Skip to content
You are here:Home arrow Articoli arrow Storia arrow Introduzione allo studio di KARL von CLAUSEWITZ e del suo Vom Kriege - I^ p.


Introduzione allo studio di KARL von CLAUSEWITZ e del suo Vom Kriege - I^ p.
(2 voti)
Scritto da Mario Ragionieri   

Cari amici inizio con questo articolo un nuovo capitolo dedicato allo studio del libro Vom Kriege scritto dal Gen. prussiano Karl von Clausewitz; il libro è da ritenersi opera fondamentale per chiunque studi la strategia militare e le origini ed i significati della guerra. Il testo viene tuttora studiato nelle accademie militari in quanto, in certe sue parti, è da ritenersi ancora validissimo.
Il modo di esprimersi di Clausewitz è legato all'epoca in cui viveva dove i concetti dovevano essere chiariti nel modo migliore anche ripetendoli più volte in considerazione del livello culturale delle persone a cui il testo era diretto.
Il titolo Vom Kriege (in italiano "Della Guerra") indica l'opera maggiore del nostro autore (in realtà è suddivisa in otto libri) pubblicata tra il 1832 e il 1837 dopo la sua morte avvenuta a Breslavia il 16 novembre 1831 per effetto del colera contratto in servizio (forse botulino allora sconosciuto).

 

STORIA DEL PERSONAGGIO

Clausewitz nasce a Burg il 1° giugno 1780; a 12 anni egli abbraccia la carriera militare ( siamo nel 1792) ed entra a far parte dell'esercito come portabandiera. Nel 1794 a 14 anni è nominato ufficiale.
Rivela presto forti inclinazioni per lo studio, è un grande lettore di storia. Viene proposto per l'ingresso nella Scuola Militare di Berlino dove arriva nel 1801 ed ha per maestro il generale von Scharnhorst in quel momento importante figura di politico-militare che contribuirà negli anni a venire alla riforma dell'esercito prussiano. Nel bienio di studi a Berlino Clausewitz diventa il miglior allievo e Scharnhorst, che ne nota il talento, lo prende sotto la sua protezione. Grazie a questa amicizia così importante Clausewitz riesce ad entrare più tardi negli ambienti della corte. Nel 1804 conosce Maria von Brhul che diventa la sua fidanzata non senza ostacoli da parte della famiglia di lei che non vede di buon occhio che la figlia vada in sposa ad un militare.
Nella guerra del 1806 è aiutante del principe Augusto di Prussia e combatte ad Auerstaedt e nel disastro dell'esercito prussiano sconfitto da Napoleone, viene fatto prigioniero dai francesi e trascorre un anno di prigionia in Francia. Dopo la pace di Tilsit torna in patria dove svolge alcuni incarichi di carattere politico - militare con Scharnhorst che nel 1809 lo chiama presso di se al ministero della Guerra facendone il suo più stretto collaboratore.
E' il periodo delle grandi riforme nell'esercito Prussiano promosse da Scharnhorst: servizio militare obbligatorio, affiancamento all'esercito di una milizia nazionale, eliminazione delle pene umilianti e di molti privilegi della nobiltà, rinnovamento dell'apparato e preparazione del "popolo in armi" per la guerra di liberazione. Dopo il disastro di Jena i prussiani hanno recepito la lezione della Rivoluzione francese e di Napoleone.
Nel 1810 Clausewitz sposa Maria von Brhul e nel 1812 dopo che la Prussia si è alleata con Napoleone per la campagna contro la Russia, il maggiore Clausewitz lascia la patria per mettersi agli ordini dello Zar. Egli non è un esperto in guerra ma vuole combattere Napoleone che considera un despota e un oppressore anche se ne ammira il talento militare. Tenente colonnello zarista, si batte durante la campagna di Russia in modo particolare a Borodino. Alla fine della ritirata francese egli viene inviato come parlamentare presso il generale York che comanda le truppe prussiane a fianco dei francesi. Lo convince a firmare la convenzione di Tauroggen con la quale le truppe prussiane passano dal campo francese a quello russo anche se la Prussia è ancora formalmente alleata della Francia.
Nel 1813 parteciapa alla guerra di liberazione nazionale come capo di Stato Maggiore del corpo russo-prussiano e nel 1814 con il grado di colonnello rientra nell'esercito prussiano mantenendo lo stesso incarico. Nel 1815 è capo di Stato Maggiore del III corpo prussiano con il quale combatte a Ligny; in seguito, con la sconfitta della Francia, entra a Parigi.
Con la fine della guerra, Clausewitz è designato capo di Stato Maggiore del maresciallo von Gneisenau. Nel 1818 con il grado di maggior-generale, viene nominato direttore della Allgemeine Kriegsschule, incarico che ricopre fino al 1830, quando Gneisenau lo chiama presso il suo comando sempre come capo di Stato Maggiore dell'esercito impegnato in operazioni di osservazione ai confini orientali a seguito della insurrezione polacca contro la Russia. Muore di colera nel 1831 come abbiamo già detto.
Negli anni della Kriegsschule egli riesce a scrivere il libro che nel 1830 sarà chiamato Vom Kriege ("della guerra") che uscirà postumo a cura della moglie e dei suoi amici e allievi nel 1832 a Berlino.
Di questo libro che rappresenta il primo e fino ad oggi più elevato tentativo di interpretazione filosofica della guerra andremo di seguito a parlare tenendo conto che, nonostante egli abbia tratto insegnamenti dagli avvenimenti della sua epoca e che oggi tali insegnamenti risultano ovviamente superati, per quanto riguarda gli aspetti permanenti della guerra quali strategia, supremazia della politica, imponderabilità dell'azzardo, guerriglia, valore del fattore umano, l'importanza della guerra di difesa, pericoli dell'offensiva, guerra di annientamento, natura del genio militare, egli ha scritto inconsapevolmente l'opera per il nostro tempo e non per il tempo in cui viveva.


Sharnhorst e Gneisenau



INTRODUZIONE

La rivoluzione francese e il successivo avvento di Napoleone avevano provocato anche nel modo di fare la guerra una vera e potente rivoluzione; avevano cambiato alcune regole ormai stabilite da secoli cioè la guerra non era più un giuoco tra dinastie ma una causa popolare che esprimeva l'impegno attivo delle masse e il perseguimento di un ideale. Quello che fino a poco prima era un suddito, diventava cittadino con pieno diritto di combattere per la propria patria e difenderla se necessario da qualsiasi aggressione.
Gli eserciti del 700 erano fatti da elementi professionisti che servivano anche per il mantenimento dell'ordine pubblico e proprio per il loro difficile reclutamento nessuno si sentiva di rischiarli in una guerra portata a fondo. La distruzione dell'esercito avrebbe reso il sovrano impotente di fronte a qualsiasi pretesa territoriale dell'avversario. Per questo la condotta delle operazioni belliche era improntata più sulla manovra che non sulla battaglia vera e propria con l'utilizzo solo parziale della forza a disposizione.
Ma con la Rivoluzione francese tutto cambia; i cittadini vengono arruolati prima come volontari e poi, in forza della legge Jourdan del 1798, come coscritti veri e propri. La condotta delle operazioni belliche mutò drasticamente; la guerra si trasformò in una lotta per la vita e per la morte tale da mettere in serio giuoco il futuro delle nazioni belligeranti. Si comprese che solo con l'adozione del sistema francese si poteva creare una coalizione di stati in senso antinapoleonico al fine di distruggere le forze dell'Imperatore.
E' in questo momento che Clausewitz trae le prime idee per portare avanti uno studio sulla teoria che riguarda la guerra, definendone i motivi e i particolari. Egli si pone delle domande sulla natura della guerra e cerca a modo suo di dare delle risposte; risposte che in parte come abbiamo detto non solo costituiranno un opera fondamentale per lo studio del "fenomeno" guerra ma che influenzeranno il pensiero militare del XIX e XX secolo.
Il pensiero di Clausewitz sarà anche alla base della teoria Marxista della guerra che vi si ispira in grande misura attraverso l'interpretazione data da Lenin che viene spesso definito il migliore allievo del generale prussiano. Infatti Lenin estese le teorie di Clausevitz dal campo della lotta militare a quello della lotta politica. "L'intero leninismo può essere ridotto all'operazione di traduzione delle leggi della guerra in quelle della lotta politica: è per questo che Lenin incitava i militari del suo partito a studiare Clausewitz".

L'opera del nostro autore è articolata in 8 libri: il I "Dell'essenza della guerra", il II "Della teoria della guerra", il III "Della strategia", il IV "Il combattimento", il V "Le forze combattenti", il VI "La difensiva", il VII "L'offensiva" , l'VIII "Il piano di guerra". L'opera costituisce un insieme estremamente completo e coerente con continui richiami e collegamenti tra le varie parti.
Inizieremo lo studio dal secondo volume onde rendere al lettore più chiaro il pensiero di Clausewitz.

DELLA TEORIA DELLA GUERRA:

In questa parte dell'opera Clausewitz non intende studiare un nuovo metodo di condurre la guerra o un nuovo tipo ti guerra. Cerca di arrivare ad una teoria generale che interpreti il fenomeno guerra e che tenga conto dei legami esistenti con le condizioni sociali e politiche e in parte anche economiche degli stati. Pertanto procede sul duplice binario di osservazione del ruolo della guerra sia negli affari degli uomini sia nella condotta delle operazioni militari.
Disporre di una teoria generale è molto importante. I marxisti hanno compreso benissimo la cosa e questo è molto probabilmente alla base dei loro successi. Mao, Giap, ecc. non hanno dedicato invano molto del loro tempo nello studio della teoria della guerra.
La teoria della guerra non consiste in una elaborazione di una dottrina ma di una profonda meditazione sul significato del fenomeno in modo che sia capace di "formare lo spirito del futuro capo a condurre la guerra o, meglio ancora, a dirigerlo nel lavoro di formazione di se stesso, senza avere la pretesa di accompagnarlo sul campo dell'azione". La teoria deve comunque essere in accordo con la pratica e avere un riscontro nell'esperienza personale e in quella che la storia insegna. Solo se considerata in questo modo può essere utile. Solo in questo modo il sapere può trasformarsi in potere.
Clausewitz constata che "la guerra è lotta. La condotta della guerra consiste nel predisporre e nel dirigere la lotta armata. Quest'ultima non si esaurisce in un solo istante, ma si scompone in un numero più o meno grande di atti distinti tra loro che sono i combattimenti. Da ciò derivano due attività diverse: predisporre e dirigere i combattimenti in se stessi, e questa è la tattica; collegare fra loro i combattimenti per conseguire lo scopo della guerra, e questa è la strategia".
Ma la lotta non è fine a se stessa; essa costituisce soltanto un mezzo attraverso il quale si possono perseguire alcune finalità politiche. Siccome il mezzo non può essere studiato senza considerare il fine, la teoria deve tenere presente tutte le connessioni esistenti tra la guerra e l'insieme delle finalità politiche e sociali di cui fa parte. La guerra appartiene alla vita politica e sociale; è un conflitto di enormi interessi che vengono regolati con lo spargimento di sangue. Inoltre l'autore dimostra che l'intero fenomeno denominato "guerra" è profondamente influenzato anche da altri fattori quali quelli spirituali, morali, intellettuali; essi sono l'anima della forza impressa a tutta la materia. Qualsiasi teoria che non tenesse conto di questi fattori umani sarebbe solo astratta.

Nel primo libro Clausewitz pone due domande e precisamente: "che cosa è la guerra?" e "Quali sono gli scopi e i mezzi?".



CHE COSA E' LA GUERRA (i rapporti esistenti tra guerra e politica)

La guerra rappresenta un fenomeno sociale molto complesso e con aspetti molto diversi tra loro. La sua esistenza va analizzata contestualmente all'evoluzione delle società e delle relazioni tra nazioni. Lo studio delle connessioni tra la guerra e la politica rappresenta il nodo centrale della teoria della guerra. Studiando un quadro così rappresentato si possono capire i meccanismi che sono all'interno dei conflitti e tutti i parametri che li caratterizzano e li condizionano. Lo studio dei rapporti fra la politica e la guerra è a monte della definizione, degli scopi e degli obiettivi che l'organismo militare deve perseguire; e questo influenza la strategia, la preparazione dello strumento bellico nonchè la delimitazione delle competenze del capo dello stato e del comandante militare.
Secondo le affermazioni di Clausewitz la guerra è un atto di violenza destinato a costringere l'avversario a subire la volontà di chi la promuove. La guerra consiste nell'utilizzazione effettiva o potenziale della forza o comunque dei mezzi di imposizione militare nei rapporti tra gli stati.
Si potrebbe affermare, traendo il concetto dall fisica, che ogni azione provoca una reazione uguale e contraria, così in guerra uno sforzo prettamente offensivo provoca dall'altra parte uno sforzo difensivo per riuscire a neutralizzarlo. Noi sappiamo che chi attacca deve sempre profondere uno sforzo maggiore al fine di superare la resistenza di chi si difende e tanto maggiore sarà la resistenza tanto più forte sarà l'impegno per debellarla istaurando una corsa ad una sempre maggiore violenza fino a che le forze della parte meno forte non saranno tutte impegnate. Il proseguimento dell'attacco produce allora la fase decisiva della guerra con il crollo del difensore che non ha più risorse umane e materiali da opporre.
Da questo Clausewitz trae la conclusione che la guerra non è fine a se stessa ma costituisce un mezzo per perseguire degli scopi prettamente politici. Naturalmente quanto si vuole perseguire politicamente deve essere misurato a quanto si e militarmente capaci di ottenere. Da questo deriva chiaramente la subordinazione del comandante militare al capo di stato e della guerra alla politica.
Continua Clausewitz: "La guerra non è solo un atto della politica, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi... I disegni della politica non devono trovarsi in contraddizione con i mezzi militari e il comandante in capo deve esigerlo in ogni caso... Qualunque sia la relazione con i disegni politici, essa (la guerra) non può andare al di là di una semplice modificazione dei medesimi, perchè il disegno politico è lo scopo, la guerra è il mezzo e un mezzo senza scopo non può concepirsi".
Per Clausewitz esistono due tipi di guerra: una da considerarsi "maggiore" di annientamento ed una guerra ad obiettivi limitati. I fini politici perseguiti e il rapporto di forze esistente con l'avversario sono i fattori che determinano il tipo di guerra a cui si intende ricorrere. L'essenza della guerra sempre secondo il nostro autore consiste in "una straordinaria trilogia, in cui si trovano: la violenza originaria, che è un impulso naturale e cieco; il giuoco delle probabilità che ne fa una libera attività dell'animo; la sua natura subordinata di strumento della politica, attraverso cui raggiunge il puro intendimento. Il primo di questi aspetti interessa il popolo e lo strumento bellico, il secondo il comandante militare; il terzo il capo di stato". A questa trilogia corrispondono quelle esistenti tra tattica, strategia e politica; tra vittoria tattica, scopo nella guerra, cioè obiettivo militare, e scopo nella guerra, cioè fine politico; fra forze materiali, morali e intellettuali. Comprendendo il significato di queste trilogie si può comprendere il fenomeno guerra sempre secondo Clausewitz. Ne deriva dunque che l'intervento della passione e del caso fa si che la guerra reale sia diversa sia dalla guerra assoluta che da quella limitata e razionale guerra politica. Quindi per il nostro autore in realtà le guerre non sono due come sopra detto ma tre: quella assoluta, quella razionale, limitata e politica e quella reale. Per comprendere dunque il pensiero di Clausewitz sulla natura della guerra si deve sempre tenere conto di questa trilogia.

Tra la pace e la guerra esiste ovviamente una distinzione nettissima. La guerra è appunto un mezzo per creare un nuovo equilibrio quando quello precedentemente esistente non esiste più e un mutamento non può avvenire con altri mezzi. La guerra è quindi una azione consapevole della politica, basata sulla valutazione di quali sono i guadagni e i costi e i rischi che comporta intraprendere una attività bellica sia offensiva che difensiva.
Vista in questi termini la guerra è priva di ogni significato se non viene considerata nella sua più ampia visione politica. La distruzione delle forze nemiche e la conseguente vittoria militare non hanno alcun significato in se stesse ma lo acquisiscono soltanto in quanto mezzi per raggiungere un fine politico. La guerra dunque è lo strumento di una visione politica per cui il fine politico è sempre quello che predomina su tutto. Una strategia basata solo su scopi militari non acquisisce alcun significato; è la necessità politica che deve regolare la violenza bellica. Inoltre la politica mantiene la sua supremazia anche durante il conflitto in quanto gli obiettivi strategici vanno costantemente adeguati ai fini politici e questi ultimi devono essere a loro volta adeguati velocemente in base all'andamento delle operazioni belliche e delle reazioni che avvengono, a causa del conflitto, negli ambienti internazionali. In pratica alla militarizzazione della politica corrisponde una politicizzazione della guerra.



SCOPI E MEZZI DELLA GUERRA

In teoria la guerra si propone il compito di arrivare al disarmo e alla distruzione del nemico. E' necessario distruggere le forze militari del nemico, conquistarne il territorio e togliergli ogni capacità e volontà di continuare a lottare. Questo naturalmente sempre sul piano astratto della guerra assoluta. L'azione politica interviene fissando gli obiettivi militari ed arrestando il conflitto anche senza aver conseguito gli obiettivi che si proponeva con la guerra. Due possono essere i motivi di questo: la scarsa probabilità di successo dovuta al fatto che le operazioni si sono svolte in modo diverso da quello previsto e pianificato e quindi il prezzo troppo elevato che si dovrebbe pagare per piegare o imporre la propria volontà all'avversario che nello svolgimento delle operazioni si è rivelato più forte di quanto previsto.
Il mezzo della guerra è rappresentato dai combattimenti che nel loro insieme costituiscono la battaglia; solo con essa si può raggiungere lo scopo fissato. Le manovre e gli stratagemmi tipici del settecento non hanno molto valore se il combattimento non porta ad un contributo determinante.
Clausewitz attribuisce alla battaglia l'importanza maggiore rispetto alla manovra (ricordo a tale proposito quando Hitler sostituendo von Manstein nel 1944 sul fronte russo disse testualmente, pur ringraziandolo per l'opera decisiva compiuta fin li: "Non ho più bisogno di un generale che manovri ma di uno che resista" si riferiva a Model come sostituto naturalmente; il cosiddetto "pompiere del Fuhrer") in questo seguendo e incorporando nella teoria della guerra gli insegnamenti di Napoleone che era sempre alla ricerca della battaglia decisiva di annientamento a cui erano finalizzate tutte le manovre sul campo.
Napoleone secondo Clausewitz aveva chiaramente dimostrato il vantaggio che si acquisisce con la determinazione di fronte ad avversari che non sono molto convinti di dare battaglia. Per avere dei risultati positivi nel contesto generale della guerra, bisogna sfruttare con la massima energia, inseguendo senza sosta e senza pietà il nemico, le singole vittorie tattiche e queste non possono essere che il risultato di molto sangue versato e non delle manovre che per quanto astute e brillanti non portano al conseguimento della battaglia decisiva. Se si vuole rinunciare ai sacrifici è bene non scendere in guerra ma accettare ciò che l'avversario ci impone.
Se si prende invece la decisione di combattere, occorre farlo con la massima determinazione perchè la guerra non è un passatempo nè un giuoco intellettuale ma una cosa seria e vitale per lo Stato e per la nazione.
Per finire diremo dunque che la guerra è un "camaleonte" che cambia di colore con il mutare delle circostanze, ricordandoci sempre che "La guerra è uno strumento di una visione politica; l'organismo militare è il sottosistema del sistema sociopolitico che lo ha espresso". Una strategia concepita in termini puramente militari non ha quindi alcun significato. La stessa politica di difesa non è da considerarsi una politica vera e propria; è solo la difesa di una politica.

MARIO RAGIONIERI

Ringrazio fin d'ora i lettori che vorrano con pazienza leggere questo articolo.
Seguirà la seconda puntata sempre dedicata a Clausewitze al suo Vom Kriege dove parleremo del piano di guerra, della guerra assoluta e della guerra reale.

-------------------------------------------
Ricordo ai lettori le mie pubblicazioni di storia del periodo 1918/1946 che si trovano in vendita nelle librerie:

-- 8 settembre 1943 fine di un sogno di gloria. Editori dell'Acero, 2001

-- Dalla democrazia al regime 1919-1929 i primi anni del fascismo. Editori dell'Acero, 2003

-- Hitler e Stalin il tempo dell'amicizia e il tempo della guerra... Editori dell'Acero, 2004