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L'Epopea di Traiano - Parte II
(1 voto)
Scritto da Stefano Dessena   

La I Guerra Dacica

La spedizione punitiva

Nell'85, i Daci comandati dal loro re Decebalo, attraversarono il confine per attaccare la Mesia. La guerra che in seguito a ciò Domiziano condusse contro i Daci, non si concluse né con una vittoria trionfale, né con un disastro. Ci furono sia sconfitte sia vittorie tattiche, ma l'insorgere delle minacce d'invasione dei Germani e dei Sarmati dalla Dacia, contemporaneamente al tentativo di usurpazione del governatore della Germania superiore L.Antonio Saturnino impedirono a Domiziano di concentrarsi su una guerra decisiva contro Decebalo. Morto Domiziano e asceso al potere Nerva la questione rimaneva aperta, ma evidentemente il vecchio e probo senatore non poteva occuparsene, preso come era a riordinare lo stato e a guardarsi dagli intrighi dei pretoriani. Nerva molto intelligentemente adottò Traiano noto per la saggezza e la severa autorità e che in qualità di comandante delle potenti legioni danubiane poteva far sentire il suo peso sui pretoriani. Traiano ascende al trono il 25 gennaio 98, ma non scenderà a Roma fino al 99, ritenendo di sistemare prima il limes germanico. Affidato il controllo delle due Germanie agli amici fidati Serviano e Licinio Sura si occupò attivamente di politica interna, sostituendo il comandante dei pretoriani e agendo legalmente contro tutti i funzionari corrotti. Dopo due anni di "repulisti" Traiano decise che era ora di occuparsi di politica estera ed in primis dei turbolenti Daci.

La Dacia comprendeva anticamente l'attuale Transilvania, la Moldavia, la Valacchia e parte della Galizia meridionale e della Bucovina. I Daci erano una popolazione affine con i Geti e come questi di stirpe tracia. Abili guerrieri ed orafi i Daci vivevano in un territorio ricco di risorse naturali e minerarie. La loro società era fortemente gerarchizzata con una netta suddivisione fra nobili e popolo. Dai nobili provenivano i generali, i funzionari e i sacerdoti ed anche esteticamente si distinguevano dai plebei per il berretto frigio che portavano, mentre i non nobili portavano i capelli molto lunghi. Una caratteristica molto particolare era la loro religione fanatica dedita all'adorazione del dio Zamolxis, una versione estrema del Bacco romano, che prevedeva cruenti sacrifici umani. La loro esaltazione era così violenta che quando non cadevano in combattimento, si suicidavano. Sia nei sacrifici umani sia in guerra il dace andava incontro al trapasso con animo sereno, quasi con gioia, poiché riteneva di essere il prescelto dagli dei, e, destinato ad andare in un mondo migliore. A ragion veduta, Traiano disse che la religione di Zamolxis per la folle temeriaretà che la caratterizzava aveva rappresentato l'ostacolo maggiore alla conquista della Dacia.

legionario II secolo dacocon falx

Dal punto di vista militare una difficoltà fu pure posta da una peculiare arma utilizzata da Daci: la falx una lunga spada ricurva che riusciva ad aggirare il pesante scutum e a ferire gravemente i legionari all'altezza delle braccia e delle gambe. Si ovviò al problema utilizzando delle protezioni segmentate utilizzate durante i giochi dei gladiatori, da aggiungere alla lorica segmentata. Uno dei provvedimenti presi in vista dell'occupazione militare del territorio dacico, fu la navigabilità del Danubio, resa definitiva con la creazione di un sistema di chiuse, la cosiddetta Porta di Ferro. Il 25 marzo del 101 Traiano partì da Roma e prese il comando delle truppe concentrate sul Basso Danubio. Come possiamo vedere dalla figura seguente il piano di Traiano prevede, dopo aver concentrato le forze in due punti del confine, l'entrata in Dacia su due colonne: a Lederata e Dobreta. Non sappiamo però se l'attraversamento del Danubio avvenne allo stesso tempo o in tempi successivi. Dalla colonna Traiana sappiamo che il teatro bellico si spostò in una zona montuosa in cui si svolse la prima battaglia(Battaglia di Tepae) dove l'esercito di Decebalo fu sconfitto. Vi fu poi una stasi invernale a cui seguirono trattative e ambascerie. Traiano si rende conto che Decebalo sta solo prendendo tempo e in primavera organizza un vero blitzkrieg; partendo da Tibiscum come base occupa i passi di accesso alla Dacia: le porte di ferro(gole del Danubio che separano la sezione meridionale dei Carpazi dai Balcani) e la torre rossa. I Daci, che tentano un contrattacco con i loro alleati Sarmati e Burii nelle pianure della Moldavia, vengono costretti a una battaglia campale in cui sono rovinosamente sconfitti.

I guerra dacica

 

 

La resa di Decebalo

Nell'ultima battaglia vengono prese d'assalto e conquistate le fortezze daciche di Muhlbach aprendo la strada verso Sarmizegetusa. Decebalo vistosi sconfitto chiede la resa ad Aquae sullo Strell, prostrandosi di fronte all'imperatore. Traiano con una eccessiva fiducia dettò miti condizioni alla proposta di pace avanzata da Decebalo, soprattutto fissando la somma di denaro; non poteva certo immaginare che i Daci possedessero tanto oro. Risparmiò lo stesso Decebalo, lo nominò re vassallo di Roma, e lo obbligò ad accettare una guarnigione romana nella capitale.
Inoltre gli impose di smantellare le fortificazioni, restituire i prigionieri e i disertori, e il patto di consegnare una certa quantità d'oro che Decebalo rispettò senza batter ciglio. Il che equivaleva ad una vittoria. Forse Traiano più tardi si chiese da dove veniva tanto oro. Prima della fine dell'anno l'imperatore Traiano lasciò la Tracia e fece ritorno a Roma per celebrare il suo trionfo e assumere il cognome di Dacicus. Inoltre aveva ricevuto dal Decebalo sconfitto, 2250 milioni di sesterzi in oro e 430 milioni di sesterzi in argento.

La II Guerra Dacica

L'invasione

Con ogni evidenza l'esercito dacico, sconfitto ma non domo, utilizzo gli anni di pace per rafforzarsi.
In base all'accordo di pace i Romani stessi avevano fornito tecnici ed ingegneri per migliorare le città dei Daci, dai quali molto abilmente Decebalo apprese tecniche di fortificazione e di combattimento. Sebbene questo possa apparire ingenuo da parte dei Romani, molto probabilmente Traiano pensava di mantenere la Dacia come stato vassallo cuscinetto verso i popoli estremamente più barbari delle pianure sconfinate della Scizia e della Sarmazia. In caso di invasione i Daci avrebbero costituito la prima linea in attesa di radunare le armate imperiali per il contrattacco.
Un'offensiva a sorpresa da parte di Decebalo contro le guarnigioni romane lasciate di stanza nel territorio dacico annesso durante la prima guerra, costringono l'imperatore a raggiungere il fronte danubiano. La partenza avviene da Roma il 4 giugno del 105, con il successivo imbarco dal porto di Ancona per l'attraversamento del mare Adriatico, come ben documentato dai rilievi della colonna Traiana. Questa volta è deciso a far scomparire definitivamente il regno dacico dalla carta geografica e quindi tutto viene preparato con cura. Dione Cassio riporta la meraviglia del ponte sul Danubio (1070 m), costruito da Apollodoro di Damasco, di cui purtroppo ci rimangono immagini solo su alcune monete e un solo pilone sulla sponda rumena del Danubio. Riportiamo in proposito questo frammento di descizione.

Traiano fece costruire un ponte di pietra sull'Istro(Danubio)per il quale non posso degnamente esprimere la mia meraviglia. Questo era infatti, rispetto alle altre opere già meravigliose promosse da Traiano, quella che le superava tutte. Infatti è composto da venti piloni di blocchi squadrati, per un'altezza di centocinquanta piedi senza contare le fondamenta, mentre la larghezza è di sessanta piedi. Questi piloni, che distavano l'uno dall'altro centosettanta piedi, erano uniti da archi.

ponte sul Danubio (ricostruzione)

Lo scopo di questo ponte è duplice: in primo luogo costituisce una via di accesso sicura alle armate romane in territorio daco, in secondo luogo è una dimostrazione di potenza notevole verso i barbari, allo stesso modo del ponte fatto edificare da Giulio Cesare sul Reno. Un opera di tali enormi proporzioni dovette gettare nello scoramento le armate daciche.

assedio (colonna traiana-tavola LXXI) assedio (ricostruzione)

In base alle poche fonti scritte disponibili, ma supportati dalle indagini archeologiche e iconografiche (principalmente la colonna Traiana) possiamo ricostruire le direttive della II guerra dacica come dalla cartina seguente. Si stima che furono impiegate non meno di 13 legioni più gli ausiliari. L'ultima guerra contro i Daci si concluse nei primi mesi dell'anno 106: superiore per numero e per organizzazione logistica, l'esercito romano penetrò rapidamente nel cuore del regno dacico conquistando la capitale Sarmizegetusa Regia. Una delle carte vincenti di Traiano fu l'utilizzo della temibile cavalleria Mauretanica comandata da Lusio Quieto, che letteralmente terrorrizzò i Daci. Decebalo, ormai in fuga, non potè fare altro che suicidarsi per non essere catturato vivo. L'11 agosto del 106 la guerra fu dichiarata conclusa dai Romani. Traiano riportò a Roma 5 milioni di libbre di oro, 10 milioni di libbre di argento, e una straordinaria quantità di altro bottino e oltre 500.000 prigionieri di guerra con le loro armi. Vennero decretati ben 123 giorni di festa con annesso trionfo dell'imperatore.

II guerra dacica

L'annessione e il valore strategico della Dacia

Con la sottomissione della Dacia e l'annessione del suo territorio all'impero, Traiano realizzò uno degli obiettivi più perseguiti dai suoi predecessori: il confine danubiano veniva non solo reso più sicuro, ma anche superato. Vengono fondate nuove città, e vecchie città greche della costa del mar nero riprendono vigore e prosperità come Dionysopolis. Molti veterani vengono insediati nelle nuove terre e ben presto si miscelano con gli abitanti del luogo. Gli dei dei daci vengono assimilati al pantheon romano. Un enorme quantità di tesori confluirono a Roma: mai una guerra aveva fruttato tanto bottino. Dalla cartina seguente possiamo vedere come si poneva strategicamente la nuova provincia e la disposizione delle legioni nell'aarea balcano-danubiana.

provincia della Dacia

Seguendo la linea tratteggiata della cartina possiamo vedere come i confini della nuova provincia della Dacia venivano a formare un profondo cuneo con il centro l'asse Sarmizegetusa-Apulum che in ultima analisi allungava di oltre 595 Km i confini dell'impero. Apparentemente questa nuova frontiera ad un osservatore superficiale potrebbe apparire un aggravio per le risorse militari dell'impero; in realtà considerandola in base alle esigenze prioritarie della politica romana rivela tutta la sua rigorosa razionalità. L'eliminazione della Dacia come stato indipendente costituiva la premessa necessaria per ricostituire il controllo diplomatico di Roma sui Germani(Quadi e Marcomanni) e Sarmati(Iazigi e Roxolani) della regione danubiana. Finché Decebalo restava libero di sfidare l'autorità di Roma il potenziale deterrente della politica imperiale avrebbe subito un fatale indebolimento. La sua scomparsa, garantì la sicurezza alla Dobrugia e a tutte le zone danubiane fino a Vindonbona(Vienna). Come risultato le basi legionarie di Ratiaria ed Oescus, sul corso del Danubio, vengono a distare a una tale distanza dai confini imperiali da giustificare il ritiro delle truppe di stanza in esse e il loro dispiegamento in altre regioni dove la loro presenza é più necessaria. Ma tali insediamenti non vengono persi anzi vengono trasformati in centri civili con l'importante qualifica di coloniae: la valle del Danubio poteva finalmente cominciare dopo la conquista di Traiano, a dare all'impero il suo contributo umano e materiale, accrescendone così la potenza. Il genio strategico di Traiano può essere osservato tenendo conto che il controllo dell'intera provincia viene assicurato da una sola legione: la XIII Gemina di stanza ad Apulum. Infatti anche se Iazigi e Roxolani avessero pensato di chiudere il saliente con una manovra a tenaglia, sarebbero stati presi alle spalle dalle legioni della Mesia e della Pannonia.

La Prima guerra sarmatica

La Dacia era una nuova provincia dell'impero ma non era completamente pacificata. Avendo eliminato lo stato daco ora le frontiere dell'impero si portavano sulle sterminate pianure scitiche, e come tali erano continuamente sotto la pressione delle popolazioni sarmatiche. Splendidi cavalieri e grandi combattenti con le loro armature pesanti e cavalli catafratti, si dimostrarono da subito un osso duro per i romani. Traiano affidò il comando delle forze in Dacia per la campagna contro i Sarmati a suo cugino P.E. Adriano. Furono undici mesi di duri combattimenti in cui i romani solo per la perizia di Adriano non soccombettero. La sua strategia fu di ripristinare una disciplina durissima (disciplina augusta) nelle truppe o ammorbidite dall'ozio delle guarnigioni o troppo spavalde da rischiare inutilmente. Secondo Adriano ogni uomo è un bene prezioso che non deve essere sprecato in azioni anche gloriose, ma fini a se stesse. In secondo luogo cercò di mettere zizzania fra i capi barbari inducendone alcuni a tradire e a rivelare la posizione dei loro villaggi. Combinando ad azione militare un'azione politica e una repressione spietata i Sarmati alfine si arresero. I loro capi seguirono l'esempio dei nobili di Decebalo suicidandosi in massa con tutti i loro clan. A questo punto l'annessione della Dacia poteva dirsi completata.