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La Campagna di Grecia 1940-1941 - 5^ parte
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Written by Mario Ragionieri   


Il generale Carlo Rossi, Comandante del XXV Corpo d’Armata descrisse al Duce la posizione delle sue truppe e disse che i greci occupavano posizioni dominanti ma che non avevano la forza di attaccare di nuovo. Con il seguito Mussolini si avvicinò alla linea del fronte dove si distingueva bene il rumore dei colpi di mortaio e qualcuno disse ad alta voce ” Ormai i greci temono il nostro mortaio” e Mussolini: “ La guerra è fatta di capovolgimenti di due psicologie” ; poi aggiunse “ Non credete che sarebbe opportuno fare un comunicato per la nostra visita al fronte?” . Cavallero scattò: “Certamente così tutti i soldati verranno a saperlo immediatamente a mezzo radio, e la vostra visita e il vostro elogio saranno per loro il premio più ambito e il migliore incitamento . Anzi se lo credete opportuno farei a tempo debito anche un accenno all’offensiva precisando che a un certo punto prenderete voi stesso il comando”.

Mussolini assistette ad alcune esercitazioni a fuoco e tenne rapporto ai comandanti di grandi unità , visitò ospedali; tutto bello, tutto in ordine. Quando però chiese a un reparto della Lupi di Toscana quando fossero iniziate le esercitazioni a fuoco, la risposta fu che erano iniziate il giorno prima. L’offensiva preannunciata stava per avere inizio e Mussolini si portò vicino all’aeroporto di Devoli ; dal suo alloggio nel posto tattico n° 34 Mussolini uscì alle ore 4 del 9 marzo. Alle sei lasciate le auto Mussolini che ostentava un passo giovanile ed elastico, insieme al gruppo che lo accompagnava, iniziò a salire per la strada che portava all’osservatorio del Komarit; albeggiava e la giornata si preannunciava fredda ma splendente. L’osservatorio era ad una quota di circa 800 metri e dominava la zona della vallata della Desnizza un paesaggio che assomigliava al Carso. Era stato dato l’ordine che anche altri settori se pur estranei all’offensiva fossero attivi con l’artiglieria per ingannare i greci; ma Papagos era informato perché addosso ad un ufficiale italiano fatto prigioniero erano stati trovati documenti relativi all’offensiva.



Furono sparati circa 100.000 colpi di artiglieria in 2 ore. Nel cielo erano attivi molti aerei della aviazione italiana che per l’occasione era stata rafforzata con caccia e bombardieri.. Alle 8,30 l’artiglieria allungò il tiro mentre i bombardieri continuarono a colpire le linee greche soprattutto dove c’erano le postazioni di artiglieria; le prime pattuglie italiane iniziarono ad avvicinarsi alle postazioni greche. All’inizio tutto sembrava andare per il meglio e giungevano al comando notizie di progressi ma dai comunicati si evinceva una impressione che non corrispondeva alla realtà. I nostri reparti erano lentissimi con forti perdite e spesso posizioni appena prese venivano perdute per via di un contrattacco immediato del nemico. L’offensiva non aveva lo slancio necessario perché cozzava contro un muro tenace eretto dai greci e ogni metro veniva preso con la baionetta e la bomba a mano come si usava nella I Guerra Mondiale. La prima ondata di attaccanti era composta da circa 3000 uomini comandati dal generale Giuseppe Gianni della Divisione Cagliari che purtroppo al momento dell’azione era malato e la Cagliari era importante per l’operazione in corso. L’azione intensa dell’artiglieria aveva avuto poco effetto sulle posizioni greche ben nascoste e protette e Mussolini , nonostante l’ottimismo che i generali ostentavano era pessimista; disse infatti a Pricolo che “Quando l’offensiva non riesce dopo due o tre ore non riesce più” . E a sera rientrando scuro in viso a Devoli commentava a proposito di “ Questi generali che si ammalano proprio il giorno dell’offensiva danno molto da pensare. Non vi pare che questi generali dimostrino poco spirito , poco mordente, e soprattutto che non abbiano iniziativa? Vedete Rommel, con una sola divisione ed un gruppo esplorante sta ristabilendo la situazione in Libia” .


Aerosilurante SM79


Il 10 marzo la situazione continuò in modo identico al giorno precedente; pochi guadagni territoriali, continui contrattacchi nemici, notevoli perdite. La divisione Bari posta in riserva fu gradualmente impiegata in combattimento tra la Puglie e la Cagliari per rendere più forte lo schieramento di prima linea. Ma anche queste forze immesse non riuscirono a demolire le posizioni greche perché questi opponevano una caparbia resistenza imperniata su posizioni quasi imprendibili. Unico successo registrato fu quello, nel settore del IV Corpo d’Armata, dagli alpini dell’11° reggimento delle Pusteria che riuscirono a prendere di slancio il Mali Spadarit . Le Puglie fallito l’attacco frontale verso quota 731 aveva iniziato a manovrare per aggirarla, ma anche questa iniziativa era stata respinta dal nemico. Mussolini dall’osservatorio di monte Komarit telefonava a Geloso, Gambara e Mercalli oltre che ai comandanti di divisione e si dava un gran daffare sempre con in volto cupo per l’evolversi della situazione.Con l’11 marzo l’attacco italiano divenne in un certo modo una eroica quanto inutile e sanguinosa routine; nel vano tentativo di aprirsi un varco tra le linee greche , varco che non si riusciva ad aprire. Il 12 Marzo Mussolini era a Elbasan da Pirzio Biroli poi tornò nella zona tenuta dalla XI e diede istruzioni a Geloso: “ Bisogna insistere assolutamente . Dopo quattro giorni non si può cambiare piano operativo. Occorre neutralizzare la quota 1308 del Trebescines e le sue pendici orientali, e poi andare avanti con le colonne attaccanti. Bisogna attaccare domani perché diversamente la truppa comincerà a radicarsi sul terreno , e a credere che l’azione sia finita. I greci debbono essere tenuti tutto il giorno sotto il nostro fuoco. L’antidoto del mortaio è la celerità del movimento. Occorre assolutamente insistere sulle direttive previste dal piano. E’ assolutamente necessaria una vittoria militare per il prestigio dell’esercito italiano entro la fine del mese. Ho sempre fatto di tutto per tenere alto il nome ed il prestigio dell’esercito italiano ma ora è assolutamente necessario sfondare. Ho detto all’eccellenza Guzzoni che mandi qui tutte le munizioni che ci sono in Italia perché l’esercito italiano è qui, la guerra si fa qui, ed è qui che bisogna vincere” . Il colpo di maglio decisivo doveva avvenire il giorno 13 marzo, nel pomeriggio. All’osservatorio del Komarit Mussolini ascoltava Gambara che spiegava: “ La preparazione di artiglieria per l’imminente azione è molto accurata. Fiancheggiamento di fuoco e cortina mobile davanti alle fanterie avanzanti… ( e Mussolini)…..Dite a Negro che lo stimo molto e conto su di lui. Ditegli che più vi è slancio e minori sono le perdite” .


Fanti italiani in trincea


Negro era il nuovo comandante della Bari che sostituiva la Puglie per la conquista di quota 731 ma non riusciva a tenerla definitivamente e i cadaveri cominciavano ad essere tanti. La sera del 13 Mussolini tornò a Devoli mentre nella notte i fanti della Bari conquistavano quota 731 ma erano costretti a lasciarla sommersi da un diluvio di fuoco. Il pomeriggio del 14 un nuovo assalto per prendere quota 731 fallì . Le pendici della montagna su cui si trovava l’osservatorio di Komarit vennero mitragliati da due aerei nemici. Mussolini si comportò in modo rassicurante; entrò nel rifugio per ultimo anche se non vi fu un vero pericolo per lui. Il Duce dopo le speranze dei primi giorni aveva stabilito che la sua offensiva non sarebbe mai riuscita a sfondare le linee nemiche. A Cavallero il Duce fece una domanda molto precisa. Le truppe si sono sacrificate , abbiamo attaccato, ma cosa concluderemo? Era arrivato il momento della verità per tutti; Cavallero rispose che riteneva le nostre unità “ Non idonee a produrre la rottura del fronte del nemico , il quale ha sfruttato il tempo che noi impiegavamo a formare il fronte per fare una sistemazione difensiva molto efficace. Di fronte ad una sistemazione difensiva bene imbastita, con centri di fuoco, occorre una truppa che sappia fare tattica di infiltrazione e che abbia forte inquadramento di ufficiali. Noi non abbiamo queste condizioni e quindi invece di far tattica di infiltrazione agiamo di peso e logoriamo il nemico. Se tra oggi e domani vediamo che si sfonda possiamo continuare l’azione con la massima intensità. Diversamente dobbiamo rinunciare” .
“E allora? aveva ribattuto Mussolini preso dall’angoscia.
“Se non si profila il successo non dobbiamo continuare ad alimentare la lotta bensì, sospenderla” . Considerazioni giuste quelle esposte da Cavallero; ma dovevano essere fatte prima e poi perché aveva deciso di attaccare con il massimo sforzo proprio dove il nemico era più agguerrito?. Le divergenze nell’azione di comando cominciavano ad emergere chiaramente; Gambara voleva fermare tutto, Geloso invece consigliava di insistere nell’azione. Le perdite erano state alte; circa 5000 uomini fuori combattimento nell’VIII Corpo d’Armata, altri 5000 nel XXV , circa 1800 nel IV. Perdite giustificate se si fosse arrivati ad una vittoria, ma in questo caso il tutto aveva prodotto una cosa sola e cioè restare al punto di partenza . Il 15 Marzo il Duce sembrava un poco rasserenato e si gettò di nuovo a capofitto nei colloqui con Cavallero, Gambara e Geloso dai quali emersero nuove direttive e soprattutto l’ordine di insistere nell’azione su Klisura e Trepeleni per eliminare il saliente dello Scindeli.


artiglieria greca


Mussolini si recò nel pomeriggio del 15 a visitare la figlia Edda che prestava servizio come crocerossina sulla nave ospedale Po e mentre il Duce era a Valona, Cavallero Geloso e Gambara si riunirono a Devoli per decidere il da farsi. Il linguaggio era più realistico: “ Non era stata ottenuta alcuna soluzione positiva con le operazioni, le quali, oltre a causarci perdite veramente notevoli, avevano abbassato notevolmente il livello del morale delle nostre truppe” . Realisticamente era inutile insistere nell’azione e imbastire una azione su Coriza era per il momento impensabile dunque immersi nei dubbi i tre generali non approdarono a nulla se non quella di riprendere l’azione su Klisura ma a data da destinarsi. Il 16 marzo furono impartiti gli ordini per sospendere l’offensiva; lo stesso Cavallero in un colloquio con Pirzio Biroli diceva amareggiato” Abbiamo salvato l’Italia dallo sfacelo ed ora la salviamo dalla vergogna”… I soldati italiani si erano battuti bene ma non abbiamo sfondato!…..Il paese reclama che dopo aver fatto il muro si dimostri al mondo che siamo superiori ai greci. …..Ai primi di aprile i tedeschi entreranno in Grecia e il Duce non vuole che sia questo fatto a risolvere il conflitto……Per l’offensiva occorre costituire una massa di truppe alpine” .
Cavallero si guardava da dire chi era veramente il responsabile degli insuccessi italiani e cioè Mussolini anche se intimamente lo pensava. La direttiva n°21 del 19 marzo disponeva che l’XI Armata ripartisse ancora una volta all’attacco il 28 marzo; meno male che il rovesciamento della situazione interna jugoslava cambiò completamente il quadro politico-militare facendo cadere nel nulla lo sconsiderato progetto. Cavallero era un ottimista per sua natura ma come comandante in capo per l’offensiva non ne era uscito bene; nonostante questo con le sue promesse riuscì a conservare la benevolenza di Mussolini fino al gennaio del 1943 anche se non la stima. Per quanto riguarda Mussolini egli restò ancora in Albania per 4 giorni attorniato da gerarchi e generali e conscio soprattutto che era stato ingannato di nuovo. Prima di lasciare l’Albania Mussolini disse ai generali verità scottanti e spiacevoli biasimando le loro ansie per le avanzate e il disinteresse quasi totale per problemi assai più gravi, l’aspetto troppo florido e lo spirito guerriero troppo debole. A Pricolo al suo ritorno a Roma disse “ Sono nauseato di questo ambiente. Non abbiamo progredito di un passo . Mi hanno ingannato fino ad oggi . Disprezzo profondamente tutta questa gente . Stanotte ho inviato un dettagliato rapporto sulla situazione a Sua Maestà” . Con il rientro in Italia di Mussolini iniziò anche il rientro di tutti i gerarchi mobilitati inutilmente per una altrettanto inutile messa in scena del partito in armi pronto a combattere per il paese.



Per i greci e per gli inglesi era già chiaro da febbraio che il fronte ormai si era stabilizzato e che avrebbe subito solo modeste oscillazioni. Papagos aveva saputo ben bilanciare l’afflusso delle nostre truppe con continui spostamenti di forze dalla linea di confine con la Bulgaria che era rimasta praticamente sguarnita. Se le truppe tedesche avessero imbastito una offensiva non avrebbero trovato niente per contrastarle e questo lo sapeva bene Hitler e anche Papagos che dichiarava che il compito dei greci era stato quello di tenere fermi gli italiani e che il tenere sotto controllo i tedeschi adesso toccava agli inglesi poiché i greci non avevano più niente da contrapporre. Gli inglesi si trovavano di fronte ad un dilemma piuttosto difficile da risolvere: abbandonare la Grecia al suo destino oppure impegnarsi a fondo nei Balcani trascurando l’avanzata verso Tripoli in Africa settentrionale? Ci furono incontri ad alto livello tra Eden ministro degli esteri inglese che guidava una delegazione composta anche da militari e i rappresentanti del governo greco, per addivenire ad una soluzione della situazione. Molto dipendeva dall’atteggiamento che Jugoslavia e Turchia avrebbero assunto. La Turchia aveva dichiarato subito che avrebbe difeso solo il suo territorio in caso di attacco.. Nella conferenza con i greci era stato concordato che Wavel avrebbe inviato in Grecia al più presto un corpo di spedizione con 100.000 uomini, 240 pezzi da campagna, 202 cannoni anticarro, 32 cannoni di medio calibro, 192 pezzi antiaerei e 142 carri armati; cioè il I Corpo australandese, la 1° brigata corazzata inglese e una brigata di fanteria polacca; il comando sarebbe stato assunto dal generale Wilson. Il 2 marzo Eden era tornato ad Atene perché gli avvenimenti stavano precipitando; il 1° marzo i tedeschi varcato il Danubio erano entrati in Bulgaria con il pieno accordo dei bulgari che Avevano pure mobilitato il proprio esercito. Eden rimase molto deluso dal fatto che le promesse fatte dai greci di eseguire un ritiro dalla linea Metaxas e dalle posizioni albanesi non era stato neppure iniziato. Quindi in caso di attacco tedesco non esisteva altra difesa che il vuoto assoluto o quasi. Eden convocò ad Atene Wavel che si trovava al Cairo. Fu trovata una soluzione di compromesso che alla luce dei fatti risultò disastrosa; le soluzioni possibili erano tre: invio delle divisioni inglesi sulla linea Metaxas con il dubbio che non sarebbero giunte in tempo; sistemazione a difesa della linea dell’Aliakmon dove sarebbero giunte altre tre divisioni greche costituite usando tutto quanto si poteva racimolare in giro dai reparti di presidio e dalla zona delle Tracia; rinuncia ad apportare qualsiasi aiuto alle truppe greche . L’ultima soluzione , senza dubbio la più giusta urtava contro le tesi di Churchill e di Eden che consideravano un errore politico abbandonare al suo destino la Grecia. Rimaneva la seconda soluzione , un compromesso difficile da realizzare ma l’ostinazione di Papagos ebbe il sopravvento. Nel frattempo l’ “operazione Lustre” , cioè l’invio del corpo di spedizione inglese in Grecia era iniziata e il generale Wilson che doveva guidare l’operazione si trovava già in Grecia sotto falso nome. Intanto si lavorava per ottenere l’adesione della Yugoslavia alla causa inglese ma il 27 marzo in quel paese un colpo di stato depose il reggente e collocò sul trono il re minorenne Pietro II Il colpo di stato aveva un evidente carattere antitedesco e questo i tedeschi non lo potevano tollerare. Il fallimento dell’offensiva di marzo aveva dato un nuovo colpo alle illusioni di Mussolini la scotto subito in Val Desnizza era stato forte. Rientrato a palazzo Venezia aveva dichiarato che voleva trovare a tutti i costi “ i responsabili della pessima figura” che gli avevano fatto fare. Preparò una relazione per il re cercando di giustificare quanto era successo e dichiarando che il morale delle truppe era elevatissimo. Ma su questo punto mentiva sapendo di mentire; infatti le truppe si battevano ma nel complesso il morale non era elevato. Hitler nel frattempo era furibondo per l’improvviso voltafaccia della Jugoslavia e quando ne fu informato il 27 marzo all’inizio credette che fosse uno scherzo, poi avuta conferma della notizia riunì i suoi collaboratori affinché preparassero in tempi brevissimi la “ distruzione della Jugoslavia” come entità militare e come nazione e dispose che i piani contro la Grecia fossero riveduti in base alla nuova situazione. Scrisse in tono amichevole a Mussolini pregandolo di “ non voler iniziare nei prossimi giorni ulteriori operazioni in Albania” per poter permettere di rafforzare la frontiera jugoslavo – albanese e consigliava “ un assoluto silenzio, e che vengano a conoscenza di qualche cosa di ciò solamente quelle personalità che assolutamente ne debbano sapere qualche cosa” . Mussolini rispose il giorno successivo assicurando che era stata sospesa “ l’offensiva il cui inizio era imminente” , e che altre sette divisioni si sarebbero aggiunte alla frontiera alpina orientale, alle sette già sul posto e ai 15.000 uomini della guardia alla frontiera, e che sarebbe stato mantenuto il segreto. Tra il 27 marzo e il 6 aprile i generali tedeschi predisposero l’operazione contro la Jugoslavia coordinandola alla “ operazione Marita” contro la Grecia. Già il 27 marzo Guzzoni aveva comunicato a Cavallero di sospendere ogni offensiva e di “provvedere in modo adeguato alla protezione dei confini con la Jugoslavia mediante opportuni spostamenti di forze, particolarmente con quelle non costituenti organicamente divisioni di fanteria “.


Bersaglieri e carri L3


Il 29 marzo Mussolini diede a Cavallero le sue personali direttive: ” E’ chiaro che entrando in guerra contro l’Asse e quindi unendo le sue forze militari alla Grecia , la Jugoslavia tenterà di attaccarci alle spalle e di fianco. E’ quindi urgentemente necessario di preparare la nostra difesa e di resistere per il tempo occorrente alla Germania la quale attaccherà da est per congiungersi a noi.Tale periodo si calcola in 10 15 giorni.Mentre vi mando d’urgenza la Messina vi propongo di togliere dal fronte sud due divisioni onde portare a sei quelle schierate al fronte nord in aggiunta agli elementi non indivisionati, che aumenterete se possibile. La misura è delicata ma necessaria. Il fronte più forte deve aiutare quello più debole e nella attuale situazione più minacciato. Bisogna soprattutto che gli uomini dal primo all’ultimo siano veramente decisi a resistere ad oltranza , cioè fino a quando il concorso germanico risolverà la situazione.” Guzzoni e Mussolini si erano convinti che era necessario abbandonare Scutari onde avere una migliore linea difensiva; ma Cavallero anche se inizialmente aveva aderito a queste direttive, comprese che l’esercito italiano non poteva ripiegare ancora una volta e decise di tenere le posizioni Scutari compresa. “ le ricognizioni da me effettuate rafforzano il mio fermo proposito di tenere anche Scutari” . Di conseguenza disse che “ Prendiamo misure varie con l’obiettivo di non mollare Scutari. Ciò perché io ritengo necessario per l’onore dell’esercito che mentre i tedeschi stanno per entrare in Uskub noi non concediamo ai serbi un nome: Scutari” . I fatti dettero ragione all’operato di Cavallero. L’esercito jugoslavo intanto veniva stritolato dai tedeschi e dalla II Armata italiana del generale Ambrosio, avanzante dal nord. Sul fronte sud intanto i greci erano sempre aggressivi sul saliente di Tepeleni e due giorni prima dell’invasione tedesca si batterono in durissimi combattimenti con gli alpini del 5° nel settore della IX Armata.
Hitler aveva inviato a Mussolini un messaggio che Mussolini aveva trasmesso subito a Cavallero; in questo messaggio si definiva come “ prima condizione di successo” , la resistenza delle truppe italiane in Albania.
Del corpo di spedizione britannico in Grecia sbarcarono solo tre grandi unità: la 1° brigata corazzata inglese, la 2° divisione neozelandese e la 6° divisione australiana; tra il 21 marzo e il 2 aprile la brigata corazzata e la divisione neozelandese si piazzarono sulle posizioni dell’Aliakmon appena in tempo per poter combattere. Gli altri reparti britannici erano appena sbarcati o addirittura ancora in mere quando i tedeschi iniziarono l’attacco. Gli storici inglesi hanno descritto in modo sprezzante la consistenza delle truppe greche messe a disposizione del generale Wilson. Erano i resti dello sforzo di mobilitazione greco, truppe fatte arrivare in fretta da altri presidi della Grecia e con scarso addestramento al combattimento. Wilson sgomento alla vista di tanta miseria dei soldati greci decise di metterli nelle posizioni di montagna e invece sistemo le artiglierie e le fanterie nelle gole e nelle pianure compresi i carri armati.


Inglesi e paracadutisti tedeschi a Creta


Le forze tedesche della XII Armata del feldmaresciallo List destinate all’invasione della Grecia erano composte da 5 panzerdivisione, 2 motorizzate e tre leggere e da montagna, 3 reggimenti SS; il rapporto di carri armati era di 176 per gli anglo- greci e 1907 per i tedeschi.; una disparità di forze abissale per la capacità di penetrazione delle forze tedesche più che per la loro consistenza numerica . I carri inglesi A9, A10, A 13, non erano confrontabili con i carri tedeschi ; “ Avevano corazze inadeguate, poche armi, e una lentissima mobilità sul terreno pesante che era prevedibile trovare alla fine dell’inverno” . Papagos contava molto sulle forze Jugoslave che riteneva poderose e tali da arrecare problemi ai tedeschi ma si sbagliava; la resistenza che gli jugoslavi opposero ai tedeschi e agli italiani , a cui si aggiunsero poi gli ungheresi, durò in tutto 12 giorni. Il sottocapo di stato maggiore iugoslavo Janovitz e Papagos si accordarono rapidamente per una offensiva a fondo contro gli italiani in Albania e Wilson assisteva al colloquio sconcertato. Cavallero e Guzzoni sbagliavano nel ritenere pericolosa la minaccia Jugoslava ma erano in errore anche Papagos e Janovitz nel ritenere facile liquidare gli italiani in Albania. Cavallero rafforzava rapidamente la frontiera Albanese - jugoslava ; ancora una volta si affannava ad erigere un altro muro dopo quello eretto contro i greci senza nemmeno prendere in considerazione la possibilità di una offensiva. L’armata di List doveva puntare su Salonicco in modo da tagliare fuori le forze greche in Macedonia orientale, quindi continuando l’offensiva dopo Salonicco in direzione ovest i tedeschi si sarebbero uniti con l’atro braccio dell’invasione proveniente da Sofia in modo da prendere greci e jugoslavi insieme e facendogli perdere ogni possibilità di contatto tra loro. La II Armata tedesca del feldmaresciallo Weichs con 9 divisioni avrebbe attaccato dall’Austria e dall’Ungheria con obiettivo principale Belgrado. La battaglia iniziò il 6 aprile poiché Hitler non voleva altri indugi. Dunque alla vigilia dell’offensiva tedesca la situazione era la seguente: le forze greche e inglesi che avrebbero dovuto contrapporsi all’attacco tedesco erano divise in tre settori indipendenti tra loro; 3 divisioni sulla linea Metaxas, 3 altre divisioni greche oltre al corpo di spedizione inglese sulla linea Aliakmon; 14 divisioni e una brigata greche sul fronte albanese, a cui si opponevano 21 divisioni italiane ( alcune di queste erano state spostate sul fronte jugoslavo) . Il 6 aprile scattò l’offensiva tedesca contro la Grecia e la Jugoslavia . La penetrazione delle forze tedesche in territorio greco fu travolgente nonostante che alcuni forti greci della linea Metaxas opposero una strenua resistenza. I tedeschi si incunearono tra le fortificazioni con i panzer dirigendosi verso il mare e formando grosse sacche piene di truppe nemiche che venivano poi annientate. Il 9 aprile i tedeschi entrarono in Salonicco pronti a continuare l’avanzata; mentre i militari che difendevano la linea Metaxas si arrendevano ai tedeschi. L’esercito greco aveva brillato in Albania per effetto della debolezza italiana , ma sottoposto alla Blitzkrieg tedesca esso aveva rivelato come del resto anche quello jugoslavo la sua intera debolezza. Quando Papagos dichiara che la linea Metaxas fu giudicata dai soldati tedeschi migliore alla linea Maginot non da un buon giudizio dei suoi soldati che la persero in meno di 72 ore .Dunque mentre i tedeschi attaccavano con la loro tecnica spregiudicata Papagos stratega appartenente ormai al passato come mentalità, continuava ad attaccare gli italiani invece di spostare unità da quel fronte per sostenere l’urto tedesco. Il tutto può essere giustificato dalla speranza che anche gli jugoslavi muovessero l’attacco agli italiani in Albania ma questi anche se tentarono un attacco lo fecero senza convinzione e la decisa reazione italiana valse a procurarci un sacco di prigionieri. Il 10 aprile su ordine di Mussolini anche lo schieramento italiano volto verso il lago di Ocrida iniziò a muoversi in avanti anche se Geloso aveva chiesto altri tre giorni di respiro . Cavallero visti i progressi tedeschi su Salonicco, ordinò a tutti i reparti di spingersi verso Struga e Dibra che riuscimmo a prendere anche se gli jugoslavi si erano battuti si ma in maniera poco convincente; poi sul lago di Ocrida avvenne il congiungimento con i tedeschi. Il fronte greco – albanese era ancora fermo; anzi Papagos era ansioso di sapere come si stavano movendo gli Jugoslavi ma un inviato dell’esercito greco giunto al comando jugoslavo per avere informazioni precise ebbe la notizia che l’esercito era ormai a pezzi e che nel paese erano in corso la ribellione dei croati contro i Serbi ; la fine era davvero prossima per l’esercito jugoslavo. Il 14 aprile l’inviato fece rapporto a Papagos dicendo che dagli Jugoslavi non c’era niente da aspettarci ; la Jugoslavia era in pieno disfacimento e anche la II Armata italiana , sul confine orientale era in movimento e le truppe del generale Ambrosio avevano occupato Lubiana. La mattina del 12 aprile Papagos aveva intanto ordinato alle divisioni greche dell’Epiro e della Macedonia occidentale di iniziare una ritirata controllata. L’ordine giungeva tardivamente ma era divenuto necessario onde prevenire l’accerchiamento tedesco. Per i soldati che combattevano in Albania fu una doccia fredda perché si sentirono traditi dopo tutto quello che erano riusciti a fare contro gli italiani. Il 12 aprile Wilson ordinò l’abbandono della linea di Kledi e questa manovra espose alla distruzione la 20° divisione di fanteria e la 12° ; purtroppo chi può lasciare la linea prima perché dispone di mezzi motorizzati lascia esposti i reparti più lenti che ne sono sprovvisti e sarà una esperienza che gli italiani proveranno su altri fronti.Il 13 aprile si mosse anche il fronte italiano di Albania ; avanzava perché i greci, come abbiamo detto, avevano ricevuto l’ordine di ripiegare. Cavallero lanciò fanti , alpini, bersaglieri all’inseguimento di un nemico che combatteva ancora con eroismo ma tendeva a fare agganciare solo le sue retroguardie. Il 13 aprile i bersaglieri erano già nella pianura di Coriza . Quando si accendevano i combattimenti la reazione greca era ancora decisa ma lo scopo era solo quello di ritardare l’avanzata italiana. Il 14 i fanti della Venezia percorrevano i viali di Coriza; e intanto Cavallero correva a Scutari dove un generale jugoslavo aveva chiesto la resa. L’VIII Corpo d’Armata poté finalmente infilarsi nella Val Desnizza così contesa nell’offensiva di marzo e si avvicinò a Klisura . Il 18 aprile la XI Armata era ad Argirocastro e i tedeschi si avvicinavano a Larissa mentre un reggimento avanzato della Leibstandarte A.H. puntava su Gianina; l’accerchiamento delle Armate greche stava per concludersi e Papagos aveva perso il controllo della situazione. I nostri soldati stavano avanzando con una certa rapidità e la Venezia in 4 giorni era riuscita a percorrere 110 chilometri aprendosi spesso la strada combattendo; le forze greche arretravano sempre più in disordine ; il loro morale era di colpo crollato irrimediabilmente. Il generale Pitsikas comandante dell’Armata dell’Epiro, voleva trattare un armistizio e voleva che le trattative fossero iniziate subito. Il 15 aprile re Giorgio e Papagos gli avevano inviato messaggi per fargli capire che era indispensabile resistere ad oltranza e che qualsiasi cedimento sarebbe stato interpretato dagli inglesi come atto di viltà. Pitsikas voleva cessare le ostilità quando le sua truppe si trovavano ancora in territorio albanese e questo per evitare una resistenza inutile contro gli italiani che avrebbero recuperato in breve tempo tutto il terreno perduto nelle prime settimane di combattimento. Il 16 aprile Pitsikas inviò ad Atene un messaggio molto eloquente. ” In seguito alla situazione che si è creata è di assoluta necessità un intervento politico. Di ora in ora la situazione peggiora” . La risposta fu di tenere per almeno un altro paio di giorni in attesa degli sviluppi della situazione. Già si profilava per l’armata dell’Epiro la minaccia di uno sbandamento totale.
Intanto gli inglesi retrocedevano incalzati dai reparti blindati tedeschi ed erano costretti ad abbandonare una posizione dopo l’altra tentando, prima di trovare una sistemazione sull’Olimpo ma, costretti dall’incalzante avanzata tedesca ad andarsene anche da li per non essere aggirati , si sistemarono a difesa nella stretta delle Termopili. Il 18 aprile si tenne a palazzo reale una riunione a cui intervennero re Giorgio, il primo ministro Korizis, Wilson , il ministro d’Inghilterra Palairet, Papagos, d’Albiac e l’ammiraglio Terl. Papagos parlò di una situazione estremamente grave dicendo che gli inglesi non avrebbero potuto resistere alle Termopili e che l’Armata dell’Epiro era in una situazione disperata; per il reimbarco eventuale del contingente britannico non avrebbe potuto essere usato il porto del Pireo perché devastato dagli attacchi aerei tedeschi e italiani. A quel punto in una nuova riunione tenutasi il 19 aprile con di nuovo la presenza di Wavel fu presa la decisione di evacuare il corpo di spedizione inglese poiché le forze greche non erano più in grado di dargli sostegno alcuno in quanto ormai allo sbando.


Vignetta satirica su Churchill e Mussolini


Pitsikas era incline all’armistizio ma non voleva mettersi contro il governo mentre altri generali come Tsolakoglou e i comandanti di corpo d’armata Bakos e Panaghiotis Demistikas erano inclini ad un armistizio subito, presero la decisione di scavalcare Pitsikas inviando a Papagos un ultimatum così concepito: “ La situazione dell’esercito non consente il proseguimento dei combattimenti , neppure difensivi. Abbiamo fatto quel che era possibile per ottenere la vittoria, e, ultimamente per arrivare ad una qualsiasi soluzione. Ripetiamo che la situazione è senza uscita. Per evitare il disonore del nostro glorioso esercito , con una resa agli italiani dei quali è vincitore, per evitare l’anarchia e il disfacimento della nazione nell’eventualità di un disfacimento dell’esercito, eventualità possibile di ora in ora, si impone l’inizio di trattative di armistizio con i tedeschi . In piena coscienza della importanza e serietà di quel che precede vi preghiamo di prevenire la catastrofe che incombe. In caso contrario l’esercito dell’Epiro assumerà responsabilità storiche di fronte a Dio e alla Patria” . Il pronunciamento era chiaro i comandanti greci volevano consegnare le armi ai tedeschi e non agli italiani. Mettendo da parte Pitsikas i comandanti di corpo d’armata affidarono a Tsolakoglou il comando di entrambe le armate . La mattina del 20 un gruppo di ufficiali greci si avviò verso le linee tedesche per trattare la resa. Le condizioni erano queste: 1) immediato armistizio; 2) i tedeschi avrebbero potuto conservare il territorio che già occupavano e dare al governo provvisorio autorità sul resto della Grecia. Era esclusa una resa agli italiani. Intanto i comandanti di Corpo d’armata ordinavano che i divisionari “ Tenessero i confini davanti agli italiani fino al momento della decisione” . Quando gli emissari di Papagos giunsero a Gianina trovarono Pitsikas sconfortato “ Siete arrivati tardi” ; ormai i soldati buttano le armi e disertano e gli ufficiali non ottengono più obbedienza . In quello stesso giorno a Botonasi , dove si era insediato Tsolakoglou, fu firmato tra lui e il comandante della SS Leibstandarte A. H. Seep Dietrich un protocollo provvisorio di armistizio che era tutto in funzione antitaliana. Esso stabiliva che alle ore 18 del giorno 20 le ostilità tra la Germania e la Grecia sarebbero cessate e che nel termine di poche ore cessassero, anche per intervento del comandante delle truppe tedesche, quelle tra Grecia e Italia. I reparti tedeschi si sarebbero interposti tra quelli greci e quelli italiani. List che lesse il documento e constatò che costituiva un evidente schiaffo morale agli italiani non lo convalidò. Fu firmato un nuovo protocollo il 21 ancor più duro del precedente che prevedeva che gli uomini delle due armate greche fossero considerati prigionieri .Da Atene Papagos , informato dell’armistizio , aveva sconfessato Tsolakoglou senza peraltro alcun risultato pratico. Le traversie di Tsolakoglou non erano terminate ; il generale aveva cercato con ogni mezzo di sfuggire all’amaro calice di una resa agli italiani ma dovette rassegnarvisi per ordine dei tedeschi.

Seguirà con il prossimo ed ultimo articolo la definitiva soluzione del conflitto italo - greco e alcuni commenti interessantissimi tratti dal diario di Gobbles nei confronti degli italiani.

Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001
-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Edizioni Ibiskos, 2005