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I Carabinieri Schiavoni
(3 voti)
Écrit par Millo Bozzolan   
Il dipinto che vedete riproduce la divisa di un fiero “carabiniero” veneto-dalmata. Autore è il Gravenbroch che ci ha lasciato una serie di acquerelli dedicati a personaggi e figure tipiche della Venezia di metà 700. L’intera sua opera è stata recentemente ripubblicata dall’editore De Filippi. Forse è l’immagine più conosciuta di questo illustratore, certamente apprezzata da quanti, come me, sono interessati alle uniforni dell’esercito veneziano, anche perché ben poco ci è pervenuto.
Vediamo degli abiti molto pittoreschi: Stivaletti in pelle nera, un pantalone di foggia “turchesca” in uso però anche alle popolazioni balcaniche che certamente subirono nel costume, l’influsso del minaccioso vicino. Sopra il pantalone un giubbetto senza maniche, aperto sul davanti solo nella parte superiore; sotto un camicione con ampie maniche .
Il “bereton” è quello classico degli schiavoni, all’epoca di pelliccia d’orso; Subito dopo, diventò di pelle nera (più economica e facile da reperire). Fuoriesce sulla cima il cappuccio di stoffa rossa, che pende da un lato e che partiva dalla base del berretto. E’ arricchito dallo stemma gentilizio dei Morosini (probabilmente in argento), quindi sappiamo che questo soldato era destinato alla scorta di un componente di questa famiglia che ricopriva qualche importante carica pubblica. Due piume, una grigia e una rossa adornavano il cimiero. Su di una spalla è poggiato il mantello rosso, in uso a tutti gli schiavoni, che non portavano  il cappotto in dotazione alle altre truppe. Un acquerello nelle carte Bubich, nel 1796, riproduce un fante di questo reggimento schiavone, che indossa le due ultime divise: il fucile è privo del cinturino, era superfluo, dato che indossando il mantello era impossibile portare l’arma a tracolla. Ho dedotto che anche per questi oltremarini il mantello fosse di uso comune, come è del resto visibile in tutti i disegni che hanno per tema i soldati delle craine o in genere dei panduri, fossero essi inquadrati sotto Venezia, o sotto l’Austria Ungheria. Fate una rapida ricerca in internet sotto la voce “pandur” e mi darete ragione, non solo, troverete anche la stessa divisa indossata dal carabiniere veneto in questione.
Era quindi un costume nazionale a tutti gli effetti, e ve ne illustro un esempio qua sotto: è una stampa  che riproduce dei panduri al servizio dell’Austria.
 

Noterete anche il mantello rosso, universalmente usato dalle truppe schiavone.
Anche l’armamento del nostro “carabiniero” è quello tipico di questi popoli guerrieri. Il fucile è di foggia balcanica, col calcio molto ricurvo, la spada è una sciabola di forma “turchesca” anche essa, ma oltre a ciò, troviamo in aggiunta, in vita, il tipico pugnale con il manico in osso, molto lungo, affiancato a una pistola, il tutto portato grazie ad un particolare cinturone (che sono riuscito a riprodurre, grazie ad un bel disegno pescato in un libro edito di recente in Croazia), ricoperto dalla fusciacca di seta gialla. Come se non bastasse tanto armamentario, due corte pistolette fuoriescono da un taschino.
Il personaggio era addetto alla scorta, e a volte poteva essere necessario o bastevole, l’uso di un vero e proprio sfollagente, di legno lavorato, che vediamo pendere dalla mano sinistra, per allontanare i male intenzionati .
Sulla destra una piccola borsa per gli accessori per la pulizia delle armi e per lo sparo, mentre sul fianco sinistro pende una “sabretache” piatta, di pelle nera, sempre con lo stemma gentilizio, per il trasporto di carte o documenti inerenti ai compiti svolti dallo schiavone. Tale tascone era in dotazione anche agli oltremarini dipinti in un quadro del Carnevarjis del primo 700, anche essi “guardie d’onore” di un importante personaggio, dipinto da me studiato nell’ambito della mostra dedicata al Canaletto a Treviso.
La prima volta che mi imbattei in questo “carabiniero”, fu grazie al volume “Uniformi militari italiane del 700” di Brandani, Crociani e Fiorentino, uscito alla metà degli anni 70. Gli autori ne facevano un esempio del gusto eccentrico per le uniformi fuori ordinanza, e citavano in proposito un decreto del governo veneto che voleva reprimere l’uso di adornare con cordoni e altri ornamenti le uniformi dei carabinieri assegnati alle scorte. In realtà avevano preso l’esempio sbagliato, secondo me, poiché quella riprodotta era la divisa nazionale“d’ordinanza” della truppa schiavona addetta a quel compito, che non aveva in dotazione la più modesta divisa cremisi di cui abbiamo un esempio nelle carte Bubich. A questi soldati scelti, veniva evidentemente concesso il privilegio di indossare il loro costume nazionale.
Che altro aggiungere? Questa uniforme credo sopravvisse quasi intatta, tranne forse nel tipo di pellame usato per il “bereton” , fino all’invasione della nostra Repubblica. Abbiamo una testimonianza di quegli ultimi giorni, in cui si descrivono le truppe schiavone arruolate in tutta fretta, sfilare per il Lido, a cui era stato concesso di mantenere il loro costune. Essi brandendo le armi , gridavano ingiurie contro i francesi, aggiungendo di tanto in tanto: “Li mazaremo, li coparemo tutti!”. Peccato che questa possibilità non gli sia stata concessa, “dall’Illustrissimo Prencipe” a cui erano tanto devoti.

Marinarezza di Cattaro con pantaloni a sbuffo, ripresa a Venezia. A fianco si intravvede un “carabiniero” nato per l’impegno del prof. Paolo Borsetto.

L’autore della nota col tipico cinturone  balcanico in vita, in pelle naturale. La divisa è una delle due ultime indossate dalla truppa schiavona, illustrata nelle carte Bubich dell’archivio di Venezia. Gli alamari del Bubich erano gialli.