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La Campagna di Grecia 1940-1941 - 4^ parte
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Scritto da Mario Ragionieri   

L’attacco alla Grecia non fu infatti solo la tomba della “Guerra parallela ”, ma il colpo più grave che il prestigio di Mussolini e dell’Italia subirono durante tutta la guerra: che la “piccola” e “primitiva “ Grecia potesse tener testa e persino minacciare di sconfiggere l’Italia era una eventualità che nessuno aveva mai seriamente preso in considerazione.
Da questo momento l’Italia venne considerata più che mai dagli inglesi e dagli americani il “ventre molle” dell’Asse, l’anello più debole del sistema continentale tedesco, che, persino nelle difficilissime condizioni nelle quali si trovava l’Inghilterra, si sarebbe potuto far saltare.
Ma torniamo al campo di battaglia dopo questa breve ma importante considerazione. Nel III capitolo eravamo rimasti alle richieste disperate di Soddu di addivenire ad una soluzione politica e all’ordine di Mussolini di combattere all’estremo.

Della richiesta avanzata da Soddu discutevano i ministri nell’anticamera del Duce la mattina del 4 dicembre 1940 e Mussolini si sfogava con tutti ; a Ciano diceva che” Qui non c’è più niente da fare. E’ assurdo e grottesco ma è così. Bisogna chiedere la tregua tramite Hitler”. Ciano rispondeva: “ Impossibile. I greci pretenderanno, come prima condizione, la garanzia personale del Fuhrer che mai più niente sarà fatto contro di loro. Prima di telefonare a Ribbentrop mi metto una palla in testa. Ma siamo veramente alla disfatta? Non è il caso che il comandante abbia gettato l’arma prima dei soldati? ” Mussolini disse a Pricolo: “Avete visto il telegramma di Soddu?. E’ la proposta di domanda di un vero e proprio armistizio. Piuttosto che chiedere l’armistizio alla Grecia è preferibile partire tutti per l’Albania e farci uccidere sul posto”. Cavallero raccoglieva in quel momento una eredità fallimentare; Ciano di lui ha dato un giudizio molto acuto:” L’uomo è molto discusso, i giudizi sono disparati, nessuno però dice che è stupido”. Comunque qualsiasi peccato avesse commesso, Cavallero affrontò la situazione con un ottimismo che in lui era un modo di essere e di respirare e contribuì a togliere Soddu e l’intero comando di Albania da un abisso tetro e apparentemente senza via d’uscita. La mattina del 4 dicembre Cavallero fu chiamato da Mussolini che gli disse perentorio. “ Al Littorio è pronto il vostro apparecchio “. Nel pomeriggio era già a Elbasan presso il comando della IX armata; con lui c’erano Soddu e Vercellino Si apriva da quel momento nella guerra in Grecia il periodo cosiddetto della “ guida a due”; Cavallero e Soddu; il primo in qualità di capo di Stato maggiore Generale e il secondo come comandante in Albania. Il periodo non fu lungo Soddu era fragile e la situazione lo aveva reso troppo vulnerabile e poco lucido nella capacità decisionale; era l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Se Soddu era preso da panico a Roma persisteva un clima di rabbia e di impotenza e insieme di inatteso dinamismo. Mussolini ordinò che tutte le unità in Italia non appena pronte fossero inviate con qualsiasi mezzo in Albania e per accertarsi che questo fosse eseguito telefonava in continuazione, di giorno e di notte a Roatta per avere notizie. Successe così che gli uomini arrivavano in Albania con il solo armamento leggero individuale senza armamento pesante che seguiva vie più lunghe. La conseguenza fu che sul fronte albanese si ebbe una accozzaglia di unità di tutti i tipi mentre in Italia c’era l’armamento pesante, le cucine, le munizioni ecc. che seguivano una via lentissima prima di essere trasportate al di la dell’Adriatico. Insomma i soldati dovevano combattere senza le cose più essenziali che sarebbero arrivate dopo e molto spesso inutilmente. A conti fatti in Albania non arrivò mai un reggimento completo di tutto l’occorrente. A Elbasan Scuero ( l’intendente generale) dette a Cavallero un promemoria sulla consistenza dei magazzini in Albania. Viveri di riserva : nulla. Equipaggiamento : minimo. Indumenti di lana: zero. Munizioni di Artiglieria: insignificanti. Armi di artiglieria: esaurite tutte le disponibilità. Materiale del genio: praticamente nullo. Materiale sanitario: insufficiente. Insomma in Albania non c’era quasi nulla.


fanti italiani nel fango in Grecia

Vercellino descrisse la situazione: “La situazione più tragica è alla testa di ponte dello Skumbini ove abbiamo uno contro cinque e nessuna artiglieria perché i 105 sono stati smontati oggi . Vi è solo qualche artiglieria leggera…. L’aviazione è un bluff, ci limita gli obiettivi e interviene tardivamente ….dovrebbe aderire più alle nostre truppe e non preoccuparsi dei suoi obiettivi lontani”. A sera Cavallero e Soddu telefonarono a Mussolini da Tirana chiedendo con urgenza l’invio di reparti organici. Anche Geloso comandante della XI non aveva notizie migliori da dare a Cavallero; “ le gravi perdite di uomini e di materiali e la grande deficienza di muli , automezzi e munizioni, pongono l’armata in condizione di non poter resistere a lungo , otto giorni o poco più se non cambia la situazione”. Infatti l’8° alpini delle Julia aveva perso l’80% dei suoi effettivi, la Bari era stata quasi annientata e un suo reggimento era stato costretto a ripiegare perché i soldati non avevano più munizioni .Il generale Girotti comandante della Julia segnalava che la situazione della divisione era tale che si rendeva “ assolutamente necessario che la divisione venga ritirata in zona arretrata per essere completamente ricostruita”. Soddu telegrafava alla XI di accelerare il “ compimento delle nota manovra”; la nota manovra era il ripiegamento a nord di Agirocastro . Agirocastro venne evacuata il 7 dicembre: giorno in cui Mussolini e Cavallero sintetizzarono gli obiettivi per il futuro. ” I problemi che alla data odierna richiedono immediata soluzione sono due: tattico: impedire ad ogni costo una rottura della linea tenuta dalle nostre truppe e arrestare definitivamente l’avanzata nemica; riprendere al più presto l’offensiva per battere l’avversario, ricacciarlo oltre la frontiera, inseguirlo nel suo territorio. Logistico: fare affluire dall’Italia, con urgenza quasi sempre assoluta, le nuove forze ed i mezzi occorrenti per sostenere e rafforzare lo schieramento in atto, completandolo ed alimentandolo”.


Bersaglieri in Grecia


Avamposto della Div. Parma sul Kulmakes

Fu in quei giorni che si riuscì a completare l’afflusso delle Divisioni Taro, Modena, Pusteria, Trieste e della Tridentina. Fu iniziato lo sbarco della Acqui e della Cuneense; dalle 1500 tonnellate giornaliere si arrivò gradualmente a 5000 tonnellate giornaliere. In campo italiano comunque il disorientamento era enorme mentre in campo greco l’ottimismo ufficiale nascondeva inquietudini che continuavano a persistere; Metaxas aveva la testa sulle spalle e fuggiva i facili entusiasmi, egli prevedeva che i successi greci sarebbero stati solo un nobile ma vano sforzo. Metaxas era malato e verso la fine dell’anno fu preso da una profonda malinconia; sentiva che insieme alla vita che fuggiva, che anche la vittoria non poteva durare. Sapeva che prima o poi i tedeschi avrebbero aiutato l’Italia e allora per il piccolo esercito greco non ci sarebbe stato più nulla da fare; per ora i tedeschi si limitavano solo a fornire una cinquantina di Ju 52 da trasporto per aiutare gli italiani nel trasporto dei rinforzi in Albania, ma non poteva durare così.
Cavallero aveva indicato e messo a nudo la maggiore piaga che affliggeva il nostro esercito: il disordine nell’afflusso di nuovi reparti. Il 15 dicembre Geloso gli comunicava :” E’ necessario che a Bari e a Brindisi si facciano carichi con maggiore giudizio e oculatezza. L’8° battaglione mitraglieri ha sbarcato personale con ancora le armi che sono in casse in fondo alle stive. E questo è successo anche per gli altri battaglioni. Dovrebbero ricordare che non si tratta di caricare persone, quadrupedi, merci, come ora fanno ma reparti completi che devono essere impiegati celermente”. Il 18 dicembre in una riunione a Roma Cavallero espose in questi termini la situazione albanese: “ Trattasi di un fronte di 250 Km. , tenuto da 160.000 uomini di cui 100.000 in linea, che ha arretrato ma non ceduto, malgrado si stato alimentato soltanto da complementi, ed abbia quotidianamente dovuto sostenere l’urto delle forze greche. E’ solo un velo di uomini ma contro di esso si è infranto ogni sforzo avversario. Il pericolo grave era rappresentato dalla separazione delle due armate, ciò che non è avvenuto per la tenacia con cui i nostri soldati hanno resistito”. Il fronte era ormai, tranne che nella zona del litorale, un fronte per truppe alpine; Arisio, comandante del III corpo d’armata voleva che fossero rimandati in Italia tre battaglioni di camicie nere siciliane e calabresi che non davano più alcun segno di spirito combattivo. Il 20 dicembre i greci avevano preso Porto Palermo e avanzavano verso Valona. I carabinieri avevano segnalato il comportamento della Siena ormai demoralizzata e Mussolini aveva scritto un telegramma a Cavallero in termini molto duri: “Secondo il rapporto dell’Arma dei carabinieri la rotta, dico rotta, della Siena è stata provocata dalla infiltrazione di poche pattuglie greche. Il risultato è stato l’espulsione da Himara seguito dall’ordine di imbandierare per tre giorni la Grecia. Questo non fa che dare nuovo alimento al morale del popolo e dell’esercito greco… Sempre più urgente si palesa la necessità di capovolgere una situazione che è ormai di carattere quasi esclusivamente morale”. La creazione di un nuovo Corpo d’Armata al comando del generale messe, posto a difesa della valle Sciuscizza, irrobustì per un verso lo schieramento , ma creò nelle fasi iniziali dei malintesi con il XXV del generale Carlo Rossi . C’era insomma molta confusione come sempre nei comandi e nelle decisioni da prendere.
Cavallero era un ottimista sempre mentre Soddu lo era solo quando telefonava al Duce. Ciano aveva intuito giustamente la psicologia di Soddu: “Soddu quando parla con il Duce si esprime in un modo e quando parla con Sorice si esprime in un altro. Per lui la strategia importante non è quella verso i greci; è quella verso palazzo Venezia … Le gelosie tra generali sono peggiori di quelle tra donne. Bisogna leggere le telefonate di Soddu a Sorice . Li demolisce tutti. Geloso è un rammollito, Pertugi un disastro, Trionfi un fallimento. Oggi per caso dice bene di Vercellino e si esprime testualmente così: Povero verzellino!E’ tanto caro. E’ venuto a vedermi e ha pianto”. Mussolini che alternava momenti di rabbia e momenti di apatia decise di mobilitare ministri e gerarchi per rinviarli al fronte Albanese ; così partirono Grandi, Ricci, Starace, Carlo Alberto Biggini, , Giuseppe Bottai. Ciano con Pavolini e Riccardi che erano ufficiali di complemento dell’Aeronautica volarono con gruppi da bombardamento sulla Grecia . E’ certo che questa mobilitazione dei gerarchi non recò alcun serio contributo allo sforzo delle truppe e procurò invece a questi uomini un alibi di eroismo e di sacrificio a buon mercato.


fanteria greca all'assalto (sopra) e artiglieria greca (sotto)


Il fronte era in una situazione di stallo dopo la conquista di Himara da parte dei greci. Le posizioni di resistenza italiane erano qua e là state intaccate da brevi attacchi condotti dai greci ma niente di più; il clima freddo aveva spento lo slancio dei greci. Il 21 dicembre ci fu una riunione tra Soddu, Cavallero, Vercellino e Geloso per fare il punto della situazione. In quel colloquio si poté finalmente dire che il periodo di maggiore crisi fosse da ritenere superato. Soddu dispose il 22 dicembre che le nostre truppe dovevano mantenere un “atteggiamento aggressivo per migliorare le nostre posizioni e dare al nemico la sensazione che una offensiva fosse in preparazione da parte nostra”. Nei giorni successivi Soddu imparti ordini per la riconquista di Himara impiegando per l’azione la divisione Cuneo; si trattava di dare respiro a Valona che era a soli 35 chilometri dalle prime linee . La Cuneo purtroppo quando era pronta per l’attico fu spezzettata in piccole unità per andare a soccorrere altri nostri reparti in grave difficoltà e l’attacco verso Himara non si fece più. In un promemoria del comando superiore in Albania si rivelò che “ l’iniziativa avversaria era dovuta essenzialmente a una superiorità organizzativa del nemico perché la nostra debolezza fondamentale stava nel dover combattere con raggruppamenti non organici”. Nevicava e faceva un gran freddo ma non c’era stata tregua nemmeno per Natale perché proprio quel giorno in valle Ossum i greci avevano sferrato un violento attacco contro i battaglioni Feltre, Cadore della Pusteria che avevano mollato ; ma il fiume Ossum era impossibile da guadare e questo frenò subito l’attacco greco. Il giorno di Natale Mussolini inviò un messaggio a Cavallero con nuove istruzioni: così scriveva “ E’ evidente che il nemico ha due obiettivi di carattere strategico. Uno al centro per dividere le armate e tentare di aggirarle. Uno alla nostra destra e questo sollecita particolarmente le voglie inglesi per occupare Valona. E’ facile supporre che cosa significherebbe in tutti i casi la perdita di Valona…….Ottime tutte le provvidenze concrete, dico concrete, che tengano alto il morale delle truppe, il quale morale si alzerà di colpo non appena da nord a sud verrà conosciuto dalle truppe che la direzione del vento è cambiata e che una prima legnata è stata inferta ai greci”. Ma la “ legnata” era ancora lontana e in Italia si diffondeva un forte pessimismo; brutte notizie dall’africa dove Graziani era stato duramente sconfitto e notizie ancor più brutte dall’Albania. La leggenda o l’illusione della nostra potenza militare andava dolorosamente in fumo. I giovani non ne volevano sapere di una guerra che li mandava al sacrificio senza dare, come ricompensa, la gioia del successo o l’orgoglio di battersi per una causa giusta. Se vogliamo considerare un successo la stabilizzazione del fronte bisogna riconoscere che, alla fine del 1940, si riuscì con sacrifici enormi ad averla. Sulle forze che si contrapponevano all’inizio della battaglia di arresto le cifre sono discordanti tra noi e i greci. Il nostro Stato maggiore indicava che le forze italiane erano composte da 9 divisioni di fanteria, due alpine e una corazzata, alcuni battaglioni di camicie nere e bersaglieri, 3 reggimenti di cavalleria, un reggimento di granatieri . Di fronte avevamo 13 divisioni di fanteria, una di cavalleria, 2 brigate di fanteria . Ma le valutazioni dei due opposti schieramenti restano diverse e quindi difficilmente si potrà addivenire ad una cifra concordata da entrambi e vicina alla realtà. Comunque cominciava ad avere solidità il “ muro” che Cavallero si riprometteva di erigere, anche se non riusciva a prendere forma il sogno di Mussolini e di Cavallero di una offensiva a corto o a lungo raggio a breve scadenza. Soddu fu sostituito il 29 dicembre ; con il 30 infatti Cavallero assunse , oltre all’incarico di capo di Stato Maggiore Generale di cui era già titolare, anche quello di comandante delle truppe che combattevano contro i greci. Il 1941 si aprì con una scarsa attività sul fronte anche se quasi sempre a nostro svantaggio. Papagos aveva deciso di interrompere le grosse azioni offensive e di utilizzare il suo II Corpo d’Armata, , inattivo da 15 giorni, nella conquista di Klisura; un altro piccolo passo in avanti verso Valona e Tirana. Papagos poteva permettersi anche qualche avvicendamento di unità in prima linea cosa che invece Cavallero non poteva; solo la Julia per fare un esempio , a metà gennaio era ridotta a 1000 uomini con 15 mitragliatrici e 5 mortai. Aveva perduto sul campo 153 ufficiali e 3844 militari di truppa. Cavallero si era preparato due piani; uno in previsione di un massiccio attacco greco su Valona e su Tirana , e l’altro nel caso di una ripresa dell’offensiva italiana. Quest’ultimo contenuto nella direttiva n° 8 prevedeva una azione per il giorno 5 gennaio che doveva riportare le nostre truppe , grazie ad un attacca dalla costa, fin davanti a Tepeleni sulla vecchia posizione di resistenza , oltre Himara e Porto Palermo. Per l’offensiva doveva essere impiegata la Legnano di nuovo arrivo comandata dal generale Ruggero ; in contemporanea Cavallero voleva riunire nella zona di Berati un corpo d’armata di manovra con la Pusteria , la Lupi di Toscana e la Siena per opporre forze rilevanti alle puntate greche. Cavallero si proponeva anche entro la fine di febbraio il completo riordinamento di tutte le unità a sua disposizione per sferrare una poderosa offensiva nel Korciano ( premessa all’offensiva finale). Mussolini continuava a tempestare Cavallero di messaggi ; in essi per esempio informava il comandante che “ gli ambienti militari e politici tedeschi seguono con accentuatissimo interesse nostre vicende albanesi”e che ponevano “quale condizione al loro intervento che la linea attuale sia mantenuta a qualunque costo”. Ecco il testo della lettera inviata da Mussolini a Cavallero dove si può vedere il temperamento mussoliniano , la faciloneria e la convinzione di possedere un magnetismo infallibile. “ Caro Cavallero, prima del giorno fissato da voi per l’azione convocate tutti i comandanti di corpo d’armata e di divisione che vi saranno impegnati e comunicate loro quanto segue: a) la decisione di attaccare può e deve capovolgere la situazione soprattutto dal punti di vista morale. Dopo 60 giorni di incudine di diventa martello; b) quest’azione dovrà essere iniziata e condotta con estrema energia , deve eliminare ogni motivo di speculazione mondiale sul prestigio militare italiano, per il quale prestigio sono stato, sono e sarò gelosissimo difensore; c) la Germania è pronta a mandarci una divisione in Albania mentre prepara un esercito destinato ad attaccare, in marzo, la Grecia dalla Bulgaria. Mio desiderio , mia certezza è che grazie al vostro impegno e al valore delle vostre truppe si renda superfluo l’aiuto diretto della Germania sul fronte albanese; d) il popolo italiano attende con ansia che il vento cambi di direzione. Null’altro da aggiungere se non questo: alla vigilia dell’azione voi vi porterete al fronte nel luogo più idoneo per seguirla e vi rimarrete fino ad azione conclusa. Le battaglie degli eserciti moderni sono troppo complesse perché si possa dirigerle da lontano”. Naturalmente tante parole che si dissolvevano al primo vento come i progetti di Cavallero, perché a prendere l’iniziativa furono di nuovo i greci e a sopportare l’attacco fu di nuovo la ormai provatissima divisione Julia . In quel momento il nostro fronte era così articolato dal lago di Ocrida al mare: alla sinistra, nel settore della IX Armata c’era il II Corpo d’armata con 4 divisioni ( Piemonte, Taro, Arezzo, Venezia) e il XXVI Corpo d’armata con 3 divisioni (Tridentina, Parma, Cuneense); a destra la XI con il IV Corpo d’armata , ( divisioni Pusteria, Pinerolo, Bari, Julia, Lupi di Toscana), l’VII Corpo d’Armata destinato a passare in riserva con la sola divisione Siena a Berati, il XXV Corpo d’Armata con 4 divisioni ( Brennero, Centauro, Ferrara, Modena), il Corpo d’Armata speciale, comandato dal generale Messe (Alpini speciale, Aqui, Cuneo) che aveva come compito di sbarrare ai greci l’accesso a Valona. I greci presero il comando italiano in contropiede, la loro manovra verso Klisura, fu impetuosa e almeno inizialmente riuscì. La Julia cedette insieme al 140° reggimento di fanteria. La Lupi di Toscana fu avviata a tamponare la falla aperta , ma il primo contatto che ebbe con i soldati greci non fu brillante e si ebbero episodi di disordine e i greci iniziarono una propaganda di derisione verso questa unità; qualcuno iniziò a chiamarla “ lepri di Toscana”, nomignolo fortunatamente presto dimenticato. Anche perché questa divisione si trovò immediatamente, dopo aver marciato per 30 chilometri e senza mangiare, invischiata in durissimi combattimenti senza disporre di armamento pesante. In queste condizioni il contrattacco imbastito non poteva essere che un insuccesso. L’attacco a Klisura costrinse Cavallero ad annullare il piano per l’avanzata verso Porto Palermo e lo costrinse a rimandare in linea l’VIII corpo d’ Armata. Mussolini insisteva su Cavallero perché non fosse annullata l’offensiva ma questa volta Cavallero fu irremovibile e scrisse una lettera di spiegazioni al Duce dove giustificava il suo operato. Il contrattacco italiano fallì e le nostre truppe furono costrette a ritirarsi per 6 chilometri fino a raggiungere gli sbarramenti predisposti a fondovalle. In queste condizioni Cavallero l’11 gennaio dovette ricevere a Tirana l’addetto militare tedesco a Roma Von Rintelen il quale propose l’invio di una divisione alpina tedesca in aiuto alle truppe italiane; egli comprese anche che l’azione risolutiva di cui parlava Mussolini era ancora lontana da venire. La sacca di Klisura era stata tagliata dal nemico che era riuscito ad inserire un saliente nel nostro schieramento costringendo ancora una volta il Comando superiore a correre ai ripari. Il comandante della Julia ricevette un messaggio da Cavallero: “ La Julia ha fatto il suo dovere. Siamo contenti anche se ha ripiegato. Oggi affluiscono nuove forze.. Bisogna chiudere il buco s costo di andare di persona. Se bucano non teniamo più. E’ la Patria che lo chiede! Questo anche se si dovesse morire, io verrei a morire con te. Fa’ quest’ultimo sforzo, te lo domando in nome dell’Italia. Sono sicuro che tu tra qualche giorno sarai contento perché dopo arriveremo alla vittoria. I rinforzi arrivano e andrete a riposo. Rifaremo una bella Julia ma adesso bisogna tenere”. La conquista di Klisura costituì l’ultimo successo per i greci.
Mussolini che aveva considerato un errore imperdonabile della sua vita l’essersi affidato a Visconti Prasca, ora voleva fare sempre più il comandante in capo. Si tratteneva più a lungo al comando di Bisceglie dove Ciano andava sovente a trovarlo; anche lui lottava disperatamente per non essere esonerato dall’incarico di ministro degli Esteri. Tutta l’Italia ormai sapeva che la guerra alla Grecia era stata almeno nella parte iniziale la guerra di Ciano e non gli perdonava una simile leggerezza Dopo Rintelen anche alti ufficiali tedeschi avevano visitato l’Albania per studiare la possibilità di impiego di un loro contingente che Mussolini finì poi con il rifiutare. Il 14 gennaio Cavallero era a Foggia a rapporto da Mussolini insieme a Guzzoni, Vercellino e Ranza; nuovo incontro a sera con Mussolini e con il solo Guzzoni . Cavallero annotava che “Tutti i problemi relativi alla guerra contro la Grecia vengono esaminati a fondo cosicché quando riparto per Bari il futuro sviluppo delle operazioni in Albania è già definito nelle sue linee fondamentali”. Ma i greci persistevano nell’attacco tra la neve e fece miracoli il battaglione Monte Cervino di 300 uomini soltanto che instancabilmente pattugliava il territorio innevato. I piani erano stati concordati ma niente andava secondo i piani. Mussolini doveva incontrare Hitler a Salisburgo il 19 e il 20 e voleva presentarsi con qualche annuncio di vittoria e invece a dispetto di tutti i suoi incitamenti i greci attaccavano e Cavallero non era potuto andare con Mussolini. Mussolini, scrive Ciano, “ aveva lasciato palazzo Venezia scuro in volto e nervoso per le notizie albanesi.. Nessun dramma ma ancora una volta abbiamo rinculato e abbiamo lasciato molti prigionieri in mano al nemico…. Ripete il suo pessimismo sull’esercito e sul popolo italiano. Non sa spiegare il perché delle cose. Ripete spesso: Se qualcuno il 15 ottobre, avesse previsto quanto in realtà è accaduto, l’avrei fatto fucilare”.


Propaganda greca e italiana

In febbraio i greci sferrarono un’offensiva contro Tepeleni ma non raggiunsero il loro obiettivo; la Julia questa volta riportata all’organico quasi completo, era stata rimandata in linea e le altre divisioni erano state alla meglio ricostituite con soldati privi del necessario addestramento e con ufficiali di complemento o richiamati con pochissime nozioni sulle armi e le guerre moderne. In compenso le armi e i mezzi arrivavano con una certa regolarità e le munizioni non scarseggiavano più come prima. Hitler intanto accantonata l’idea di portare aiuto agli italiani con un corpo d’armata tedesco, pensava ad una offensiva contro la Grecia “ il piano Marita” da effettuarsi con partenza dalla Bulgaria. I tedeschi lo abbiamo detto tenevano truppe in Romania e per l’attacco alla Grecia avrebbero dovuto spostarle sul confine greco - bulgaro che per altro i greci, per fronteggiare l’attacco italiano, aveva completamente sguarnito lasciandovi solo tre divisioni considerate le meno addestrate dell’esercito greco. L’Inghilterra era particolarmente interessata alla guerra nei Balcani perché gli permetteva di estendere la sua influenza mediterranea ad un altro paese che si affacciava su quel mare . L’attenzione di Churchill era concentrata su Creta diceva infatti “ Un fatto strategico emerge fra tutti: CRETA! Gli italiani non debbono impadronirsene. Dobbiamo arrivarci per primi, e subito”. La Grecia mise a disposizione degli inglesi la baia di Suda e accettò l’aiuto di forze aere ma da dislocarsi negli aeroporti meridionali ; questo perché non voleva Metaxas mettersi nelle condizioni di provocar un intervento della Germania con la quale per il momento manteneva rapporti di correttezza. I tedeschi dal canto loro non volevano vedere aerei inglesi in basi che potevano permettere ai bombardieri di raggiungere e colpire i pozzi petroliferi di Ploesti in Romania. Per quanto riguardava aiuti di terra Metaxas aveva rifiutato l’invio da parte inglese di un reggimento di artiglieria e altre unità meccanizzate con circa 60 carri armati. Il motivo del rifiuto era ovvio anche se agli occhi degli inglesi appariva insensato e cioè la Grecia voleva evitare a tutti i costi di fornire motivazioni alla Germania per un intervento in forze. Metaxas era alla fine della propria esistenza e sapeva che anche le strepitose vittorie greche sugli italiani presto sarebbero state solo un ricordo Il 15 gennaio scriveva sul suo diario” Stanco. Ho fatto il mio dovere… Se gli inglesi avessero potuto disporre di 5 divisioni con larghi mezzi meccanizzati… Ma non hanno niente”, E il 16 gennaio scriveva ancora “Gli inglesi insistono per sbarcare a Salonicco con piccole forze di artiglieria… Ho detto che non arrivino a Salonicco prima che i tedeschi abbiano superato il Danubio” Metaxas muore il 29 gennaio 1941 e il bollettino diceva” Il presidente del governo greco veniva colpito dieci giorni or sono da un flemmone alla faringe, che degenerò in ascesso paraghiandolare. Nonostante un tempestivo intervento chirurgico e le appropriate cure post operatorie, si verificarono successivamente fenomeni di intossicazione del sangue con complicazioni. Il presidente è morto alle 6 di oggi
Mussolini voleva la vittoria in primavera per avere qualcosa da gettare sul piatto della bilancia quando la Germania avrebbe scatenato la sua Blitzkrieg nei Balcani. Il 23 febbraio al teatro Adriano di Roma il Duce aveva rivolto un discorso dai toni forti alle gerarchie fasciste della capitale dicendo tra l’altro: “I prigionieri italiani caduti nelle mani dei Greci sono poche migliaia ed in gran parte feriti; i successi ellenici non esorbitano dal campo tattico e solo la megalomane retorica levantina li ha iperbolizzati: le perdite greche sono altissime, mentre fra poco sarà primavera e, come vuole la stagione, la nostra stagione, verrà il bello. Vi dico che verrà il bello e verrà in ognuno dei quattro punti cardinali”. Cavallero disponeva ormai in Albania di 25 divisioni e pensava a passare all’offensiva. Erano morti sul campo fino a metà febbraio 497 ufficiali e 5239 sottufficiali e soldati. Il generale Bancale fu sostituito da Gambara, Vercellino da Pirzio Biroli. Ai nostri 54 reggimenti, più una ventina di battaglioni non irreggimentati, si contrapponevano 42 reggimenti greci. Gli italiani disponevano finalmente di una vera superiorità.
Non solo Mussolini voleva l’offensiva ma intendeva parteciparci in prima persona e quindi aveva deciso di trasferirsi in Albania per una “ ispezione” e sperava o credeva che con la sua presenza le truppe galvanizzate avrebbero capovolto la situazione e le sorti della campagna; illusioni! Cavallero aveva costruito finalmente il “ Muro” dopo aver raccolto una situazione fallimentare e aveva evitato il definitivo disastro. Dopo questo era stato assalito dalla mentalità difensivistica che affliggeva tutti i nostri generali, sempre prudenti e sempre timorosi di rischiare con un attacco spregiudicato i gradi. Cavallero aveva di fronte un esercito buono , quello greco, ma era un esercito che non sapeva manovrare e un generale ottimo ma all’antica (Papagos).
Nell’ultima decade di febbraio Gambara mise a punto un piano per una offensiva a corto raggio e lo fece interpretando discutibilmente i già discutibili concetti di Cavallero. Lo sfondamento era previsto e sperato in Val Desnizza in un solco che si insinuava tra le montagne. A Gambara sarebbe piaciuto poter disporre della divisione Julia ma Cavallero e Geloso non gliela concessero. Gambara pressava per mettere in condizioni il suo VIII Corpo d’Armata affinché diventasse estremamente robusto per riuscire a fare breccia la dove i greci erano non solo forti ma con una mentalità e atteggiamento aggressivo. Disponeva invece di uno strumento militare mediocre. Aveva molte bocche da fuoco , circa 200 di piccolo calibro che spararono nei giorni dell’offensiva su un fronte di 10 chilometri ( a questi si aggiunsero altri cento cannoni delle divisioni limitrofe). Cavallero preparava a fine febbraio l’offensiva richiesta da Mussolini e Papagos voleva continuare a combattere le offensive di Papagos. I greci andavano all’assalto senza una vera e propria strategia , ma con estrema ostinazione e con una sorta di esaltato fanatismo verso le posizioni che coprivano Tepelani al di là delle quali c’era la pianura fino a Valona. Il mordente greco si andava lentamente e inesorabilmente attenuando perché la guerra tra la neve e in quelle condizioni atmosferiche portava ormai solo a vantaggi trascurabili e costava perdite troppo gravi e anche tra i greci si cominciava a diffondere il pessimismo e lo scoraggiamento. E nonostante la sostituzione di alcuni generali greci che ormai optavano per mettere le proprie truppe a difesa si continuò ad andare all’attacco fino all’ alba del 9 marzo quando le 300 bocche da fuoco italiane iniziarono a sparare per preparare il terreno ai battaglioni pronti all’assalto.



Il 2 marzo Mussolini era partito da Bari per l’Albania . “ Pilotava personalmente” un trimotore SM 79 e aveva per scorta altri due SM 79, due idrovolanti Cant Z 506 e 12 caccia Macchi 200. Mussolini era in divisa di panno grigioverde da primo maresciallo dell’Impero. Era silenzioso e imbronciato o forse meglio dire preoccupato perché non sapeva cosa lo aspettava. Temeva che le truppe fossero verso di lui fredde e magari ostili ; aveva paura di leggere negli occhi dei soldati il rimprovero e l’amarezza provocati da tante inutili sofferenze . All’aeroporto di Tirana lo aspettavano Cavallero, Ranza ( comandante dell’aviazione in Albania) , il luogotenente generale Jacomoni e il presidente del governo albanese Verlaci. Mussolini salutò in fretta e salì in auto con Pricolo che aveva viaggiato con lui e Cavallero. Sotto Barati l’auto superò un reparto di fanti della Bari in marcia ; Mussolini fu riconosciuto e allora i ragazzi cominciarono ad applaudirlo festosi. Il Duce trovò anche più avanti durante il viaggio applausi ed entusiasmo come pure quando passò in rivista la divisione Siena. Queste accoglienze insperate ricaricarono il morale dell’uomo . Raggiunse il comando di Gambara dopo aver notato il traffico militare che intasava le strade anche in pieno giorno e questo grazie alla scarsissima attività dell’aviazione nemica. Insieme a Gambara c’era anche Geloso ma fu Gambara che espose a Mussolini il piano d’attacco; le forze contrapposte erano di 50 mila italiani contro 26-28 mila uomini del nemico. Mussolini ascoltò l’esposizione e guardò le facce dei presenti per coglierne eventuali perplessità o dissensi senza intervenire sul piano tecnico dell’offensiva, dopodiché approvò il piano. Nelle retrovie si era sparsa la voce che Mussolini era in zona e i soldato improvvisarono festose accoglienze ; la esuberanza latina esplodeva e Mussolini se ne compiaceva commosso, anziché riconoscere in questi repentini e volubili cambiamenti d’umore un segno premonitore della fragilità psicologica di una parte del materiale umano che aveva a disposizione. Arrivato a Lahatun , otto chilometri da Valona, e dopo aver salutato il generale Pirzio Biroli , Roberto Farinacci e da Ciano, Mussolini andò a riposare .
Il mattino successivo il Duce sembrava di umore ottimo, si recò al posto di comando del generale Carlo Rossi , passò in rivista un reggimento della Lupi di Toscana e un altro della Legnano; i soldati avevano le uniformi in ordine . Le dimostrazioni di simpatia continuavano ma probabilmente queste erano state preparate e quindi apparivano meno spontanee; i soldati si gettavano verso Mussolini gridando “ Vogliamo l’offensiva! Dateci l’ordine Duce! ” era difficile sottrarsi alla suggestione di massa: Pricolo narra che “ Fra tante centinaia di soldati acclamanti il mio sguardo fu attratto da uno solo di essi che, rimasto quasi appartato sul pendio a valle della strada, continuava tranquillamente a mangiare. Non sembrava più tanto giovane, aveva una forte corporatura e la barba incolta. Mentre portava il cucchiaio alla bocca alzava gli occhi verso i suoi commilitoni così agitati, e qualche volta arrestava la mano al di sopra della gavetta osservando , come stupefatto , la scena che evidentemente per lui era incomprensibile. Ad un tratto si accorse che lo stavo osservando con troppa curiosità: per un momento continuò a mangiare, poi si mosse lentamente e, quasi indietreggiando, si tolse dalla mia vista sparendo tra i cespugli”.


Mario Ragionieri


Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001
-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003
-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004
-- Salò e l'Italia nella guerra civile. Edizioni Ibiskos di A. Risolo, 2005