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Napoleone - Il genio militare, la strategia, le battaglie - 18^p
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Écrit par Mario Ragionieri   
Come poté il generale Moore sferrare un attacco così improvviso in un punto tanto imprevisto da annullare i piani di Napoleone per la completa conquista della penisola iberica nel 1808?
Abbiamo lasciato Moore mentre era intento a concentrare la sua armata intorno a Salamanca verso la fine di novembre con il generale Baird e le sue colonne che stavano arrivando da La Coruna. Se Moore avesse scelto le strade giuste sarebbe arrivato in tempo per partecipare ai combattimenti che precedettero la caduta di Madrid; ma gli inglesi arrivarono troppo tardi.
Inoltre i 25.000 uomini di Moore restarono dal 23 novembre in poi ad attendere l’ artiglieria e la cavalleria mentre avrebbero potuto essere facilmente spostati vicino alla capitale che distava solo quattro giorni di marcia. Comunque Moore in base alle istruzioni ricevute, che prevedevano la sua riunione con le truppe di Blake, decise di non muoversi da Salamanca. Questa era la situazione fino al 28 novembre e questa inerzia degli inglesi dette a Napoleone un motivo di propaganda quando i suoi servizi segreti scoprirono il generale Hope vicino ad Escorial ai primi di dicembre; “ la condotta degli inglesi è vergognosa!” diceva il proclama del giorno 5. Alla Giunta Suprema pareva davvero che Moore non fosse disposto a condividere il loro destino. Il giorno 28 il generale inglese ricevette in ritardo la notizia della battaglia di Tudela dando di conseguenza immediatamente l’ordine di ritirata verso Lisbona e il Tago e lasciando inascoltate le richieste spagnole di aiuto. Infatti scriveva a Hope “ Ho deciso di rinunciare a questa faccenda e ritirarmi”; il quel momento sembrava davvero la sola decisione sensata da prendere. Una avanzata voleva dire andare incontro deliberatamente alla rovina e Moore sapeva bene di essere al comando del solo esercito che l’Inghilterra avesse in quel momento in campo. Poi improvvisamente decise diversamente per tutta una serie di informazioni che gli pervennero e mentre il suo esercito stava dirigendosi verso Lisbona ordinò di tornare sui suoi passi; il 5 dicembre seppe che il popolo di Madrid si stava difendendo dai francesi. Più importante fu la lettera che il generale La Romana gli scrisse per informarlo che disponeva di 15.600 buoni soldati e che attendeva ordini per riprendere l’offensiva. Queste notizie unite alle suppliche del governo spagnolo e dei suoi stessi ufficiali,insieme all’arrivo dei cannoni di Hope gli fecero cambiare idea. Si trattava di una decisone ben motivata dal punto di vista militare; Moore pensò di sferrare un attacco improvviso al nodo stradale di Valladolid per creare un imprevisto pericolo alle comunicazioni francesi e di indurre Napoleone a rinunciare all’attacco a Madrid per rivolgere il suo esercito verso questa nuova minaccia. Naturalmente Moore sapeva che con soli 25.000 uomini prima o poi avrebbe dovuto ritirarsi per evitare la distruzione ad opera delle soverchianti forze francesi. Il piano di Moore si basava su due false premesse. La prima era che Madrid stesse ancora resistendo mentre in realtà si era arresa ai francesi, la seconda che Napoleone disponesse solo di 80.000 uomini mentre ne aveva nella penisola almeno 250.000 .
Per fortuna neanche Napoleone aveva precise notizie sulla situazione inglese credendo che in quel momento Moore stesse marciando su Lisbona. L’11 dicembre 22.500 fanti, 2500 cavalieri e 66 cannoni dell’armata di Moore lasciarono Salamanca diretti verso nord – est e proprio quel giorno giunse al Q.G. inglese la notizia che Madrid era caduta il 4 dicembre. Cosa doveva fare Moore adesso avanzare o ritirarsi? Egli scelse l’alternativa più coraggiosa; se non poteva salvare più Madrid forse poteva ancora sviare Napoleone dall’invadere la Spagna meridionale e il Portogallo. Pertanto gli inglesi continuarono ad avanzare verso est. Tre giorni dopo un colpo di fortuna aiutò Moore perché una banda di guerriglieri spagnoli aveva intercettato un corriere francese che portava un importante messaggio del maresciallo Berthier al duca di Dalmazia; tale documento fu consegnato a Moore. Questo messaggio non soltanto indicava l’ubicazione delle principali armate francesi rivelando a Moore che le forze francesi superavano i 200.000 uomini, ma risultava anche che il debole corpo d’armata di Soult si trovava isolato e in una posizione molto vulnerabile e che queste forze si stavano dirigendo su Leòn contro le forze di La Romana.
Moore comprese di avere la possibilità di infliggere ai francesi una dura sconfitta; se le sue truppe avessero marciato velocemente verso nord avrebbe potuto colpire Soult sul fianco destro mentre questi si trovava in marcia verso Leòn. Una sconfitta dei francesi avrebbe interrotto le loro comunicazioni con Bayonne e avrebbe tolto il giogo della dominazione francese in tutta la Spagna nord occidentale. Il giorno 15 le colonne inglesi cambiarono la loro linea di marcia da est a nord dirigendosi verso Sahagun; l’armata inglese arrivò presto al Duero che attraversò a Zamora e Toro e il 20 dicembre Moore aveva raggiunto Mayorga dove si riunì con la divisione di Baird. A Mayorga Moore seppe che Soult era ancora a Saldana e che pertanto vi erano poche possibilità di cogliere il II corpo di sorpresa. Il 21 dicembre la cavalleria inglese sorprendeva a Sahagun il 1° reggimento cacciatori ed il 9° dragoni mettendoli in fuga dopo un duro combattimento.Questo fu il primo avvertimento per Soult e la sorpresa dovette essere grande. Moore però concesse una pausa e Soult ne approfittò per concentrare le sua truppe e avvisare Madrid. Il 23 Moore seppe da La Romana che un forte contingente francese stava passando da Escorial diretto ai passi della Sierra Guadarrama; era un messaggio chiaro che Napoleone, cambiando i suoi precedenti piani, stava dirigendosi a Nord nel tentativo di distruggere le forze inglesi. Il generale Dumas sapeva che le uniche truppe francesi abbastanza vicine al corpo di Soult e che quindi potevano correre in suo aiuto, erano quelle di Victor che si trovavano a tre giorni di marcia da Burgos, ma esse avevano ricevuto l’ordine di Napoleone di marciare su Segovia. Dumas sapeva che quegli ordini erano ormai superati dalla scoperta della presenza delle truppe inglesi in zona e tentò di convincere i comandanti di invertire la marcia e schierare le loro truppe tra Burgos e Valladolid. Modificare gli ordini di Napoleone costituiva un atto estremamente coraggioso per un giovane generale, ma Dumas conosceva l’urgenza della situazione . Altri generali seguirono i consigli di Dumas e si misero in marcia sulla strada di Palencia .Dumas contemporaneamente inviò un messaggio all’imperatore comunicandogli la grave situazione che Napoleone intese immediatamente e fu ben lieto di approvare le decisioni prese dal suo subalterno. Tutte le operazioni compresa la marcia su Lisbona furono sospese e 80.000 uomini furono inviati attraverso la Sierra Guadarrama senza indugio allo scopo di tagliare la ritirata alle truppe di Moore. La cavalleria di Ney e quella della Guardia furono fatte partire immediatamente per il passo di Guadarrama, seguite dalla fanteria del VI corpo, la Guardia imperiale e la divisione di Lapisse. I reparti di Lorge e vari reparti del corpo di Victor furono messi agli ordini del maresciallo Soult. A presidio di Madrid e dintorni fu lasciato Giuseppe con il corpo di Lefebvre e parte di quello di Victor; un totale di 36.000 uomini e 90 cannoni. Il piano di Napoleone era questo: mentre Soult attaccava frontalmente Moore, Napoleone avrebbe guidato una potente armata a alle spalle degli inglesi per completarne la distruzione. Il giorno 20 le prime truppe francesi lasciarono Madrid; il 21 le truppe di Ney attraversarono il passo Guadarrama nonostante il freddo e raggiunsero Villacastin sull’altro versante. Il giorno dopo le truppe di Napoleone incontrarono molte difficoltà nell’attraversamento del passo; il tempo era inclemente con la neve alta e un vento freddo e atroce. Nonostante questo Napoleone ordinò ai dragoni della Guardia di avanzare. Questi soldati dopo aver cercato di aprirsi la strada tornarono indietro dicendo a Napoleone che era impossibile continuare oltre. Napoleone ordinò di proseguire e Dumas ricorda che : “ Le truppe dovettero affrontare più difficoltà che durante il famoso passaggio del San Bernardo. Era impossibile vincere la violenza del vento “. Ma Napoleone era implacabile e alla fine la forza di volontà e il coraggio trionfarono e al tramonto del giorno 23 le truppe erano nel presidio di Villacastin. Nessuno poté dimenticare la traversata della Guadarrama con Napoleone. La tempesta aveva fatto perdere due giorni preziosi alle truppe dell’Imperatore e questo ritardo permise a Moore di scappare. Napoleone si rese conto che le truppe inglesi erano molto più a nord di quanto pensava e questo significava che il compito di accerchiare Moore sarebbe stato molto difficile.
Scrisse a Giuseppe il 27 dicembre :” Se gli inglesi non sono ancora in ritirata essi sono perduti; se si ritirano, verranno immediatamente inseguiti sino al punto di reimbarco e almeno la metà di essi non riuscirà a fuggire…Fatelo scrivere sui giornali e diffondere ovunque che 36.000 inglesi sono circondati, che io mi trovo a Benavente alle loro spalle mentre il maresciallo Soult li sta prendendo di fronte “. Si trattava solo di propaganda ingannevole; le cose non stavano così. Un tempo inclemente colpì in quei giorni entrambi gli eserciti anche se quello di Moore appariva il più stremato e con l’aumentare della stanchezza, aumentò anche l’indisciplina, ma a forza di durissime marce e di una abile comando, Moore riuscì a tenere lontani gli inseguitori. I reggimenti di cavalleria che formavano la retroguardia inglese combatterono benissimo e i dragoni di Lorge ebbero brevi scontri con gli ussari di Paget il 26, il 27 ma niente di particolarmente grave avvenne fino al 29.
In quel giorno una parte della cavalleria della Guardia raggiunse il fiume Esla vicino a Benavente; vedendo sulla riva opposta quella che appariva essere una debole forza inglese di cavalleria , Lefebvre- Desnouettes ordinò ai suoi uomini di guadare il fiume e di ingaggiare il combattimento. Tutto andò bene all’inizio e i cacciatori inflissero gravi perdite agli inglesi ; Ma poco dopo Paget comparve sulla scena con un forte reparto di cavalleria che aveva fatto avvicinare senza che i francesi se ne accorgessero e attaccò i francesi sul fianco. I francesi si batterono valorosamente ma ebbero almeno quattro squadroni decimati . Questa notizia giunse all’imperatore che marciava in quel momento con l’avanguardia degli inseguitori. Lo scontro convinse Napoleone che Moore era riuscito ad evitare la trappola e gli eventi dei giorni successivi confermarono che la fuga di Moore era riuscita. Il comandante inglese si trovava ora di fronte ad un altro problema perché quando aveva ordinato la ritirata egli aveva previsto una sosta ad Astorga e se necessario posizionare li le truppe per affrontare il nemico. Ma adesso Moore comprendeva che si doveva scartare questa possibilità perché preoccupato per le condizioni delle sue truppe, tra le quali si erano verificate molte diserzioni. Per questo abbandonò Astorga per dirigersi su La Coruna dove avrebbe aspettato di essere evacuato dalla flotta; il 31 dicembre la retroguardia britannica abbandonò Astorga. Napoleone non sopportava che le sue decisioni fossero associate ad un fallimento e siccome un successo non era più conseguibile, la campagna non richiedeva più la sua presenza. Il 31 dicembre il generale Desolles ebbe l’ordine di riportare i suoi uomini a Madrid dove Giuseppe circondato da una popolazione ostile si trovava in serie difficoltà . Quello che rimase fu posto agli ordini di Soult per un totale di 30.000 fanti e 6000 cavalieri Ney con altri 16.000 aveva funzioni di rincalzo. Ma la decisione di Napoleone di abbandonare la campagna aveva altre origini ben più gravi; negli ultimi mesi erano diventate evidenti le prove di un rapido riarmo austriaco e si voleva impedire agli Absburgo di iniziare una nuova campagna sul Danubio nella prossima primavera per questo era indispensabile il rientro in Francia dell’Imperatore. Ma c’erano altre brutte notizie in quanto il 1° gennaio 1809 Napoleone ebbe informazioni precise che a Parigi era in corso una nuova cospirazione di cui faceva parte Talleyrand, Fouché e persino Murat. . La notizia che Napoleone rientrava in Francia produsse una certa sensazione nell’Armata di Spagna. La Guardia imperiale invece rimase nella penisola ; nessuno voleva restare in Spagna. La natura inospitale del terreno l’odio nelle popolazioni l’incessante pericolo di venire uccisi con una fucilata da un guerrigliero , la cronica mancanza di viveri, il completo insuccesso nell’ottenere sia con il terrore che con l’amicizia un solo segno di sottomissione al governo di Giuseppe non permettevano ai francesi di sentirsi sicuri e tranquilli in quella strana campagna. Prima di andarsene Napoleone dette il comando almeno nominalmente al fratello Giuseppe per il resto lasciò sul campo i suoi indisciplinati marescialli . Questa mancanza nella direzione delle operazioni da parte dell’imperatore avrebbe permesso negli anni a venire a Wellington di beneficiare di questa situazione. Il 6 gennaio Napoleone lasciò Astorga diretto a Valladolid con una scorta formata da parte della Guardia imperiale; si trattenne altri 11 giorni nella città sul Duero completando gli accordi per il passaggio dei poteri civili e militari al suo successore. Durante questo periodo Ney e Soult fecero altri tentativi per prendere gli inglesi tagliandoli fuori dal loro porto di evacuazione. L’esercito inglese si era trasformato in una specie di plebaglia riottosa e indisciplinata poiché la dura ritirata invernale ne avevano annientato le forze e il morale. Anche in questa situazione Moore riuscì sempre a mantenere un punto di vantaggio sui suoi inseguitori. Il giorno 6 gennaio si fermò a Lugo per combattere i francesi ma le truppe di Soult erano troppo allungate per la marcia di inseguimento da non costituire più un bersaglio degno di nota e pertanto decise di riprendere la ritirata verso la Coruna. Dopo aver incendiato molti carri e ucciso diversi cavalli azzoppati gli inglesi ripresero la strada verso nord senza che le sentinelle di Soult se ne accorgessero. Seguirono due giorni di confuse azioni di retroguardia ma nella notte dell’11 tre delle quattro divisioni di Moore avevano raggiunto La Coruna mentre la divisione di Paget era a sei chilometri. Ma le navi non erano in rada e a quel punto era facile supporre che Soult avrebbe attaccato . Soult attese che tutte le sue unità fossero riunite prima di sferrare l’attacco e così Moore ebbe quattro giorni di tempo che utilizzò per riequipaggiare i suoi soldati prelevando il materiale dai magazzini di La Coruna e incendiando quanto restava inutilizzato.
Finalmente nel pomeriggio del 14 apparvero le navi e la sera stessa Moore aveva iniziato ad evacuare gli ammalati, i cavalli e parte dei cannoni e il giorno 15 soltanto 15.000 fanti e 200 artiglieri erano ancora a terra per affrontare le forze di Soult che si stavano schierando.Nel vedere che gli inglesi si stavano imbarcando, Soult decise che doveva attaccare immediatamente se non voleva che gli inglesi sfuggissero. Il 15 aveva a disposizione una forza composta da 15.000 fanti e 4500 cavalieri e quindi il giorno dopo lanciò un poderoso assalto contro la sinistra di Moore con l’intenzione di occupare Monte Moro e incuneare le sue truppe tra quelle di Baird e la città. Nello stesso tempo furono lanciati attacchi di contenimento contro altri settori dello schieramento. La battaglia infuriò per tutto il pomeriggio , e come Soult aveva previsto gli inglesi si erano ben posizionati sul terreno e nessun attacco francese riuscì a sloggiare gli inglesi dalle loro posizioni.
Alle quattro del pomeriggio il generale Moore fu colpito mortalmente ma le colonne francesi erano in ritirata ovunque con gravi perdite. L’armata inglese causò ai francesi la perdita di 1550 uomini mentre loro ebbero solo 800 tra morti e feriti ( FOTO 11 – 12 – 13- 14- 15 ); Moore fu seppellito il 17 e la sua morte non era stata inutile perché l’evacuazione delle truppe inglesi poté proseguire indisturbata e si concluse due giorni dopo. Un nuovo comandante inglese giunse, sir Arthur Wellesley, in Portogallo per riaccendere la lotta .


 
 
PER NAPOLEONE UNA NUOVA SFIDA APPARE ALL’ORIZZONTE
 
 
L’8 febbraio 1809 i sostenitori austriaci dell’aggressione a Napoleone ebbero, dopo tante discussioni partita vinta; il governo imperiale in gran segreto, ma irrevocabilmente, aveva deciso di fare la guerra alla Francia. Una decisione che non fu posta immediatamente in atto; quello che si autodefiniva il partito della pace guidato dall’arciduca Carlocomandante in capo di tutte le forze austriache , consigliò un ulteriore periodo di attesa che avrebbe permesso all’Austria di mobilitare le sue truppe e di concludere le opportune alleanze. Carlo oltre ad essere il miglior generale austriaco, aveva l’appoggio della maggior parte dei vecchi militari e di conseguenza l’imperatore era costretto a tenere conto del suo punto di vista. Una cosa era chiara: l’atteggiamento molto indecisi dei capi militari non aveva impedito di programmare un nuovo scontro con Napoleone. L’unico punto di discordia vera e proprio era la data di inizio delle ostilità. Il partito che faceva capo all’imperatrice chiedeva una azione immediata mentre l’arciduca Carlo consigliava di aspettare fino a quando le riforme interne fossero state compiute e l’esercito portato ad un più elevato grado di efficienza incrementando così la possibilità di avere successo. Egli era ansioso di vedere in campo 700.000 uomini ben addestrati ed una potente coalizione a fianco dell’Austria prima che fossero compiuti passi irrevocabili. Ma questi argomenti non facevano presa perché l’opportunità che si presentava era molto favorevole; Napoleone a causa del suo impegno in Spagna non avrebbe potuto riunire in Germania per la primavera del 1809 più di 200.000 uomini.
Inoltre Metternich dopo aver avuto una conversazione con Talleyrand sosteneva che la Francia era stanca della guerra e non voleva partecipare ad una nuova lotta, mentre lo Zar aveva lasciato capire che qualsiasi cosa fosse successa avrebbe mantenuto una stretta neutralità a dispetto degli impegni presi ad Erfurt. Tutte queste considerazioni facevano pensare che una decisa azione da parte dell’Austria avrebbe provocato in tutta la Germania una rivolta contro Napoleone come stava accadendo in Spagna; pertanto la decisione di aprire le ostilità il 9 aprile fu la conseguenza immediata di tutte le congetture fatte. Nel 1809 il processo di ricostruzione dell’esercito austriaco procedeva ormai da tre anni ed era ad un buon punto quando si decise la guerra alla Francia. L’artefice principale di questa ripresa fu l’arciduca Carlo nominato generalissimo dall’imperatore Francesco . Nelle questioni amministrative la nuova autorità di Carlo superava anche quella del Consiglio Aulico; Carlo seppe fare buon uso di questa opportunità. Aiutato dall’abile Stadion egli iniziò a creare un esercito di leva che sostituisse quello di professione impresa questa che però mostrò subito delle serie difficoltà. Era difficile trovare nei possedimenti austriaci, tra ungheresi, polacchi e balcanici un barlume di sentimento filo austriaco e quindi gran parte dell’esercito di leva venne formato con uomini provenienti dalla province austriache con preminenza germanica. Come risultato finale la Landwehr fu portata a circa 240.000 uomini ma la disciplina di questi cittadini in armi era molto bassa e si dovette concludere che i nuovi elementi erano utilizzabili solo come guarnigione o truppe di rincalzo. Ben più evidenti furono i cambiamenti apportati all’esercito regolare; nel 1805 in servizio attivo c’erano 200.000 soldati regolari mentre quattro anni dopo il loro numero era diventato di 340.000 unità.
Molte delle modifiche apportate furono copiate dal sistema francese come i corpi d’armata dei quali furono creati nove corpi di linea e due di riserva; Si trattava rispetto al vecchio sistema divisionale di un notevole miglioramento organizzativo che permetteva una migliore flessibilità operativa. I 279.000 uomini di fanteria vennero suddivisi in 80 reggimenti e nove battaglioni di jaeger ( cacciatori) I 36.000 uomini della cavalleria vennero riuniti in 8 reggimenti di corrazieri, sei di dragoni , dodici di ussari e tre di ulani; ma a causa delle difficoltà di reperire cavalli idonei la cavalleria austriaca non raggiunse mai l’efficienza di quella francese. Per quanto riguarda l’artiglieria essa fu notevolmente migliorata; i 13.000 artiglieri formarono quattro reggimenti di artiglieria e furono dotati di cannoni da campagna in numero di circa 760 pezzi. Il punto debole dell’artiglieria era costituito dai suoi ufficiali superiori provvisti di scarsa esperienza nell’uso dei cannoni in battaglia. Lo stato maggiore austriaco era capacissimo di realizzare sulla carta gli spostamenti delle truppe ma vi era una grande mancanza di esperienza sulle condizioni effettive che si sarebbero trovate sui vari campi di battaglia. Come comandanti Carlo era costretto ad utilizzare uomini poco validi ma che gli venivano imposti dalla gerarchia come ad esempio i suoi stessi fratelli Luigi , Giovanni e Ferdinando e tra i comandanti di secondo scaglione solo Radetsky superava la mediocrità Lo stesso Carlo nonostante soffrisse di attacchi epilettici nei momenti di maggior tensione, era giunto all’alto comando in età giovanile assumendo il comando della sua prima armata a soli 25 anni. Le sue campagne contro i generali francesi di minore levatura furono coronate da successo ma non poteva essere neanche lontanamente paragonato a Napoleone. L’esercito austriaco del 1809 costituiva comunque uno strumento bellico notevole molto superiore a quello del 1805 ma sicuramente mancava di una direzione sia a livello d’armata che di corpo d’armata paragonabile a quella francese ma , complessivamente era provvisto di buone qualità combattive nonostante la sua scarsa mobilità ed una certa mancanza di vitalità. Napoleone conosceva perfettamente da tempo l’aria che tirava a Vienna. I dissensi esistenti tra il partito della pace e il partito della guerra gli erano stati ampiamente riportati fin dal maggio 1808 e sapeva che l’Austria intendeva costituire una Landwher di circa 180.000 uomini e questo aveva dato origine ad una formale protesta del governo francese. Durante i primi mesi del 1809 Napoleone sentiva di poter riporre la massima fiducia sulla promessa dello zar di tenere a bada l’Austria; infatti una clausola dell’accordo di Erfurt prevedeva che in caso di aggressione austriaca alla Francia la Russia avrebbe fatto causa comune con la Francia. I fatti avrebbero però dato torto a Napoleone. I rapporti che provenivano dall’Europa erano diventati sempre più allarmanti tanto che l’imperatore fu costretto ad abbandonare il suolo spagnolo e recarsi a Parigi per predisporre le opportune contromisure. Il governo francese avvertiva già una carenza di soldati e la prospettiva di una guerra da combattersi su due fronti contemporaneamente (in Spagna e in Germania) non rallegrava le autorità preposte al reclutamento. I richiami si erano fatti più serrati ma anche con queste misure non si erano dimostrate sufficienti a fronteggiare il fabbisogno di uomini.Napoleone inoltre era deciso ad aumentare gli effettivi dei suoi reggimenti di linea portandoli a cinque battaglioni ciascuno Ma solo nel 1809 con la mobilitazione di altri 110.000 uomini il fabbisogno fu almeno in parte soddisfatto. La necessità di creare un esercito per il fronte tedesco mise a dura prova tutte le capacità dell’imperatore; con 200.000 uomini , molti dei migliori comandanti e la Guardia trattenuti in Spagna le unità disponibili per l’immediato impiego erano abbastanza scarse. Il 12 ottobre del 1808 la Grande Armè era stata dispersa tra la Germania e la Polonia , molte delle sue unità erano state richiamate in tutta fretta per essere trasferite in Spagna e per chiudere la breccia che si era creata fu costituita l’Armata del Reno che comprendeva il II corpo di Davout e varie unità complementari.
Sulla carta l’Armata del Reno disponeva di 120.000 uomini ma togliendo i distaccamenti lontani, le truppe al comando di Davout erano circa 80.000 uomini con i quali si dovevano tenere sotto controllo le aspirazioni nazionalistiche dei prussiani e degli austriaci. Non deve meravigliare quindi se Napoleone ripose la massima fiducia sull’influenza dello zar Alessandro per bilanciare lo sfavorevole rapporto di forse e, una volta che si rese conto che l’aiuto russo non ci sarebbe mai stato, era logico che cercasse di adottare , nella primavera del 1809 misure estreme per reperire gli uomini che mancavano. Egli si pose un progetto ambizioso e cioè quello di avere in Germania , prima che iniziassero le ostilità, 260.000 uomini di cui circa 100.000 forniti dagli alleati tedeschi, e di avere in Italia, se le cose fossero andate per il verso giusto, altri 150.000 uomini sotto il comando di Eugenio. Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio furono date istruzioni al maresciallo Bessieres in Spagna di tenersi pronto ad inviare a Strasburgo la Guardia imperiale nel caso la cosa si fosse resa necessaria, mentre a seguito di due editti imperiali furono costituiti i nuclei della Giovane Guardia reclutati dal fior fiore delle classi di leva. Il 23 febbraio fu creata una formazione ex novo formata da 4 divisioni di fanteria ed una di cavalleria leggera che fu chiamata corpo d’osservazione dell’Armata del Reno. In seguito questa formazione denominata IV corpo fu affidata all’esperto maresciallo Massena.
 
 

Il 3 marzo un decreto stabilì la creazione di un corpo di riserva forte di 17 reggimenti da formarsi con i coscritti dell’anno 1810 mentre la divisione di Oudinot fu rinforzata e ricostruita come II corpo . Non fu compito facile trovare gli ufficiali sufficienti sia per le nuove formazioni che per quelle ampliate , ma il problema venne risolto ripulendo i depositi e richiamando in servizio i pensionati come pure riempiendo le accademie militari francesi e promovendo di sergenti e sottufficiali. Tutte queste unità furono incorporate , assieme all’Armata del Reno, nell’Armata di Germania che aveva quindi circa 174.000 uomini; il penultimo giorno di marzo la denominazione fu cambiata in Grande Armata di Germania. Oltre a queste truppe Napoleone poteva disporre su 68.000 soldati dell’Armata d’Italia, i 10.500 di Marmont in Dalmazia , i 16.000 sassoni di Bernadotte e i 18.000 polacchi di Poniatowski.

 
Napoleone nell’aprile del 1809 poteva mettere in campo contro l’Austria circa 275.000 uomini cioè un totale molto al di sotto dei 400.000 preventivati. Napoleone cercò di compensare certe deficienze che riscontrava nell’addestramento delle truppe a sua disposizione aumentando le assegnazioni di artiglieria sia a livello reggimentale che di corpo d’armata. Scrisse infatti al Ministro della guerra “ Peggiori sono le truppe e maggiore è il numero di cannoni che esse richiedono” . Ma all’inizio delle operazioni mancavano i cannoni essendone disponibili soltanto 311 e soltanto a Wagram la lacuna poté essere colmata in maniera adeguata. Il livello degli ufficiali superiori rimase immutato; Davout, Massena e Oudinot erano vecchi comandanti provati in lunghi anni di servizio e anche alcuni generali comandanti di divisione non potevano essere considerati da meno. Napoleone ancora non voleva lasciare Parigi ben sapendo che la sua presenza oltre il Reno avrebbe senza dubbio dato lo spunto agli austriaci di iniziare l’offensiva. Mentre era preferibile che questo avvenisse più in la nel tempo. Era importante inoltre che l’attacco austriaco sembrasse improvviso e non provocato da mosse francesi. Quindi ordinò a Berthier, nominato comandante ad interim, di non muoversi da Strasburgo e rimanere in stretto contatto con Parigi. Nel frattempo Napoleone iniziò a prendere in esame la strategia da adottare nella campagna ormai imminente. Come nel 1805 egli voleva creare sul Danubio il teatro principale delle operazioni relegando il fronte italiano ad un ruolo secondario. Egli sperava che l’Austria avrebbe perseguito la sua tradizionale strategia di inviare 100.000 uomini nell’Italia settentrionale dove sarebbero state impegnate da Eugenio e Marmont Egli confidava inoltre che in Boemia e in Polonia Bernadotte e Poniatowski avrebbero saputo neutralizzare un buon numero di austriaci. Tutte queste diversioni avrebbero lasciato sul teatro principale , cioè quello danubiano, la Grande Armè con un leggero vantaggio numerico sul nemico. I calcoli si sarebbero dimostrati del tutto errati. . Comunque dopo che le sue truppe avessero respinto gli attacchi iniziali degli austriaci, Napoleone contava di passare all’offensiva e avanzare lungo il Danubio per conquistare sulla via di Vienna il nodo stradale di Passau. Come mossa preliminare intesa a disporre la sua armata nella miglior posizione di partenza sia per compiti offensivi che difensivi ordinò al grosso delle sue unità di dirigersi verso la regione dell’alto Danubio. Davout marciò con 65.000 uomini da Erfurt verso Norimberga per formare l’ala più settentrionale dello schieramento mentre i 20.000 uomini del II corpo furono messi in marcia verso Augusta con i 40.000 uomini di Massena provenienti da Strasburgo per posizionarsi alla sinistra di Oudinot nelle vicinanze di Ulm.
Allo scopo di creare un anello di congiunzione tra le forze dislocate a Norimberga e quelle dislocate ad Augusta, il maresciallo Lefebvre fu inviato avanti sulla linea dell’Isar con 30.000 bavaresi del suo VII corpo mentre una parte della cavalleria di riserva operava dei sondaggi nella direzione di Ratisbona per capire l’ubicazione esatta degli austriaci. Lo spionaggio francese informava che le truppe austriache erano ammassate tra Praga e Vienna e questo avvalorava l’ipotesi che l’attacco austriaco sarebbe stato sferrato a nord del Danubio intorno al 15 aprile. Con questa prospettiva decise di portare le sue forze il più avanti possibile e concentrarle in base all’evolversi della situazione in un punto preciso per controllare la valle del Danubio.Per quanto riguarda la più probabile direttrice d’attacco austriaca Napoleone considerava tre ipotesi; egli prevedeva in primo luogo che Carlo si sarebbe scagliato in forza dalla Boemia in direzione di Bamberga, Norimberga o Ratisbona. Nel caso fosse stata scelta la linea d’attacco settentrionale , Napoleone calcolava che Bernadotte a Dresda sarebbe stata capace di ritardare la loro avanzata mentre l’armata principale francese avrebbe invaso la Boemia per tagliare le comunicazioni austriache con Vienna. Se invece si fossero diretti verso ovest, verso la Franconia cioè verso Norimberga, la Grande Armè sarebbe stata in grado di piombare alle loro spalle tagliando per Ratisbona e Carlo sarebbe caduto nelle braccia del nucleo principale dell’armata francese. Nella terza ipotesi gli austriaci avrebbero potuto dividere le loro forze avanzando contemporaneamente lungo le due sponde del Danubio e anche in questo caso Napoleone era sicuro di poter isolare e annientare una alla volta le due ali nemiche. Nell’insieme quindi la situazione strategica era senza dubbio piuttosto complessa. Queste valutazioni furono trasmesse a Berthier con una lettera datata 30 marzo che includeva anche istruzioni dettagliate per i movimenti delle truppe. Napoleone precisava di voler ammassare tre corpi d’armata nella zona di Ratisbona . Così Napoleone predispose attorno a Ratisbona una nuova versione del suo Bataillon carré in grado di affrontare un attacco preventivo in qualsiasi direzione e di capovolgere ogni situazione a vantaggio delle forze armate francesi.
Vediamo adesso i piani predisposti dagli austriaci. In primo luogo l’arciduca Carlo e il Consiglio Aulico si rifiutarono di fare il giuoco di Napoleone ed inviarono in Italia solo 50.000 uomini delle truppe regolari con in più una forza uguale di Landwher inquadrandoli in due corpi al comando dell’arciduca Giovanni. Un’altra armata di 40.000 uomini fu formata in Galizia sotto Ferdinando con lo scopo di proteggere i possedimenti polacchi dell’impero. I restanti sei corpi di linea e due di riserva, cioè 200.000 uomini e 500 cannoni rimasero disponibili per le operazioni nella valle del Danubio così che Napoleone si trovò a dover affrontare più truppe di quelle preventivate. A proposito dell’uso che Carlo avrebbe voluto fare di questo esercito c’era incertezza. Egli era bloccato dall’idea di un improvviso attacco contro l’Armata del Reno cioè contro Davout nella speranza di distruggerla prima che Napoleone potesse muovere in suo soccorso. Con questo scopo furono ammassati sei corpi tra Praga e il Bohmerwald a nord del Danubio lasciandone solo due al di là della sponda meridionale. Carlo comunque anche senza l’aiuto russo che sembrava per il momento sfumato, restava dell’idea che l’attacco principale doveva essere sferrato partendo dalla Boemia. Era un piano audace ma che più di ogni altro, aveva delle possibilità di portare ad una rapida conclusione della campagna, senza contare che la dislocazione dell’esercito austriaco come era in quel momento, avrebbe reso fattibile un’azione di sorpresa con la conseguente possibilità di isolare, tutto d’un colpo le forze francesi nella Germania settentrionale e di favorire rivolte locali in Sassonia, Assia e Franconia. Ma questo schema aveva anche degli svantaggi perché la natura accidentata del territorio boemo avrebbero reso difficile sfociare direttamente contro lo schieramento francese e Carlo sarebbe rimasto separato sia dal Danubio che dal fratello Giovanni il che avrebbe reso indispensabile la creazione di una terza forza di collegamento. Il Consiglio Aulico pertanto favorì la creazione di un altro piano, secondo questo diverso schema l’attacco principale doveva essere sferrato a sud del Danubio consentendo una miglior sicurezza sia alla base che con le comunicazioni con Vienna. Questo piano aveva comunque degli aspetti negativi come ad esempio il trasferimento di sei corpi d’armata sulla riva meridionale del Danubio e questa manovra avrebbe preso due preziose settimane senza contare che l’area di operazioni era intersecata da molti corsi d’acqua laterali che avrebbero offerto ai francesi buone possibilità difensive. Carlo si batté per la prima alternativa affermando che un deciso attacco in direzione di Ratisbona avrebbe portato a grandi avvenimenti come ad esempio alla defezione di molti alleati tedeschi di Napoleone ma il Consiglio Aulico quando ebbe notizia dell’arrivo di Oudinot e di Massena a Ulm decise di stare sul sicuro inducendo Carlo ad adottare la versione molto rischiosa. Solo il 20 marzo ebbe inizio la nuova manovra al cui svolgimento dovette essere dedicato un mese intero. Nella forma che prese questo attacco diventò una azione condotta su entrambe le sponde del Danubio. Infatti i corpi boemi ( il I e il II dovevano attaccare Ratisbona dalle montagne della Boemia invece che da Cham e allo stesso tempo il centro e la riserva austriaci ( II corpo , IV corpo e del I corpo di riserva) dovevano avanzare sullo stesso obiettivo da Scharding; mentre l’ala sinistra ( V corpo,VI e II di riserva) si sarebbero mossi mossi in direzione di Landshut a difesa del fianco.
 
 
 
LA GUERRA INIZIA SUL DANUBIO
 
 
Contrariamente alle aspettative di Napoleone, gli austriaci sferrarono l’attacco il 9 aprile cioè una settimana prima della data prevista. Non ci fu una dichiarazione formale di guerra e nemmeno la richiesta di ritiro dell’ambasciatore francese , pertanto la sorpresa fu notevole. Alle prime ore del 10 la massa dell’esercito austriaco attraversò il fiume Inn a Braunau in Baviera e le sole divisioni che si trovavano a fronteggiarla furono quelle bavaresi di Lefebvre lontane circa 80 chilometri.. Una volta raggiunta Landshut solo 55 chilometri avrebbero separato l’esercito austriaco dal Danubio a Naustadt e il tempo prevedibile in cui l’esercito austriaco avrebbe raggiunto la località era di circa una settimana. ; ma per fortuna dei francesi gli austriaci non erano ancora così rapidi e a Carlo occorsero sei lunghi giorni per giungere in vista del fiume Isar e delle posizioni avanzate di Lefebvre. Quindi già all’inizio gli austriaci rovinarono il vantaggio acquisito con la sorpresa.Dopo quanto successo l’esercito francese aveva bisogno di ogni ora disponibile per evitare il disastro. Solo il giorno 11 si seppe della mossa austriaca al Q.G. di Berthier.
Analizzando le informazioni che riuscì a raccogliere Berthier dedusse che la concentrazione a Ratisbona era ancora possibile ignorando le disposizioni di Napoleone di concentrarsi sul fiume Lech se il nemico avesse attaccato prima del 15. aprile. In base a ciò Berthier decise di ordinare a Davout di avanzare in direzione di Ratisbona e ordini identici furono inviati a Oudinot e Lefebvre. Soltanto il corpo di Massena doveva rimanere ad Augusta .Berthier era in difficoltà per una situazione che andava ben oltre le sue capacità. La confusione aumentò quando ordini in apparenza contraddittori giunsero da Parigi. Ma presto il flusso di informazioni da e per Parigi si fece insufficiente e gli ordini giungevano in ritardo come pure le informazioni pertanto si generò una improvvisa quanto pericolosa confusione. Così il 14 Berthier ripeté l’ordine a Davout di tornare a Ratisbona e alle divisioni bavaresi di continuare a presidiare le sponde dell’Isar sebbene gli austriaci si stessero avvicinando. Quindi invece di ritirarsi nell’area di concentramento di Danauwort – Augusta, la Grande Armè stava per essere colta completamente sparpagliata con le due ali separate da una distanza di 120 chilometri, con solo una sottile linea di bavaresi al centro. Berthier a questo punto aveva compreso che la situazione gli stava sfuggendo di mano anche se era convinto di operare secondo lo spirito degli ordini imperiali. In una nota scritta alla mezzanotte del 16 tentò di scaricare la responsabilità della crescente confusione sulle spalle di Napoleone: “ Nella presente situazione io desidero particolarmente l’arrivo di vostra Maestà così da poter evitare gli ordini e contrordini che sia le circostanze che le direttive ed istruzioni di Vostra Maestà necessariamente richiedono”. Nel frattempo i comandanti di corpo e le stesse truppe marciavano e rimarcavano senza comprendere cosa si volesse da loro. Davout avrebbe saputo il da farsi ma decise, per non aggiungere altra confusione, di obbedire agli ordini e così per due giorni regnò la confusione più assoluta. Lasciando Parigi il giorno 13 Napoleone si avviò in carrozza verso la frontiera ; il 15 attraversò il Reno e il giorno 17 arrivò all’alba a Donauworth; l’imperatore era arrivato appena in tempo! Il giorno precedente nelle vicinanze di Landshut si era avuto il primo scontro tra i bavaresi e l’avanguardia austriaca.

Il risultato fu di scarsa importanza dal punto di vista militare, ma i bavaresi furono costretti ad indietreggiare e nel pomeriggio gli austriaci avevano trovato un buon guado sull’Isar. Adesso nessun ostacolo naturale si frapponeva tra gli austriaci e il Danubio; solo poche truppe e gli austriaci erano ormai in vista dell’importantissima “ posizione centrale”. Alle 10 del mattino aveva saputo con certezza che Davout era ancora in possesso di Ratisbona e che le divisioni di Lefebvre si trovavano in piena ritirata inseguite dall’avanguardia austriaca. Dando uno sguardo alle sue carte Napoleone comprese subito la gravità del pericolo che già minacciava la Grande Armè.

Molte cose dipendevano dalla dislocazione delle rimanenti forze nemiche ma era chiara una cosa: bisognava riunire le forze francesi senza perdere ulteriore tempo perché Davout si trovava troppo lontano dal fiume Lech e quindi era meglio raggrupparsi nella zona di Igolstadt e Geisenfeld quasi a mezza strada da Ratisbona. Era inevitabile che Davout si ritirasse ma almeno i bavaresi di Lefebvre avrebbero potuto dare un poca di copertura a questo ripiegamento e trattenere l’avanzata austriaca. Nel frattempo l’Arciduca Carlo si stava congratulando con se stesso per il favorevole inizio della campagna. Per cui decise di guidare personalmente 5 corpi verso il Danubio per attraversarlo a Kelheim. Il suo scopo era ancora quello di isolare e distruggere Davout perché era certo che di fronte all’azione dei corpi boemi, il III corpo francese non avrebbe avuto altra scelta che ritirarsi verso il fiume. Carlo decise quindi per evitare che Davout gli sfuggisse, di attaccare subito da due direzioni: Kollowrath dal nord e lui dal sud in modo che Davout e Lefebvre restassero chiusi nella morsa e distrutti.

 
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-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
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