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L'Epopea di Traiano - Parte I
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Scritto da Stefano Dessena   

La Roma repubblicana ebbe dei grandi condottieri di cui il più grande fu Caio Giulio Cesare, la Roma imperiale ebbe il suo più grande condottiero in Marco Ulpio Traiano. Con lui Roma raggiunse il massimo della sua estensione e furono ben cinque le province nuove formate: Dacia, Arabia, Armenia, Mesopotamia e Assiria. Purtroppo a causa di complessi eventi geopolitici, sociali e militari solo le prime due poterono essere conservate dal suo erede Publio Elio Adriano.

Traiano non solo era un valente generale e un ottimo soldato, ma aveva pure considerevoli capacità strategiche, tanto da anticipare la cosidetta "guerra lampo" poi applicata quasi venti secoli dopo dai tedeschi. Inoltre era un profondo conoscitore di uomini, ed aveva quella rara facoltà di saper formare dei valenti comandanti e scegliere degli ottimi funzionari. Infine a differenza dei precedenti imperatori non si era isolato in una aura divina orientaleggiante divenendo distante dai propri sudditi. Non si dispiaceva di ascoltare e dare delle risposte al singolo legionario, come alla più modesta matrona del popolino. Plinio il Giovane suo collaboratore amava dire "è uno di noi, è uno come noi". Questo consenso si traduceva in una fedeltà assoluta dell'esercito, del senato e del popolo (almeno di tutti i cittadini romani e di chi si riconosceva negli ideali romano-ellenistici).
Per tutte queste ragioni Traiano passerà alla storia come l'Optimus princeps, ovvero come il migliore imperatore conosciuto da Roma nell'arco di tutta la sua lunga storia.
Le campagne sostenute da Traiano nel corso del suo principato saranno essenzialmente sei: due combattute contro la Dacia, una contro i Sarmati, una contro gli Arabi, una contro gli Ebrei della Cirenaica, un'ultima infine contro il regno dei Parti.
Tra esse le più significative sono senza dubbio l'ultima e le prime due; la guerra contro i Sarmati può essere vista come un'appendice alla romanizzazione della Dacia, mentre le guerre contro gli Arabi e gli Ebrei possono considerarsi di stabilizzazione delle retrovie in previsione e durante l'ultima grandiosa campagna contro il nemico storico di Roma: l'Impero dei Parti.
In questo articolo analizzerò le guerre daciche e la guerra partica, le altre tre guerre saranno citate solo come riflesso di queste.

 

L'organizzazione militare

Purtroppo il periodo di Traiano è in assoluto il meno documentato della storia di Roma. Le testimonianze del suo biografo ufficiale Dione Cassio sono andate perdute e dei suoi testi non sono rimasti che riassunti tardivi. E' difficile ricostruire le sue campagne, figuriamoci le sue battaglie, di cui non abbiamo che notizie frammentarie e confuse, che rendono impossibile una descrizione analitica come si potrebbe fare, ad esempio, per la battaglia di Zama o di Alesia.
Possiamo però dare una valutazione abbastanza accurata della consistenza dell'esercito imperiale del tempo di Traiano. Le armate imperiali contavano probabilmente sui quattrocentomila uomini, fra cui centoottantamila legionari ripartiti in trenta legioni (di consistenza numerica superiore a quella dei tempi precedenti) composte principalmente di provinciali, ma con i quadri quasi integralmente provenienti dall'Italia. Gli ausiliari superavano invece le duecentomila unità.
Poi vi erano circa undicimila uomini apprtenenti a corpi regolari o semiregolari, di varie etnie dell'impero e organizzati in compagnie di trecento uomini(numerus). Generalmente queste unità erano specializzate nelle particolari attitudini belliche del popolo a cui appartenevano: cavalieri pesanti Batavi, arcieri Siriani e così via. Oltre ai numeri esistevano specializzazioni legate al territorio: furono create un'ala miliaria di lancieri (Ala I Ulpia Contariorum) e un'altra di truppe a dorso di dromedari (Ala I Ulpia Dromedariorum). Probabilmente la prima cavalleria d'urto pesante da contrapporre ai cavalieri catafratti Parti, la seconda contro le scorrerie dei predono del deserto. Da non trascurare l'impegno della marina imperiale fondamentale per lo spostamento delle truppe sui vari fronti e l'appoggio tattico sui grandi fiumi: Danubio, Eufrate e Tigri.
Infine va notato come in epoca traianea le legioni potenzino la loro artiglieria con l'adozione della chiroballista, che permetteva di combinare una notevole potenza di fuoco con una sufficiente mobilità.

Distribuzione etnica legioni traianee

 

Le motivazioni delle guerre di Traiano

Analizando la situazione dell'Impero all'inizio del principato di Traiano è possibile stabilire fra le motivazioni che spinsero l'Imperatore a riprendere l'estensione territoriale ormai ferma alla conquista della Britannia da parte di Claudio, tre componenti:

  • Strategica
  • Economica
  • Mitica

Prima di analizzare le singole componenti in relazione alla Dacia e alla Partia dobbiamo soffermarci un attimo su una visione globale dell'Eurasia dell'inizio del II secolo. Osservando un planisfero geopolitico possiamo notare che si era venuta a formare una catena ininterrotta di grandi imperi (e quindi di civiltà monumentali) che occupavano tutta la fascia temperata-subtropicale boreale dell'emisfero occidentale. Come possiamo vere in fig.1 a partire da ovest e andando verso est troviamo in successione: l'Impero Romano, l'Impero Partico, l'Impero Kushano, l'Impero Cinese. Fra un Impero e l'altro vi erano dei piccoli stati in condizione di vassallaggio alternata fra i due stati imperiali confinanti. Nel caso di Romani e Parti all'inizio del principato di Traiano al confine troviamo l'Armenia, l'Arabia Nabatea, l'Osroene e altri.

Fig.2 I grandi Imperi del I secolo


Attraverso queste grandi entità statuali correvano instancabilmente le merci seguendo piste carovaniere e rotte navali entrambe in grandissima parte al di fuori del controllo romano. I prodotti principali importati dal lontano oriente erano le spezie dall'India(sottomessa dai Kushiti) e la seta dal Celeste Impero. Ora essendo gestite queste rotte principalmente da mercanti Ebrei ed Arabi e passando attraverso vari paesi, il prezzo delle merci arrivava a Roma enormemente maggiorato gravando non poco sull'economia del mondo romano. A differenza dell'oriente il confine europeo presentava un unico stato organizzato: il Regno dei Daci.

Fig.3 Le campagne di Traiano

 

Componente Strategica

La conquista della Dacia permetteva di portare il limes oltre il Danubio mettendo al sicuro la Mesia e la Pannonia da uno stato pericoloso e bellicoso come quello dacico (vedi fig. 3). La politica di sicurezza imperiale iniziata dai Flavi aveva chiaramente subito un processo di maturazione, e la sua caratteristica fondamentale era divenuta una scelta deliberata a favore di frontiere regionali ottimali, non solo in base alla loro convenienza tattica e topografica, ma anche in base a ragioni strategiche in senso lato: in altre parole, delle frontiere che potremmo definire scientifiche. La conquista della Dacia portò infatti al consolidamento delle truppe danubiane su un livello di dieci legioni, disimpegnandone ben tre che poterono essere assegnate ad altre zone dell'Impero.
La conquista della Mesopotamia permetteva di portare il limes oltre il Tigri e l'Eufrate mettendo al sicuro le ricche province anatoliche e siriane. Infine si avrebbe avuto l'accesso al Golfo Persico e al mar Caspio (vedi fig. 3) creando delle flotte per questi mari con un evidente vantaggio militare di pressione sui popoli vicini.
Inoltre il Regno Dacico e l'Impero Partico erano gli unici due stati potenti e organizzati posti alle frontiere dell'impero: la loro eliminazione o ridimensionamento avrebbe permesso di annullare l'endemica situazione di sconfinamenti, scorrerie e incidenti di frontiera di quelle zone. Situazione che obbligava l'Impero a far stazionare ingenti truppe in zona lasciando intere province non presidiate.

Componente Economica

La Dacia era una regione molto ricca di risorse naturali e minerarie: legname, oro, argento, rame e ferro. In essa poi sfociava la grande via fluviale del Danubio che permetteva un accesso sicuro al Mar Nero per il commercio col regno vassallo del Bosforo. Principalmente però la questione economica fu dettata dall'esigenza di trovare nuove risorse aurifere. Ufficialmente nessuno a Roma conosceva l'esistenza di miniere d'oro in Dacia, ma probabilmente Traiano doveva aver assunto informazioni nei suoi dieci anni di governatorato della Germania Superiore. Oppure aveva avuto accesso a documenti molto antichi che parlavano di queste miniere. E' noto che Traiano si recò ad Alessandria d'Egitto per rendere omaggio al mausoleo di Alessandro Magno e nulla vieta di pensare che possa avere consultato nell'occasione testi remoti della famosa biblioteca alessandrina. Fra questi forse una versione dell'Iliade in cui si parlava in modo più esteso del popolo dei Traci, descritto, già nella versione che conosciamo, come immensamente ricco d'oro. I Daci erano della stessa stirpe dei Traci e ricerche archeologiche recenti in Romania e Bulgaria hanno confermato che già secoli prima della civiltà micenea e minoica erano stati capaci di produrre una civiltà raffinata con una produzione enorme di oggetti d'oro.
La Partia era una delle vie (vedi fig.2) su cui si muovevano le carovane che raggiungevano l'India e la Cina, le cui mercanzie (spezie e seta) erano fonte di grande dispendio di capitali per l'Impero(Plinio cita una spesa di 500 milioni di sesterzi all'anno solo per la seta) soprattutto perché Roma non poteva comprare direttamente dai produttori, ma vedeva il prezzo aumentare esponenzialmente a causa degli intermediari (in special modo Arabi ed Ebrei) e dei dazi imposti dall'Impero Partico. La conquista della Mesopotamia e la resa a stato cliente della Partia avrebbe praticamente portato i confini di Roma verso gli stati di partenza delle mercanzie abbassandone considerevolmente il prezzo.

Componente Mitica

Nel caso della Dacia si trattava di un ritorno alle radici ancestrali del popolo latino, che nel remoto passato (II millennio A.C.) si era mosso dalle montagne e foreste dei Carpazi fino a giungere in Italia centrale, essendo esso stesso parte della grande migrazione indoeurepea. Non a caso nell'Eneide ai Troiani fuggiaschi una sibilla a Cartagine disse:"Perché non andate dai vostri fratelli?" I fratelli erano i Latini, il cui re Latino riconobbe immediatamente i Troiani come appartenenti alla "gens latina". Latini e Troiani erano venuti entrambi dal lontano est ed ora si erano incontrati. Questo est mitico si situava nelle selvagge terre della Dacia. Non a caso la moderna Romania è rimasta un isola latina in un mare di slavi.
Nel caso della Partia era evidente la suggestione del mito di Alessandro. Raggiungere Babilonia (una città che gli antichi consideravano la prima delle città costruite dall'umanità) e il Golfo Persico e da qui prepararsi per un ulteriore balzo verso la misteriosa India non sono fattori da escludere nella decisione dell'impresa. Inoltre vi era da vendicare le sconfitte di Crasso e Marco Antonio, che ancora bruciavano al prestigio di Roma.
Bisogna poi ricordare che Traiano fu il primo imperatore di nascita non italica, e come tale con una visione globale dell'impero. Le singole province non vengono più viste semplicemente come territori dipendenti dall'Italia ma compartecipi della grandezza dell'impero. La filosofia di Traiano si imperniava sul concetto che Roma perché potesse sopravvivere doveva continuare ad espandersi, e che il motivo per cui doveva farlo è la missione civilizzatrice affidatagli dagli dei. Con tale weltschaung e con l'ideologia imperiale della Roma aeterna, qualsiasi impresa poteva sembrare fattibile.


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Le immagini sono tratte da
- http://www.arsbellica.it (modificata leggermente)
- Atlante storico Garzanti