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Carri armati tedeschi e italiani nella II^GM - V^ Parte
(3 voti)
Écrit par Mario Ragionieri   

Africa Settentrionale situazione da maggio 1942

Esaminiamo ora, come annunciato nel capitolo IV, la situazione in Africa settentrionale e le vicende che condussero alla grande battaglia di El Alamein e poi allo sbarco in Sicilia delle forze alleate; la conseguenza di queste vicende fu, come vedremo, la resa dell’Italia in quel tragico 8 settembre 1943.
Iniziamo il nostro cammino dall’aprile del 1942 quando i rifornimenti italiani attraverso il Mediterraneo, diretti ovviamente in Africa settentrionale, erano stati ingenti. Malta sembrava allo stremo e non era più quella spina nel fianco per i convogli diretti in Africa come lo era stato nei mesi precedenti; anzi gli inglesi si aspettavano proprio lo sbarco delle forze italo-tedesche sull’isola e per questo avevano iniziato e sgomberare i sommergibili e le navi di stanza nella base. Lo sbarco progettato invece fu rimandato per dare la precedenza, come richiesto da Rommel, alle operazioni sul fronte libico per la conquista della piazzaforte di Tobruk fortemente presidiata dagli inglesi.

A maggio gli opposti schieramenti erano strutturati nel modo seguente. Le truppe britanniche erano coperte dal gigantesco campo minato che da Gazala si estendeva nel deserto verso sud-est a Bir Hacheim per una profondità di oltre 50 Km. Gli inglesi avevano impiegato 500.000 mine per creare il formidabile sbarramento; avevano inoltre preparato molti e ben protetti capisaldi all’interno del campo minato e per di più Auchinleck aveva previsto l’impiego di una grossa riserva mobile formata da unità blindate che avrebbe dovuto contrastare le colonne avanzanti di Rommel. Il comandante britannico era infatti convinto che le forze dell’Asse avrebbero aggirato lo schieramento predisposto da sud e aveva visto giusto perché questo è ciò che avvenne. In base a calcoli piuttosto precisi possiamo affermare che le truppe di Rommel avevano alla fine del 1942 560 carri armati di cui 230 italiani; le truppe britanniche invece avevano circa 850 carri. I carri tedeschi erano 50 di tipo leggero, 238 PZIII e 38 PZ IV: i PzIII erano armati tutti con cannone corto da 50mm tranne 19 nella versione J che avevano il 50mmL/60 mentre i PzIV avevano il 75 L/24.

I carri italiani erano del tipo M13 con cannone da 47 mm ma erano arrivati da poco in Africa settentrionale quattro gruppi di semoventi 75/18 su scafo M40. Due gruppi erano andati alla Divisione corazzata Ariete mentre gli altri due dovevano costituire il nerbo della Divisione corazzata Littorio in fase di riorganizzazione. Poco si conosce sull’impiego dei semoventi spesso usati insieme agli M13 come carri armati veri e propri; la bocca da fuoco benché corta si rivelò ottima nell’impiego controcarro potendo sparare i micidiali proiettili EP (effetto pronto? o forse la vera dicitura era effetto perforante). Gli EP erano granate a carica cava che alle corte e medie distanze perforavano facilmente le corazze anche di carri più grossi e contribuirono molto ai successi altrimenti inspiegabili della Divisione corazzata Ariete che aveva in organico solo fino a quel momento i poco efficienti M13.


Carri M13


Gli inglesi disponevano di carri americani Grant molto protetti con un pezzo da 75 mm in casamatta e uno da 37 mm in torretta. Il cannone da 75 anche se in posizione infelice trovandosi sul lato destro del carro, aveva una buona capacità perforante e a 900 metri era considerato micidiale per tutti i carri italo-tedeschi. I 167 carri Grant in combattimento avrebbero avuto assai probabilmente la meglio su qualsiasi carro avversario.
Il 26 maggio alle 14 l’artiglieria italiana agli ordini del generale Cruwell iniziò il tiro lungo la costa e subito dopo i mezzi corazzati e motorizzati italo–tedeschi si lanciarono verso gli avamposti inglesi occupandoli. Le truppe britanniche si ritirarono sui capisaldi principali aspettando l’urto delle forze nemiche. I britannici individuarono che c’erano in movimento carri della 15° e 21° divisione tedesca e i carri dell’Ariete e della divisione motorizzata Trieste e di fanteria Brescia oltre alla 90° divisione leggera; alle spalle di questi mezzi una enorme colonna di polvere annunciava l’arrivo del grosso delle truppe.
In realtà questa manovra era solo una finta; Rommel aveva stabilito di aggirare lo sbarramento minato britannico passando da sud. L’attacco scatenato lungo la costa doveva essere solo un diversivo per trarre in inganno gli inglesi. Infatti anche se nell’attacco erano rappresentate quasi tutte le divisioni corazzate i mezzi impiegati erano pochi rispetto all’organico posseduto dagli italo-tedeschi e il polverone era causato da alcuni camion su cui erano stati montati motori di aereo che con le eliche creavano quella immensa coltre di polvere. Le divisioni sopra citate si stavano invece concentrando a sud e in serata venivano raggiunte anche dai reparti che avevano inscenato l’azione dimostrativa. Alle 20,30 Rommel dava l’ordine di attacco e la grande colonna italo-tedesca, composta da quasi 10.000 veicoli si mise in movimento. Il primo reparto ad entrare in azione fu l’VIII Battaglione della Divisione Ariete con 40 carri tra M13 e Semoventi da 75/18; a causa del fitto fuoco di sbarramento ne perse la metà in pochi minuti ma travolse lo stesso la posizione tenuta dagli indiani.


La manovra ad uncino di Rommel

Durante la notte le colonne moto-corazzate di Rommel avevano superato Bir Hacheim oltrepassandolo 15 Km a sud e iniziando a convergere verso nord. Rommel voleva entrare da sud nella zona di Gazala dove gli inglesi erano impegnati contro le divisioni italiane di fanteria, prendere alle spalle le divisioni inglesi e distruggerle riprendendo subito dopo la marcia su Tobruk. La sorpresa in realtà non riuscì perché Auchinleck si aspettava la manovra ad “Uncino” di Rommel e non solo i tedeschi finirono dritti contro la 4° brigata corazzata inglese formata da carri Grant che inflissero pesanti perdite ai carri tedeschi; intervennero i pezzi da 88/56 e respinsero gli inglesi che reiterarono nella giornata i tentativi ma senza successo. L’88 faceva veramente la differenza.
Rommel non aveva perso la fiducia perché si era accorto che il comandante inglese Ritchie usava le forze in modo disorganico e separatamente invece di concentrare l’attacco in un punto. Tre giorni dopo l’inizio dell’attacco la situazione degli italo-tedeschi era migliorata anche perché gli italiani avevano aperto un varco nei campi minati attraverso la quale penetrò la Divisione motorizzata Trieste e le unità del DAK ricevettero i rifornimenti necessari per proseguire l’offensiva.


Cannone 88/56


Gli inglesi concentrarono i loro attacchi contro la Divisione corazzata Ariete ritenendola molto più debole di quelle tedesche ma si sbagliavano; l’Ariete respinse gli attacchi infliggendo rilevanti perdite al nemico. Il momento peggiore venne il 5 giugno quando questa divisione fu sottoposta ad attacchi violenti da parte di due brigate di fanteria inglese e da due corazzate; combattendo furiosamente l’Ariete indietreggiò fino al retrostante sbarramento di artiglieria italo-tedesca che riuscì ad infliggere pesanti perdite agli inglesi costringendoli e ritirarsi ed a lasciare sul terreno 57 carri. Con massicci attacchi di Stukas i tedeschi ebbero ragione della resistenza del caposaldo di Bir Hacheim tenuto dai francesi pur subendo perdite elevate (nel solo giorno del 9 giugno furono abbattuti 40 Stukas). Il 12 giugno il grosso dei carri britannici si batté disperatamente contro l’Ariete e la Trieste che li sospingevano verso nord; la battaglia terminò con l’arrivo della 21° Panzerdivision che dette il colpo di grazia agli inglesi che lasciarono sul terreno 120 carri. Rommel a questo punto riunì le forze corazzate tedesche e puntò deciso verso nord per raggiungere la costa; l’Ariete e la Trieste restavano di copertura ai fianchi. Il 15 giugno la resistenza britannica si infranse e Rommel raggiunse la costa mentre la 90° leggera da Acroma iniziò a saggiare il terreno antistante Tobruk; Acroma era a venti Km da Tobruk. La guarnigione di Tobruk comandata dal generale sudafricano Koppler comprendeva 35.000 uomini di cui circa 10.000 addetti al porto ed ai servizi, 61 carri per l’appoggio della fanteria, 5 reggimenti di artiglieria e 70 cannoni controcarro. Presso l’alto comando inglese si pensava che Tobruk avrebbe potuto resistere all’attacco di Rommel.

TOBRUK
La resistenza inglese era invece diventata molto debole e i carri italo-tedeschi continuavano a combattere senza sosta le ultime resistenze intorno a Tobruk. La sera del 19 giugno mentre Tobruk veniva circondata e isolata, entrava in azione una nuova divisione corazzata italiana la Littorio anche se a ranghi ridotti infatti disponeva di 36 M13 e di una batteria con 4 cannoni trainati da 75 mm. Nel frattempo alle ore 6 di mattina del 20 giugno i guastatori italiani aprivano un varco nel campo minato nel settore sud-est dopo un violento bombardamento di artiglieria e l’attacco concomitante degli Stukas. Attraverso il varco irrompevano elementi della 15° e 21° divisione corazzata tedesca, dell’Ariete e della Trieste; i combattimenti divennero accaniti ma gli italo-tedeschi continuarono ad avanzare. La situazione di Tobruk divenne disperata e il 22 giugno si arrese suscitando una grande impressione sia negli Stati Uniti sia in Inghilterra. Il bottino dei vincitori fu ingente: caddero nelle mani dei vincitori 10 milioni di litri di benzina e trenta carri di tipo Matilda e Valentie perfettamente funzionanti; il bilancio finale delle operazioni in Marmarica comunicato da Rommel era di 45.000 prigionieri inglesi, 1000 carri armati e 400 cannoni distrutti o catturati. Rommel adesso pensava a come proseguire rapidamente le operazioni con obiettivo l’Egitto.

Breve cenno ai carri armati Italiani
Una piccola discussione sui carri armati italiani è necessaria anche se questi mezzi meriterebbero il silenzio per la loro scarsa efficacia ed inadeguatezza; comunque visto i tanti scontri che ci furono e purtroppo i tanti carristi morti per la inaffidabilità di questi mezzi dirò due parole.


Carro M13/40


Che questi carri fossero inadeguati lo sapevamo da sempre anche prima di cominciare le ostilità; del resto era un male comune a tutti i paesi visto che anche la Germania come la Francia e come la Russia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti o il Giappone non avessero molto di meglio (per la Russia Kw1 e T34 a parte ma erano pochi all’inizio). Ma tutti i paesi a guerra iniziata si impegnarono a fondo a fare del loro meglio per costruire carri nuovi ed efficienti; ci riuscirono quasi tutti i paesi ed in particolare Russia e Germania. Solo l’Italia non fece niente o quasi per migliorarli pur sapendo che genere di mezzi aveva a disposizione. Si, furono modificati, nel 1943 fu messo un cannone da 47 lungo, si costruirono dei semoventi abbastanza buoni per combattere la supremazia degli inglesi che certo non erano cime in fatto di carri ma non si costruirono carri moderni. Solo nel 1943 con il P40 si accenna tardivamente ad un carro un poco migliore; ne furono prodotti pochi e finirono tutti o quasi in mano ai tedeschi. Si resta sbalorditi da una cosa: i tedeschi in almeno tre occasioni offrirono la loro collaborazione, vista la mediocrità dei nostri mezzi, per costruire nelle fabbriche italiane il PzIII e il Pz IV e quindi dotare le nostre divisioni con questi mezzi abbandonando la costruzione degli M13-14 o usare i loro scafi solo per farci dei caccia carri (ricordiamo il caccia carri con il cannone da 90 mm).


Carro M14


A queste proposte serie fatte nel 1941 e nel 1942 l’Italia rispose sempre di no adducendo i motivi più assurdi (forse anche una questione di orgoglio nazionale inutile visto lo stato negativo della guerra). Proprio per questo motivo stendo un velo di pietà sull’argomento e credo che comprendiate, lettori attentissimi, le ragioni. Anche qui abbiamo perso un treno importante avendo un alleato, la Germania, che produceva ottimi carri che erano in continua evoluzione. Mi domando la testa dove era! Troverete ampi riscontri in questo leggendo il mio libro "8 settembre 43 – Fine di un sogno di gloria". Sta di fatto che nonostante l’abnegazione dei nostri carristi era impossibile combattere con mezzi simili nel 1942, alla vigilia di una battaglia importantissima (El Alamein) una guerra che modernizzava in continuazione i propri mezzi per adeguarli al combattimento. Mi fermo qui e lascio a voi le considerazioni! Chi erano i nostri responsabili, chi erano i nostri generali preposti allo studio degli armamenti…. Non si capisce bene cosa fossero; incompetenti di sicuro! Voglio ancora ricordare un fatto ma siamo già nel 1943: la divisione Ariete distrutta in Africa fu ricostruita con il nome di Ariete II e indovinate che carri aveva? Siamo nel 1943! Più o meno gli stessi della battaglia di El Alamein. Solo la 1° Divisione Corazzata Legionaria Centauro (oppure Divisione corazzata CC.NN. M), di nuova costituzione, aveva ricevuto in dono da Hitler personalmente alcuni carri di fabbricazione tedesca, (in tutto 36 carri: 12 del tipo PzIII Ausf N, 12 del tipo PzIV Ausf G e 12 Sturmgeschutz III; dovevano essere di più sicuramente tanti da formare un battaglione carri). Questa divisione della Milizia (M), la cui costituzione era stata suggerita da Hitler a Mussolini, era in formazione e addestramento all’epoca della caduta del fascismo (25 luglio 1943) e non è mai stata operativa perché incompleta e infida per il governo Badoglio a causa della presenza di molti elementi fascisti. Divenne divisione Centauro II e incorporata nell’esercito italiano; si trovava vicino a Roma durante le giornate dell’8 settembre 1943 e non intervenne in nessun combattimento; fu smantellata dai tedeschi che si ripresero i carri armati

EL ALAMEIN
Dopo il disastro di Tobruk gli americani si impegnarono immediatamente a fornire agli inglesi tutto quanto era nelle loro possibilità per difendere l’Egitto e fermare gli italo-tedeschi; furono assegnati 300 carri armati del tipo M4 e M4A1 armati con cannone da 75 mm L 40 e 2 mitragliatrici da 7,62. La principale differenza tra lo M4 e lo M4A1 è che il primo aveva lo scafo saldato e il secondo lo aveva fuso, cioè presentava spigoli smussati; in entrambi la torretta invece era in fusione. L’invio di questi carri fu veramente provvidenziale.
All’indomani della caduta di Tobruk Rommel aveva capito che doveva sfruttare il momento favorevole per avanzare e travolgere gli inglesi. Pose come obiettivo immediato il campo di Sidi El Barrani in territorio egiziano; da Tobruk alla frontiera egiziana gli inglesi si stavano ritirando velocemente e Ritchie, comandante dell’8° Armata, aveva dato ordine di riorganizzare la difesa alla frontiera, qui dovevano essere riadattati i capisaldi, rimessi in opera i reticolati e resi di nuovo impraticabili i campi minati. Ma una visita di Auchinleck a Marsa Matruh lo convinse a cambiare idea; le trincee erano piene di sabbia, i bunker cadevano a pezzi e gli stessi reticolati erano strappati e interrati la dove avevano transitato migliaia di veicoli. Fu presa la decisione quindi di stabilire una linea difensiva meglio organizzata nella successiva località di El Alamein a circa un centinaio di Km. da Alessandria e nel frattempo cercare di contrastare l’avanzata di Rommel con le poche forze raccolte, a Marsa Matruh.
Auchinleck si era anche reso conto che Ritchie non era in grado di gestire la nuova situazione e i tedeschi dovevano assolutamente essere fermati per evitare che dilagassero in Egitto fino al Canale di Suez. Pertanto decise di assumere egli stesso il comando della 8° Armata e di affrontare Rommel con molta più energia del suo predecessore.

Auchinleck non sapeva che una decisione di enorme importanza strategica era stata assunta in quei giorni anche dai suoi avversari; secondo gli accordi precedenti di Rommel con il suo capo Kesselring, e con il comandante in capo italiano Cavallero, caduta Tobruk l’avanzata dell’Asse si sarebbe dovuta arrestare alla frontiere egiziana. Kesselring aveva autorizzato Rommel ad arrivare al massimo fino al passo dell’Halfaya, poco all’interno del territorio egiziano stabilizzando il fronte e creando una linea sicura di rifornimenti che gli avrebbe permesso di controllare le puntate offensive inglesi. Nel frattempo Kesselring avrebbe ritirato dalla Tripolitania e dalla Cirenaica quasi tutte le forze aeree per dare inizio al più tardi entro la seconda metà di agosto alla Esigenza C.3, cioè alla invasione di Malta. Hitler e Mussolini su questo punto erano già d’accordo: eliminata Malta la flotta inglese nel Mediterraneo avrebbe dovuto ritirarsi e i rifornimenti verso la Libia sarebbero stati effettuati con molta più tranquillità. Terminata questa operazione l’Asse avrebbe pensato a concentrare di nuovo le truppe fresche con equipaggiamento nuovo per affrontare il balzo finale in direzione di Suez. Alla fine di Giugno però Rommel non era più d’accordo nel seguire questa strategia; vedeva gli inglesi fuggire dinanzi alle sue truppe e sapeva dalla ricognizione aerea che colonne di automezzi inglesi si ritiravano verso il delta del Nilo e aveva la consapevolezza di aver distrutto le forze corazzate nemiche quindi perché non proseguire? Con queste argomentazioni riuscì a convincere Hitler e Mussolini e ottenne che l’operazione contro Malta fosse annullata. Fu un errore gravissimo e rese più che giustificate le critiche mossegli in seguito e cioè di essere un ottimo tattico ma un pessimo stratega. Il 25 giugno oltrepassata la frontiera egiziana Rommel si accinse ad investire Marsa Matruh dove un affannato Auchinleck era riuscito a racimolare delle forze tra cui la 2° Divisione neozelandese, completa negli organici e ben equipaggiata e la 1° Divisione corazzata con 159 carri di cui 60 Grant.

Marsa Matruh

Le forze dell’Asse erano costituite dalle tre divisioni tedesche 15°, 21° e 90° leggera e dal corpo Motocorazzato italiano composto dall’Ariete e dalla Trieste. Alle spalle dei tedeschi si trovava la Littorio e più a nord il XXI Corpo d’Armata italiano composto solo da divisioni di fanteria. Rommel voleva forzare le difese inglesi al centro e spingersi in profondità, quindi eseguire una doppia manovra aggirante verso Marsa Matruh a nord e verso Minqar Qaim a sud prendendo così gli inglesi alle spalle e distruggerli. Rommel si affidò alle due divisioni (21° 90°) che disponevano solo di 60 carri e 2500 uomini. Gli inglesi non sapevano che Rommel fosse così debole mentre i tedeschi non sapevano che gli inglesi disponessero di 159 carri armati. Purtroppo ognuno di contendenti si comportò in base a quello che supponeva e non in base alle reali situazioni. Rommel entrò in azione il 26 giugno spazzando via gli inglesi dei due raggruppamenti tattici e poi iniziò la manovra aggirante. I Neozelandesi trovatisi accerchiati da un velo di carri tedeschi e non vedendo la 1° divisione britannica intervenire, spezzarono l’accerchiamento con una carica vera e propria di automezzi. La differenza era che Auchinleck pensava di dirigere le operazioni dal Cairo mentre Rommel con il suo mezzo era sempre sulla linea del fronte e così anche questa volta riuscì a spuntarla.
A nord la 90° leggera aveva accerchiato il 10° Corpo d’armata britannico; vi furono intensi combattimenti nella notte del 28 giugno quando le forze di Rommel si concentrarono a nord ma anche con queste forze gli italo-tedeschi non riuscirono ad impedire la fuga dei britannici che con la 1° divisione corazzata tentarono di aprirsi un varco nella morsa scontrandosi con quello che restava della divisione Ariete rimasta con 10 carri, 15 cannoni e 600 bersaglieri e la Trieste con quattro carri, 24 cannoni e 1500 fanti. Gli inglesi riuscirono a ritirarsi nonostante il successivo scontro con la 15° Divisione tedesca. Le truppe di Rommel il 29 occuparono Marsa Matruh e il bottino catturato agli inglesi fu di nuovo ingente, tra l’altro caddero in mano alle truppe dell’Asse 24.000 automezzi che riequipaggiarono completamente le forze italo-tedesche. Nella notte del 30 giugno i carri inglesi si ritiravano oltre la linea difensiva di El Alamein dove Auchinleck aveva deciso di stabilire la linea di resistenza concentrandovi tutti i reparti dell’8° Armata.Il sistema difensivo predisposto era costituito da 4 "Box", cioè grossi capisaldi fortificati che si stendevano lungo i 60 Km. di distanza tra Qattara e il mare; il box più grande si trovava ad El Alamein. Fra questi box Auchinleck organizzò dei gruppi tattici di combattimento formati da fanteria autotrasportata e gruppi di cannoni da 94mm. Contro questa linea si scontrò Rommel in quella che è stata definita la prima battaglia di El Alamein (o battaglia di Luglio). Lo scontro iniziò il 1° di luglio e terminò il 27 dello stesso mese con alterne vicende.
Rommel iniziò attaccando con le sole divisioni corazzate senza attendere gli italiani sconfiggendo gli inglesi a Deir el Shein e catturando 2000 prigionieri. Ma ad El Alamein non si ripeté quello che era accaduto a Marsa Matruh,cioè gli inglesi non cedettero posizioni. In primo luogo ora erano a conoscenza delle effettive forze di Rommel il quale non aveva letteralmente più mezzi, in secondo luogo perché quella posizione era stata scelta come ultimo baluardo per la difesa del territorio egiziano.



Quando Rommel iniziò l’attacco disponeva solo di 4400 uomini, 71 cannoni, e 41 carri di cui 14 italiani. Il 17 luglio pur avendo chiesto il rinforzi, aveva soltanto 5000 uomini e le sue quattro divisioni corazzate, (due italiane e due tedesche) non avevano in tutto che 58 carri.
Breve annotazione anche in Africa come sul fronte russo molti carri armati nemici catturati efficienti, venivano riutilizzati immediatamente sia dagli italiani che dai tedeschi che si guardavano bene però da annoverarli nel numero totale di carri a loro disposizione. A questi carri catturati e riutilizzati spesso veniva assegnato un ruolo marginale di appoggio alle fanterie poiché era chiaro che al minimo guasto importante, senza pezzi di ricambio, era necessario abbandonarli Inoltre era fondamentale per i carristi che li usavano, segnalarli sempre con bandiere nazionali messe sopra alle torrette onde evitare attacchi da parte dei propri aerei, quindi in un certo senso questi carri potevano diventare anche pericolosi.
Esauritasi la spinta offensiva tedesca, Auchinleck decise di passare rapidamente al contrattacco con un piano ben preciso: attaccare solo gli italiani sapendoli più deboli. Già il 10 luglio gli australiani appoggiati da carri armati fecero letteralmente a pezzi la debole divisione italiana Sabratha; il 14 gli attacchi inglesi si concentrarono sul X corpo italiano (Ariete, Littorio e Trieste) che fu salvato con un attacco alle spalle degli inglesi condotto dai carri tedeschi. L’Ariete era ridotta agli effettivi di una piccola compagnia. Il 22 luglio Auchinleck annunciò di aver catturati circa 7000 tra italiani e tedeschi. Poi Rommel, visto che disponeva solo di 30 carri e visto che le forze inglesi aumentavano di numero, decise di mollare la presa e di ritirarsi dietro posizioni per riorganizzarsi e predisporre un nuovo piano offensivo.

Ci fu una sosta di qualche settimana e entrambi i contendenti approfittarono di questo per rinforzare i propri schieramenti; nel frattempo al comando della 8° Armata britannica fu posto il generale Montgomery. In realtà non doveva essere Montgomery ad assumere il comando della 8° armata in quanto Churchill aveva scelto il discusso generale Gott molto amato dalle truppe ma destino volle che l’aereo su cui viaggiava Gott fosse costretto ad un atterraggio di fortuna e successivamente, mitragliato da aerei tedeschi, il generale trovò la morte. Così in seconda battuta toccò il comando a Montgomery che lo assunse nella prima quindicina di agosto.
Alcuni definiscono grande Auchinleck in quanto sua fu l’intuizione di fermare le truppe dell’Asse ad El Alamein e sua fu la vittoria in luglio; non tanto per l’esaurita spinta di Rommel quanto per la ritrovata forza britannica. Aggiungo che se naturalmente Rommel in quel momento avesse disposto di forze sufficienti come aveva di fronte a Tobruk, sicuramente le cose sarebbero state molto diverse, ma sappiamo bene che "sui se e sui ma la storia non si fa" e dunque anche nella condotta delle operazioni la incauta spregiudicatezza di Rommel fu determinante per la battuta d’arresto che le forze dell’Asse subirono; non si può attaccare sempre senza avere alle spalle delle riserve e questo un generale dovrebbe saperlo. Purtroppo la voglia di vincere spesso fa cadere tutte quelle precauzioni che dovrebbero invece restare sempre presenti nella mente di un comandante. Abbiamo già visto che le stesse cose accaddero anche sul fronte russo in grande quantità. La differenza tra un Rommel e un Manstein è in questo caso ancora più evidente; il primo tattico e spregiudicato il secondo grande stratega accorto pronto sempre al combattimento intelligente contro il nemico; è di lui infatti il concetto di difesa attiva che predominerà gli anni 1942- 1943 e parte del 1944.


La preparazione dell’offensiva dell’Asse non procedeva come Rommel desiderava e questo in parte era dovuto al fatto che Malta aveva ripreso vitalità e i convogli per la Libia venivano di nuovo attaccati ed affondati. Forse si rendeva conto dell’errore fatto nel non accettare di procedere all’attacco su Malta anteponendo i suoi sogni di gloria alla strategia vera e in questo caso necessaria cioè neutralizzare Malta occupandola come tutti avevano richiesto. Amareggiato chiese al suo superiore Kesselring di essere sostituito nel comando del D.A.K. ma quando seppe che l’offensiva prevista per il 22 agosto e poi rimandata sarebbe stata fatta lo stesso, decise di rimanere ma non aveva più l’entusiasmo che lo aveva accompagnato in questi ultimi mesi. Intanto l’Armata italo –tedesca aveva ricevuto nuovi mezzi e rinforzi ed era stata suddivisa in tre "gruppi di inseguimento":
- Gruppo Bismarck composto dalla 21° Panzerdivision e dal 164° reggimento di fanteria aerotrasportata tedesco giunto in volo da Creta ma mancante di molto dell’armamento anticarro;
- Gruppo Afrikakorps, composto dalla 15° Panzerdivision e dalla 90° Divisione leggera;
- XX Corpo d’Armata italiano composto dalle divisioni corazzate Littorio e Ariete e dalla Divisione motorizzata Trieste.
Nel piano previsto il Gruppo Bismarck doveva puntare su Alessandria, l’altro gruppo tedesco doveva procedere sul Cairo mentre gli italiani avrebbero agito a supporto e a controllo del fianco meridionale.
Rommel disponeva, oltre a numerose autoblindo e carri, armati di mitragliatrici, di 203 Pz III e IV e di 240 carri italiani dei tipi M13 e L6; alcuni Pz III (73) erano del tipo J con il 50 mm L/60 mentre 37 Pz IV erano del tipo con il cannone da 75/L43. Gli inglesi disponevano di tre divisioni corazzate: la 7°, l’8° e la 10° in tutto 935 carri di cui 194 tipo Grant.

La battaglia di ALAM HALFA
L’attacco fu spostato al 26 agosto e poi rimandato al 30 agosto. Rommel dette l’ordine di attacco la sera precedente; disponeva di 515 carri cioè la metà circa di quelli inglesi, inoltre era cosciente che la superiorità aerea italo-tedesca era finita. Fu un Rommel ormai scontato quello che attaccò il 30 agosto e Montgomery lo aveva intuito; il piano era quello di sfondamento della linea e penetrazione a tergo del nemico e di un attacco poi alle spalle dello schieramento inglese. Lo sfondamento fu effettuato nella zona di Qaret el Abd e i tre gruppi avanzarono parallelamente: gruppo Bismarck a nord, italiani al centro, Afrikakorps a sud. Apparve fin dall’inizio che la sorpresa non c’era stata; estesi campi minati rallentavano l’avanzata e i capisaldi britannici combattevano con ostinazione, poi dal fianco destro arrivarono i carri della 7° divisione corazzata britannica. Al termine delle prime 24 ore invece dei previsti 50 Km ne erano stati percorsi solo 15.


Alam Halfa


A questo punto Rommel cambiò piano e impose al gruppo Bismarck e agli italiani di fermarsi per coprire l’Afrikakorps da un eventuale contrattacco da nord e ordinò alle Panzerdivisionen di puntare direttamente su Alam Halfa; ma il costone roccioso che si innalzava di 60 metri sul deserto era presidiato da forze ingenti (300 carri armati e 700 cannoni da campagna e controcarro) Lo scontro durissimo vide i tedeschi perdenti e tra l’altro il comandante del gruppo Afrikakorps, generale Nehring, fu ferito gravemente e sostituito dal colonnello Bayerlein mentre nello stesso tempo il generale von Bismarck veniva ucciso da una granata da mortaio; anche il generale Kleeman comandante della 90° leggera, fu gravemente ferito. Il 3 settembre Rommel dette ordine di sganciarsi dagli inglesi e rientrare nelle linee di partenza; in quattro giorni aveva perduto 2865 uomini, 56 carri, 53 cannoni e qualche centinaio di veicoli vari. Le perdite inglesi erano state inferiori: 1600 uomini 18 cannoni e 68 carri. La battaglia era stata un successo britannico.
Purtroppo la situazione logistica dell’armata italo-tedesca andava peggiorando a causa dell’allungamento eccessivo delle linee di rifornimento e anche perché Malta aveva ripreso vigore e gli attacchi aereonavali contro il naviglio italiano erano di nuovo in pieno svolgimento. Subito dopo la battaglia di Alam Halfa Rommel assai malato aveva chiesto una licenza ed era rientrato in Germania dove aveva ricevuto accoglienze trionfali. Ottenne un colloquio con Hitler nel corso del quale cercò di convincerlo ad inviargli almeno una divisione corazzata nuova e ben equipaggiata per riprendere la lotta in Egitto Hitler promise molte cose ma sembra anche che abbia cercato di assegnargli un incarico di comando in Russia e questo a causa delle inimicizia esistente tra Rommel e Kesselring suo superiore. Rommel comprese dal colloquio che Hitler non aveva la minima idea dell’importanza che rivestiva lo scacchiere mediterraneo impegnato come era nella lotta in Russia. Intanto Montgomery si stava rafforzando di giorno in giorno; al 23 ottobre 1942 disponeva in Egitto di circa 2700 carri armati di cui 1100 alla 8° armata e tra questi c’erano 270 Sherman e 210 Grant. Da parte dell’Asse erano stati fatti veri miracoli per riequipaggiare le malridotte unità; i tedeschi disponevano di 240 veicoli corazzati di cui 173 Pz III e 38 Pz IV il resto era formato da carri leggeri mentre gli italiani circa 280 carri del tipo M13 la maggior parte e M14 e i semoventi 75/18. Troppo tardi per una operazione che avesse speranza di successo queste quantità Rommel le avrebbe dovute avere a fine giugno ma non c’erano.


Adesso con poco più di 500 carri poteva ben poco contro una forza quella inglese almeno doppia; inoltre la maggior parte dei carri dell’Asse non poteva competere con gli Sherman e anche con i Grant. Rommel non disponeva neppure di una quantità apprezzabile di cannoni da 88 ormai leggendari nella distruzione dei carri come pure lo erano i cannoni italiani da 90/53, meno noti ma altrettanto efficaci.

La seconda battaglia di EL ALAMEIN
Gli inglesi passarono all’attacco alle 21,40 del 23 ottobre 1942 con un fuoco di artiglieria intensissimo che durò venti minuti che; mezz’ora dopo i genieri britannici erano al lavoro per aprire varchi nei campi minati. Il piano di Montgomery prevedeva una finta a sud e l’attacco vero e proprio a nord. L’attacco era lineare con la fanteria in testa e subito dietro sarebbero arrivati i carri armati in appoggio ai fanti con il loro fuoco. I tedeschi furono ingannati dalla finta predisposta a sud anche perché l’aviazione dell’Asse non era più in grado di effettuare una sistematica ricognizione aerea sulle posizioni nemiche; inoltre in sostituzione di Rommel che si trovava in Germania, il comando era stato affidato al generale Summe proveniente dal fronte russo, abile e preparato ma con scarse conoscenze della realtà africana e sconosciuto o quasi anche alle proprie truppe. L’attacco inglese fu portato parallelamente almeno nelle fasi iniziali sia a nord che a sud per accrescere la confusione regnante tra gli italo-tedeschi. A nord il fronte era tenuto dalla divisione di fanteria italiana Trento e dalla 164° aerotrasportata tedesca; alle spalle agivano di supporto le due divisioni corazzate 15° e Littorio e ancor più indietro lungo la costa c’erano la divisione Trieste e la 90° leggera. A sud invece erano in linea le divisioni di fanteria Pavia e Brescia con la divisione paracadutisti Folgore, alle loro spalle la 21° e l’Ariete entrambe pronte ad intervenire contro i mezzi corazzati avversari; al centro c’era la divisione di fanteria italiana Bologna. Gli inglesi fecero progressi a nord sia pure sotto un fuoco molto preciso e quindi con perdite elevate; per passare attraverso i campi minati i percorsi erano stretti e quindi i carri inglesi erano facile bersaglio dei cannoni controcarro. A sud l’attacco inglese fu all’inizio contenuto poi le divisioni corazzate dell’Asse passarono al contrattacco e gli inglesi dovettero retrocedere; ma questo non modificava i piani inglesi poiché a nord l’attacco era riuscito e le linee italo-tedesche sfondate pertanto la 7° divisione corazzata britannica fu chiamata a nord per contribuire con il suo peso allo sfondamento definitivo in quel settore. Questa manovra fu denominata “Supercharge”.


Al Alamein


La battaglia infuriava ormai da 24 ore quando Hitler ordinò a Rommel di tornare immediatamente in Africa per riprendere il comando delle forze italo-tedesche. Rommel arrivato in volo via Creta trovò molta confusione: il generale Stumme era disperso (si seppe poi ucciso) e la pressione britannica era diventata insostenibile.In due giorni di aspri combattimenti la 15° Panzerdivision e la Littorio avevano respinto i carri inglesi senza potere però impedire che le posizioni avversarie si consolidassero. Ci fu un momento di stallo durato alcuni giorni ma senza che la lotta si interrompesse. Fu in quel momento che Montgomery decise di dare il via a Supercharge, mentre Rommel, resosi conto delle intenzioni avversarie, richiamava a nord l’Ariete e la 21° Panzerdivision. L’andamento dello scontro era favorevole alle forze britanniche anche se le perdite subite erano assai elevate; erano andati perduti a nord alcune centinaia di carri ma anche la Littorio e la 15° avevano perduto quasi tutti i veicoli. Supercharge avrebbe dato il colpo finale all’Asse; infatti essa iniziò alle 01,15 del 2 novembre preceduta dal fuoco di oltre 350 cannoni e con un concentramento di circa 800 carri in un breve spazio. Di fronte agli inglesi c’erano tra tutte le unità dell’Asse 200 carri circa. Supercharge non andò come era stato previsto perché la resistenza delle forze dell’Asse risultò più tenace di quanto creduto. Le perdite di carri inglesi salirono in modo pauroso e perfino gli M13 caricavano gli Sherman cercando di colpirli alla corona di rotazione.


Alla sera del 2 novembre fu evidente ai comandanti inglesi che alla loro concentrazione di carri Rommel aveva risposto in modo identico concentrando le forze a sua disposizione. Montgomery decise un nuovo cambiamento e cioè spostare le forze a sud in modo da prendere gli avversari ai fianchi. A mezzogiorno del 3 attaccò di nuovo con successo anche se alla sera i carri erano andati quasi tutti perduti; quella notte ci fu un intenso bombardamento con 400 cannoni a cui seguì l’assalto delle fanterie e la mattina del 4 ben 600 carri armati britannici si riversarono sulle posizioni italiane che avevano interrato carri e semoventi. La battaglia era ormai vinta e fu compito del 10° Corpo corazzato britannico eliminare i centri di resistenza dell’Asse che erano molti e causarono ancora perdite notevoli ma Rommel non disponeva di carri e quindi dette l’ordine di sganciarsi dagli inglesi.
Ci furono altri duri scontri per tutto il 5 e il 6 novembre poi il 7 un violento e provvidenziale diluvio trasformò tutto in un pantano e arrestò gli inglesi; il contatto con gli italo-tedeschi fu perduto ma la seconda battaglia di El Alamein era vinta dagli inglesi. Ora dinanzi ai britannici si aprivano le porte della Libia che Rommel privo di carri e di cannoni, di veicoli e di aerei non poteva più difendere. Montgomery aveva conseguito la vittoria finale in Africa.

MARIO RAGIONIERI

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Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001

-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003

-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004

-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Ed.Ibiskos, 2005