianco austriaco.Il generale austriaco sganciò le truppe dal combattimento e si ritirò verso il resto delle forze di Beaulieu lasciando sul terreno 150 morti , 1700 prigionieri e 16 cannoni; le perdite francesi erano di circa 350 uomini. Lodi era stato un successo che dette finalmente a Bonaparte la fiducia e la fedeltà dei suoi uomini che da allora lo chiamarono “ le petit caporal” . Più tardi Napoleone scrisse riferendosi a quell’episodio: ” Fu solo nella serata di lodi che cominciai a ritenermi un uomo superiore e che nutrii l’ambizione di attuare le grandi cose che fino a quel momento avevano trovato posto nella mia mente solo come sogno fantastico”.


Battaglia del ponte di Lodi



Il Direttorio ansioso di assicurarsi quanto più bottino possibile per sostenere la vacillante economia francese decise di dividere il comando dell’Armata d’Italia tra Bonaparte e Kellermann e di inviare Napoleone contro il Papa che era il più implacabile nemico ideologico della rivoluzione , mentre Kellermann avrebbe tenuto la vallata del Po. Certamente dietro questa idea c’era l’invidia per i successi del giovane generale e si voleva ridimensionarlo; Napoleone reagì immediatamente e in modo appropriato; scrisse infatti: “ Kellermann saprà comandare l’armata tanto bene quanto me, perché nessuno è più convinto di me che le vittorie sono dovute al coraggio ed all’audacia degli uomini; credo però che mettere insieme Kellermann e me in Italia, significhi perdere tutto. Io non posso servire volentieri accanto ad uno che si ritiene il primo generale d’Europa; credo inoltre che un cattivo generale sia sempre meglio di due buoni. La guerra, come il governare è una questione di sensibilità” . Dunque egli aveva preannunciato un principio che ribadì a Sant’ Elena “ L’unità di comando è la cosa più importante in guerra” . Sapeva di rischiare con il Direttorio scrivendo quelle cose ma era un rischio calcolato e per fare meglio intendere inviò al Direttorio un carico di bottino ancor più grande dei precedenti. Presto la risposta giunse il 21 maggio dopo che i capi avevano compreso le parole di Napoleone ( non potevano estromettere dal comando un generale, l’unico , in quel momento vincente) e scrissero: “ Gloria immortale al conquistatore di Lodi; il vostro piano è l’unico da mettere in atto .. Il Direttorio ha accuratamente esaminato la situazione e deciso in favore dell’affermativa” . Il peso di Napoleone aumentava e così, forte di questo, si fece inviare da Kellermann 10.000 uomini di rinforzo per l’Armata d’Italia; il vincitore di Valmy, fatto buon viso a cattivo gioco, inviò anche il figlio a servire nello stato maggiore di Bonaparte.


Napoleone entra a Milano



Appena 5 giorni dopo lo scontro di Lodi Napoleone entrava in Milano accolto dalla popolazione; in realtà Massena era entrato in città due giorni prima senza incontrare resistenza poiché Beaulieu si era ritirato su Mantova lasciando soltanto un presidio a difendere il castello. I rapporti con i milanesi si guastarono presto, perché le aspettative degli italiani ,che pensarono di essere finalmente liberi dal giogo austriaco, andarono deluse in quanto i francesi iniziarono a scheggiare la città e inoltre imposero una tassa di 2 milioni di livres imposta quale tassa di guerra ai cittadini milanesi come pure somme superiori furono prelevate ai duchi di Parma e Modena. Questo denaro permise a Napoleone di pagare finalmente i suoi soldati che avevano molti mesi di arretrati da ricevere oltre che naturalmente a permettere un meritato riposo all’armata; Il problema dei saccheggi era molto spinoso e Bonaparte cercò di limitarlo ma la cosa fu più ardua del previsto e molti carri con tesori presero la via della Francia.Questo periodo di riposo ebbe termine quando da Parigi giunse la notizia che era stata firmata una pace con il Piemonte; era il 21 di maggio. Con le vie di comunicazione con la Francia sicure, adesso che c’era pace con il Piemonte, Napoleone dette ordine all’armata di prepararsi a muovere; l’armata contava 30.000 uomini e il 22 lasciarono Milano per inseguire Beaulieu che si era ritirato dietro il Mincio e aveva i fianchi protetti dal lago di Garda a nord e dal Po a sud. Come era sua consuetudine aveva cercato di presidiare con le forze a sua disposizione tutti i possibili passaggi del Mincio con il risultato di avere la sua armata che contava circa 28.000 uomini, dispersa su un lungo fronte.Napoleone pensò di romper il centro dello schieramento nemico a Borghetto effettuando una finta manovra verso Peschiera; in tal modo avrebbe costretto gli austriaci ad evacuare Mantova. Prima che i francesi potessero prendere contatto con gli austriaci da Milano e da Pavia giunsero notizie poco rassicuranti. I cittadini di queste due città stufi dei francesi si erano ribellati e addirittura la guarnigione francese di Pavia si era arresa abbandonando anche la fortezza; in 2 giorni Napoleone era di nuovo a Milano con 1500 uomini agli ordini di Lannes, Marmont e Murat; ma trovò che il generale Despinois aveva il completo controllo della situazione. Decise allora di puntare su Pavia per dare alla città una lezione indimenticabile per qualsiasi altra città che volesse ribellarsi; praticamente la città fu messa al sacco per molte ore e l’ufficiale francese che aveva ceduto la fortezza fu fucilato. Lannes con lo stesso spirito occupò Binasco e lo fece bruciare dopo aver ucciso tutti gli abitanti di sesso maschile.


Rivolta di Pavia 26 maggio 1796



L’azione contro gli austriaci intanto proseguiva sotto il comando di Berthier e le divisioni francesi si dirigevano verso il Mincio; il 28 Bonaparte era di nuovo a Brescia deciso a penetrare in territorio veneziano.Due giorni dopo il ponte a Borghetto veniva preso e le forze di Beaulieu iniziarono a ritirarsi verso l’Adige. I francesi sfruttarono subito il successo di Borghetto e Augereau marciò su Peschiera e Sèrurier verso Mantova mentre Massena occupava Verona; queste operazioni obbligarono Beaulieu a ritirarsi sul lago di Garda con il grosso delle forze mentre un distaccamento di 4500 uomini rimase chiuso nella fortezza di Mantova. Ancora una volta la strana e antiquata tecnica austriaca aveva avuto la peggio sulla mobilità dei francesi e Beaulieu era adesso costretto a ritirarsi su Trento mentre Mantova era sotto assedio. Questa situazione segna la fine della seconda fase della campagna d’Italia tutta la piana lombarda e il quadrilatero ad eccezione di Mantova sono in mano ai francesi anche se per Bonaparte la vittoria non è da considerarsi ancora completa. L’esercito austriaco infatti non era stato ancora impegnato in una battaglia decisiva , c’erano stati solo scontri di retroguardia ma l’armata austriaca era ancora intatta; uno storico ha scritto infatti che “ Beaulieu non era stato,scacciato dalla Lombardia, sarebbe più appropriato dire che era stata la paura a farlo fuggire” . I francesi non erano certo in una bella situazione con la certezza che gli austriaci raccolte le forze avrebbero cercato di riprendersi la Lombardia e con Mantova che con le sue fortificazioni e le zone allagate e con una guarnigione che ammontava ora a 12000 uomini e 316 cannoni restava una spina nel fianco dell’Armata d’Italia. Napoleone era costretto a mettersi sulla difensiva e risolvere subito il problema Mantova.


L’assedio di Mantova

 

MANTOVA



Non c’era tempo per godere delle vittorie perché di li a poco Bonaparte sapeva che avrebbe dovuto affrontare una armata austriaca che stava marciando contro di lui; si dovevano risolvere subito alcune situazioni nelle retrovie dove la ribellione alle forze francesi ara ancora in atto come pure prendere Mantova che rappresentava nell’immediato il problema maggiore. La fortezza era imprendibile per via dei tre laghi che proteggevano la città nella parte settentrionale e ad oriente e delle paludi che la proteggevano nella parte sud e a occidente. A queste difese che la natura offriva si dovevano aggiungere le opere di fortificazione come il castello di san Giorgio che dominava la strada per Legnago. Il 31 maggio era fallito un tentativo di prendere la città con un colpo di mano per cui non restava altro che assediarla cosa che il 3 giugno fu affidata alle forze di Sèrurier e Augereau con l’aiuto di Lannes, Dallemagne e del generale Kilmaine. Sempre il 3 un reparto di granatieri era riuscito a prendere i contrafforti di San Giorgio cosa che sembrava il preludio ad un favorevole esito dell’assedio; invece una serie di interruzioni avrebbe fatto si che la resistenza di Mantova si sarebbe protratta per più di otto mesi. La prima interruzione fu quando Napoleone, memore della volontà espressa da Direttorio di conquistare il Vaticano per saccheggiarlo, decise di lasciare Sèrurier ad assediare Mantova per dirigersi con le divisione di Augereau e Vaubois verso la Toscana e lo Stato Pontificio dove crearono non poca confusione; il 23 giugno assalirono il forte Urbano vicino a Bologna e subito dopo il Papa Pio VI chiese l’armistizio. L’armistizio venne concesso in cambio della città di Ancona e del pagamento di una forte indennità che comprendeva anche numerosi quadri delle gallerie vaticane. Abbandonata da Papa la Toscana non era un problema; Firenze e Ferrara lasciarono transitare i francesi e il generale Vaubois si diresse su Livorno per occupare il porto per togliere alla marina britannica un altro porto nel Mediterraneo. I francesi oltre a prendere monete da questi stati, requisirono anche i cannoni del forte Urbano e delle città toscane per costituire l’artiglieria d’assedio per Sèrurier rimasto ad assediare Mantova.
Terminata la puntata verso il sud le forze francesi si concentrarono intorno a Mantova dove le raggiunse Bonaparte e l’artiglieria d’assedio. Le informazioni in mano a Napoleone indicavano una imminente offensiva austriaca dal Tirolo per cui egli cercò di prendere la città assediata il 17 luglio con un violento assalto che però fallì per via di un abbassamento del livello delle acque che fece letteralmente arenare Murat e le sue colonne nel mezzo del lago dove i fondali erano più bassi.
Fallito il colpo di mano si doveva ricorrere ad un assedio di tipo tradizionale dopo che il governatore aveva rifiutato l’offerta di resa. Le artiglierie pesanti vennero posizionate nelle postazioni preparate appositamente e ebbe inizio un intenso cannoneggiamento; Napoleone però non era tranquillo poiché Mantova poteva essere una trappola anche per lui perché poteva ritrovarsi gli austriaci alle spalle. Così il 29 luglio lasciò Sèrurier al comando dell’assedio con l’ordine di prepararsi ad una ritirata verso nord cosa che puntualmente fu attuata il 31. Centosettantanove cannoni dovettero essere abbandonati e anche se in parte danneggiati caddero tutti in mani austriache e il primo assedio di Mantova aveva termine: Fu un duro colpo per Napoleone ma ormai era certo che gli austriaci stavano preparando una offensiva in grande stile per cui tutte le forze disponibili dovevano essere concentrate per rendere nuovamente operativa ed efficiente l’Armata d’Italia. Le forze austriache che stavano avanzando contro Bonaparte erano comandate dal generale Wurmser, ed erano composte da non meno di 50.000 uomini con il compito di marciare su Mantova e poi di scacciare i francesi dall’Italia settentrionale. L’armata austriaca avanzò su tre colonne separate ; 2 lungo le rive del Garda ed una lungo la vallata del Brenta; il 29 giugno la colonna centrale che seguiva il corso dell’Adige, prese contatto con i francesi di Massena costringendoli ad una rapida ritirata oltre il Mincio ed il conseguente abbandono di Verona. Scrisse Massena su questo episodio: “ Non ho mai visto gli austriaci combattere con tanta rabbia; erano tutti ubriachi per il gran liquore bevuto” . Quasdanovich che scendeva lungo la riva occidentale del Garda si era mosso troppo lentamente pur riuscendo ad occupare Salò ma era stato fermato a Brescia da Augereau il 1° agosto. La valutazione che dava Napoleone della situazione era grave per cui ordinò di raggruppare tutte le forze disponibili per rinforzare il fronte nord e questo voleva dire, come abbiamo accennato, l’abbandono dell’assedio di Mantova. Anche se questa cosa generava subito un altro problema e cioè rendere la guarnigione austriaca di Mantova libera di operare nelle retrovie francesi. I giorni che seguirono furono pieni di difficoltà poiché il pericolo principale era rappresentato dal fatto che Wurmser e Quasdanovich riuscissero a riunire le truppe a sud del lago di Garda cosa che avrebbe dato agli austriaci una notevole superiorità numerica; Wurmser non riuscì nell’intento preso come era dall’idea che Mantova stesse per arrendersi e quindi si diresse verso questa città che invece era già libera dall’assedio francese. Questo contrattempo permise a Napoleone di guadagnare quel tempo necessario per utilizzare nel miglior modo la posizione centrale che si trovava ad occupare e quindi battere in fasi successive ciascuna delle ali in cui era diviso l’esercito austriaco. Il 3 agosto infatti rivolse il suo esercito contro Quasdanovich che disponeva di 18.000 uomini e con l’ausilio delle forze di Massena cercò di batterlo a Lonato ( 1° battaglia) mentre Augereau bloccava le avanguardie di Wurmser presso Castiglione; il comandante austriaco aveva perso inutilmente 3 giorni nella zona di Valeggio per essere sicuro che l’assedio di Mantova fosse terminato. Quando Wurmser decise di muoversi in soccorso di Quasdanovich si trovò di fronte Augereau che gli bloccava la strada , e nonostante l’energia messa dagli austriaci per sloggiare i francesi, dovettero arrestarsi. Battuto Quasdanovich che aveva lasciato sul campo una divisione, Bonaparte decise di avanzare contro Wurmser e il 5 agosto tre divisioni francesi per un totale di 30.000 uomini colpirono a Castiglione l’armata austriaca che disponeva di 25.000 Attaccato frontalmente da Massena e Augereau e con Sèrurier che avanzava alle sue spalle dalla sinistra, il generale austriaco ordinò la ritirata su Valeggio ed i francesi stanchissimi non furono in condizione di inseguirlo. Dopo la sconfitta patita a Castiglione Wurmser sostò per breve periodo a Peschiera prima di continuare la ritirata e il 7 agosto i francesi ripresero Verona; per il generale austriaco non fu possibile nemmeno tenere la linea del Mincio tanto che dopo aver inviato due brigate a Mantova e aver evacuato una parte consistente dei feriti e dei malati della guarnigione precedente, ripassò l’Adige con direzione Trento dopo aver superato ad Ala una strettoia che i francesi tenevano sotto il loro fuoco. Trascorsero pochi giorni e Mantova era di nuovo sotto assedio; la battaglia aveva visto nuovamente Bonaparte vincitore con la perdita di 6000 uomini e 4000 prigionieri contro 16.700 soldati persi dagli austriaci.


Battaglia di Forte S. Georges presso Mantova



Wurmser considerava la campagna un successo perché grazie al suo intervento Mantova non era caduta e restava una spina nel fianco dei francesi, inoltre aveva dato una prova che era possibile mettere in difficoltà Bonaparte infatti l’Armata d’Italia pur vittoriosa era con le ruote a terra, stanchissima e necessitava di rinforzi e di un periodo di tranquillità per rigenerarsi. C’era poi il problema messo in evidenza da questa campagna di una certa difficoltà dei francesi nella fase difensiva come l’abbandono dell’assedio di Mantova e di tutti i cannoni piazzati. Napoleone aveva dimostrato l’elevata mobilità della sua armata e la rapidità dell’azione offensiva che sarebbe sempre stata l’arma vincente nella sua strategia, ma soprattutto un fatto deve essere preso in esame e cioè che Bonaparte cercò sempre di essere lui a decidere dove e come colpire il nemico in altre parole a scegliere il campo di battaglia più favorevole per le caratteristiche delle truppe francesi ( vedremo che a Waterloo fu Wellington a scegliere il campo di battaglia e non Napoleone ).
Gli avvenimenti italiani avevano esercitato non poca influenza sul fronte germanico dove l’offensiva francese, iniziata a luglio, si stava svolgendo favorevolmente, almeno per le prime settimane di agosto, con Moreau e Jourdan che procedevano all’attacco del nemico; l’Armata della Sambre - et - Meuse ebbe un periodo molto favorevole ma fu di breve durata e già il 23 doveva ritirarsi mentre l’Armata del Rhin – et- Moselle di Moreau conseguì due importanti vittorie una a Neresheim e una a Friburgo l’11 e il 24 agosto. Agli inizi di settembre Moreau aveva raggiunto il Danubio nonostante che gli austriaci al comando dell’Arciduca Carlo avessero vinto ad Amberg e a Wurzburg. È indubbio che la diversione effettuata in Italia da Wurmser nel mese di giugno influì notevolmente nell’assicurare i successi francesi sul fronte germanico tanto che il Direttorio dopo Castiglione, ritenne che la seconda fase del piano principale potesse realizzarsi. Questa fase, lo abbiamo detto, prevedeva un attacco eseguito in contemporanea da Moreau e da Bonaparte contro l’Austria tanto che Napoleone ricevette gli ordini per marciare contro Wurmser in Tirolo; ma Bonaparte non era poi più tanto sicuro che in quel momento il piano fosse attuabile. L’Armata d’Italia aveva bisogno di riposarsi e di essere riequipaggiata; Massena il 1° settembre aveva scritto a Bonaparte: “ I soldati stanno soffrendo crudelmente; almeno i due terzi della mia divisione necessitano di cappotti, abiti, brache, camice, ecc e sono completamente a piedi nudi” . Wurmser aveva ai suoi ordini una armata ben disciplinata in grado di contrastare i francesi e poi c’era Mantova vera spina nel fianco di Napoleone con una guarnigione forte e ancora in grado di creare problemi. Pur con questi dubbi che assalivano la sua mente Bonaparte si preparò a mettere in atto gli ordini ricevuti dal Direttorio e quindi emise gli ordini operativi. Sahuguet doveva rimanere ad assediare Mantova con 10.000 uomini mentre il generale Kilmaine avrebbe presidiato Verona e il basso Adige contro attacchi provenienti da Trieste; il resto dell’Armata con 33.00 uomini sotto il comando di Vaubois, Massena e Augereau avrebbe iniziato la marcia su Trento e dopo se tutto andava bene avrebbe tentato di congiungersi con Moreau sul fiume Lech dopo aver obbligato Wurmser a ritirarsi .
Nel prossimo capitolo ancora le vicende italiane di quel 1796-1797.


Situazione al 5 agosto 1796.jpg




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Ricordo ai lettori dei miei articoli, a cui rivolgo i più sentiti ringraziamenti, le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001
-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Edizioni Ibiskos, 2005
-- 25 luglio 1943 - La fine inconsapevole di un regime. Edizioni Ibiskos, 2007