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I volontari sovietici nell'Esercito Tedesco durante la 2^ GM - II^ parte
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Scritto da A.   

I VOLONTARI SOVIETICI NELL'ESERCITO TEDESCO NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

PARTE SECONDA - I COSACCHI

Nell'immaginario popolare ed iconografico, i Cosacchi sono quanto di più legato alla Grande Madre Russia ci possa essere, quand'anche essa fosse stata sotto le vestigia dell'Unione Sovietica; i non più giovani ricorderanno di certo il desiderio di alcuni di "far abbeverare i cavalli dei Cosacchi a San Pietro".

Partendo da questo presupposto, si potrebbe pensare che il loro contributo per l'Armata Rossa alla Grande Guerra Patriottica (così in Russia ed in quasi tutte le altre Repubbliche ex sovietiche è chiamata la Seconda Guerra Mondiale) sia stato memorabile.

Ma non è stato così.

Infatti, molti di loro avevano combattuto nella guerra, ma anche dalla parte della Germania e dei suoi alleati dell'Asse. Meno eclatante invece la loro presenza nell'Armata Rossa, dove nel 1942 solo tre delle innumerevoli divisioni di cavalleria sono specificamente riferite come Cosacche (la 15^, la 16^ e la 32^); aggiungo che, secondo altre fonti, nel 1936 le divisioni erano cinque.

Dobbiamo quindi primariamente chiederci perché uomini che impersonavano in questo modo la Grande Madre Russia più profonda siano andati a combattere nelle fila del nemico.

La motivazione non era certo la fede nazionalsocialista dei Cosacchi, né l'appartenenza ad una delle nazionalità che nell'URSS si sentivano oppresse, né, alla luce del detto "primum vivere", la necessità di sfuggire alle durissime condizioni che la Germania imponeva ai soldati dell'Armata Rossa catturati.

Per capire qualcosa di più dobbiamo guardare un po' indietro, come capita sempre nella Storia.

Le popolazioni Cosacche erano (e sono tuttora) perlopiù stanziate nel sud-est dell'Ucraina e nel sud della Russia nei pressi del Nord Caucaso (attorno al Mare d'Azov, per intenderci, in un area in cui il centro più importante è Rostov-na-Donu). Altre comunità erano (e sono) situate sempre nella regione del Caucaso, nella zona del Terek e di Astrakhan, e nella zona degli Urali, concentrati soprattutto nell'area di Orenburg, più alcuni insediamenti in Siberia lungo i confini con la Mongolia e la Cina.

Facevano vita comunitaria (e le donne nelle comunità avevano un ruolo importante), sotto la guida di un Atamano, vivevano di caccia e pesca, meno di agricoltura, ottimi cavalieri ed ottimi combattenti. Erano, e sono tuttora, di religione ortodossa; anzi, il loro impasto di ortodossia e patriottismo ci fa capire quanto sia diversa l'attitudine della Chiesa e dei fedeli ortodossi (il polmone orientale del Cristianesimo secondo la definizione di Giovanni Paolo II) nei confronti del potere rispetto a quello del Cristianesimo occidentale (il polmone occidentale).

Inevitabilmente, l'espansione verso sud nei secoli dell'Impero zarista aveva portato quest'ultimo all'attrito con i Cosacchi; dopo inevitabili guerre e rivolte, i Cosacchi con il progredire del tempo venivano cooptati anche militarmente nell'Impero dapprima in un ruolo che potremmo definire non troppo dissimile da quello dei Grenzer nell'esercito Asburgico. In seguito, dalla seconda metà del Settecento, considerata la loro granitica lealtà e le loro grandi capacità militari (nonché la loro ferocia che li rendeva temuti), erano poi stati inseriti nell'esercito regolare, specialmente nelle unità di cavalleria, perdendo però la loro autonomia.

Leggendo sulla ritirata di Russia della Grande Armata, avrete senz'altro letto che il terrore delle truppe napoleoniche era destato soprattutto dai partigiani ante litteram e dai Cosacchi, allora comandati dall'Atamano Platov, per le loro incursioni sulle colonne in ritirata e sui reparti rimasti isolati.

Nel 1902 i Cosacchi nell'ordinamento di pace dell'esercito russo contavano su 53 reggimenti e 14 sotnie (squadroni autonomi non irreggimentati) di cavalleria, 20 batterie di artiglieria a cavallo e 6 battaglioni di plastuni (cacciatori reclutati tra la popolazione cosacca del Kuban, una sorta di alpini del Caucaso). Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si arriverà a 152 reggimenti e 57 sotnie di cavalleria, 39 batterie di artiglieria a cavallo e 18 battaglioni di plastuni Su una comunità di circa 4.500.000 persone, durante la Grande Guerra ne verranno mobilitate diverse centinaia di migliaia. Dal punto di vista amministrativo, ai distretti cosacchi era associato il piccolo territorio, poco più di 300.000 persone, dei Calmucchi, una popolazione di ceppo asiatico e di religione buddista sempre alleata dei Cosacchi, ora facente parte della Russia come Repubblica dei Calmucchi, con capitale Elista e situato nel Nord Caucaso.

L'attitudine dei Cosacchi alla battaglia farà sì che saranno gli unici reparti dell'esercito zarista ad essere estremamente temuti sia dai reparti austro-ungarici, ma anche, e questo è molto significativo, dai reparti germanici. Di contro, alcune unità cosacche conosceranno la stessa sorte della grande parte delle unità di cavalleria degli altri eserciti della Grande Guerra, vale a dire l'appiedamento ed il servizio in trincea, anche se le vastità del fronte orientale ne faranno mantenere in essere molte altre nel loro ruolo elettivo di cavalleria.

Il rovinoso termine della Grande Guerra, la rivoluzione del 1917 e la conseguente guerra civile tra "Rossi" e "Bianchi" (cioè i rivoluzionari e gli zaristi, per chiarire meglio il concetto a chi non conoscesse questa sanguinosissima e dolorosa pagina di storia) porta, direi quasi naturalmente considerando le radici rurali, la fedeltà incrollabile allo Zar e la profonda fede ortodossa, i Cosacchi a schierarsi quasi intieramente dalla parte dei "Bianchi", nonostante i continui dissidi con gli inetti, ottusi ed ultrareazionari generali bianchi. Con la sconfitta nella guerra civile, i Cosacchi sopravvissuti si rinchiuderanno in loro stessi sotto i colpi della collettivizzazione e della repressione staliniste, che negavano ogni peculiarità etnica e sociale alle comunità cosacche, mentre alcuni dei loro capi riusciranno ad emigrare, principalmente in Francia, gonfiando le fila dei cosiddetti emigrées (gli esuli zaristi, molti dei quali aristocratici ed ex ufficiali, fuggiti all'estero dopo la Rivoluzione d'Ottobre e la guerra civile).

E' quindi l'esperienza della sconfitta, unitamente alla totale mancanza di condivisione delle basi sociali e della forma mentis della rivoluzione nonché il duro trattamento stalinista, che porta, dopo l'invasione dell'URSS nel 1941, parte di loro a schierarsi con i tedeschi ed i loro alleati. Da non sottovalutare inoltre anche che, mentre nel resto dei territori sovietici occupati i nazisti si erano ben guardati dallo smantellare la collettivizzazione delle campagne e le sue strutture, solo ai Cosacchi era stata promessa la "rikulakizzazione", vale a dire la distribuzione delle terre collettive ai singoli contadini in forma di proprietà privata individuale. Inoltre, era stata autorizzata anche la creazione di comunità autonome cosacche nei territori di origine.


Cosacchi della Revell



Vediamo ora la storia delle unità Cosacche dell'esercito tedesco.

Nell'agosto del 1941, nella regione di Mogilev, un reggimento di fucilieri dell'Armata Rossa, si arrende integralmente ai tedeschi persuaso dal proprio comandante, tale maggiore Ivan Nikitovic Kononov.

Quest'ultimo non era un anonimo maggiore come tanti altri, ma aveva qualcosa di più. Nato nel 1900, era un Cosacco, figlio di un capitano dei Cosacchi del Don dell'esercito zarista, fucilato dai bolscevichi nel 1918; per quanto possa sembrare sorprendente il figlio Ivan è uno dei pochi Cosacchi a combattere durante la guerra civile nell'Armata Rossa dapprima come soldato semplice, poi come ufficiale nella mitica cavalleria di Budenny. Proseguirà la carriera nell'Armata Rossa dopo la guerra civile, fino all'ammissione nella celeberrima Accademia Militare Frunze, da cui uscirà con il brevetto di ufficiale di Stato Maggiore.

A questo punto, nonostante le direttive hitleriane che vietavano l'arruolamento di militari sovietici che, in quanto slavi, erano considerati esseri inferiori (untermenschen), il generale tedesco responsabile del settore di Mogilev, von Schenkendorf, alle prese con il problema endemico delle bande partigiane che rendevano precarie retrovie e linee di comunicazione, ha una intuizione. Autorizza il maggiore Kononov a formare un reggimento cosacco, numerato semplicemente e burocraticamente 102, in funzione della lotta antipartigiana.

Questo avvenimento segna ufficialmente la nascita delle unità cosacche nell'esercito tedesco. La notizia si diffonde tra gli innumerevoli emigrées, provocando grande entusiasmo, nonché un endorsement, con una celebre lettera del dicembre 1941, molto importante da parte di un ex generale zarista ed Atamano cosacco eroe della guerra civile, rifugiato a Berlino e molto amato dal suo popolo, Petr Nikolaevic Krasnov.

Anche le direttive hitleriane si muovono, ed all'inizio del 1942 viene autorizzata la nascita di unità composte da militari sovietici, ma solo a livello battaglione agli ordini di comandanti tedeschi; ma il solito von Schenkendorf, che aveva apprezzato l'efficienza degli uomini di Kononov (che infatti nell'autunno 1942 viene promosso tenente colonnello), il reggimento 102 cambia sì denominazione, passando da reggimento ad Abteilung (termine volutamente generico), ma il numero 102 viene sostituito dal 600 che è soprattutto ed ufficialmente accompagnato dal termine Kosaken. Nasce il Kosaken-Abteilung 600.

L'esercito tedesco, con i suoi alleati dell'Asse, prosegue intanto nella sua avanzata nell'interno dell'Unione Sovietica, ed arriva nei territori cosacchi, dove viene accolto con grande entusiasmo e trova migliaia di Cosacchi che si presentano chiedendo di arruolarsi per combattere contro l'Armata Rossa, seguendo l'esempio del Kosaken-Abteilung 600. Intanto, comincia anche il flusso di arruolamento da parte degli emigrées e di celebri anziani capi cosacchi ed ex ufficiali zaristi eletti Atamani, come Nikolai Lazarevic Kulakov e Sergei Vassilevic Pavlov, che crea un proprio reggimento di Cosacchi del Don. Collegandomi a quanto già accennato nella seconda pagina, il passato si ripete anche perché si presentano all'arruolamento nelle unità cosacche anche dei Calmucchi.

Urge quindi riorganizzare tutto su nuove basi.

Vengono quindi, in aggiunta, creati nuovi reggimenti di cavalleria cosacca, che prendono il nome del loro comandante tedesco, come i reggimenti Böselager, Jungschultz, Lehman e von Wolff (volksdeutsch della Lettonia), ed un reggimento di fanteria che riprende la denominazione storica plastuni, al comando del maggiore von Renteln. Quest'ultimo rappresenta molto bene il legame che, attraverso il Baltico, il mondo germanico ed il mondo russo hanno avuto ed hanno, in quanto era un nobile volksdeutsch, appartenente cioè alla nobiltà germano-baltica molto importante sia nella corte che nella burocrazia che nell'esercito zaristi (solo per fare un esempio, due generali d'armata dell'esercito zarista nella Grande Guerra si chiamavano Rennenkampf e Scheidemann); per la precisione, von Renteln era stato ufficiale dell'esercito zarista, nella prestigiosissima cavalleria della Guardia Imperiale.

Urgeva però trovare un generale tedesco capace di comandare queste unità così particolari, e questi viene individuato nel generale Helmut von Pannwitz, un capace ufficiale slesiano di cavalleria, che si fa aiutare, nell'analisi dei problemi inerenti al suo nuovo comando, chiede la collaborazione del generale Ernst Kostring, ex addetto militare dell'ambasciata tedesca a Mosca (era, tra l'altro, persino nato a Mosca) e grande specialista di questioni russe e sovietiche, responsabile dell'area del Caucaso. Di suo, von Pannwitz imparerà il russo (conosceva, grazie alla sua origine slesiana, già il polacco), e studierà profondamente sia le tradizioni cosacche che, pur essendo protestante, la religione ortodossa. E pretenderà la stessa sensibilità da parte degli ufficiali tedeschi al suo comando.

Il lavoro è proficuo; arruolati ed unità si moltiplicano (evito però di tediarvi con lunghi elenchi di reparti), viene sviluppato un corpo ufficiali misto tedesco (entrano nei ranghi anche parecchi aristocratici come ad esempio von Knalben, il conte prussiano Dohna ed il principe di Salm-Horstmar) e cosacco (specie emigrées) e viene organizzato un addestramento efficiente, che porta le unità cosacche a comportarsi molto bene nei combattimenti e nella lotta antipartigiana. Vengono mantenute quattro importanti peculiarità cosacche, vale a dire l'elezione di Atamani, la distinzione anche nei distintivi uniformologici e nelle bandiere in base alla comunità di appartenenza (Kuban, Don, Terek, Siberia eccetera), il rispetto degli usi e delle tradizioni delle stesse e la possibilità, per le truppe, di portarsi con sé donne, bambini ed anziani appartenenti alla proprie comunità, fondamentale questo nelle fasi di abbandono dei propri territori durante la ritirata sotto l'incalzare martellante dell'Armata Rossa. Altra peculiarità era quella della lingua. Essendo il russo la lingua preponderante nei reparti, von Pannwitz pretendeva che gli ordini fossero dati in russo e non in tedesco; non essendo molti ufficiali tedeschi in grado di parlarlo fluentemente, dapprima gli equivoci si moltiplicavano, con il tempo nasceva una lingua "interna", in realtà un impasto di tedesco e russo, che riusciva a superare questi problemi comunicativi. Nota uniformologica : nelle occasioni ufficiali , i reparti uniformi proprie che richiamano quelle storiche dei Cosacchi, ivi compresi i tipici copricapo, mantello, uniforme e sciabola che richiamavano il periodo zarista.

Alla fine, l'esercito tedesco viene gradualmente respinto dalla Russia, ed i Cosacchi sono raggruppati in Polonia, dove giungono flussi di nuovi arruolati sia tra gli ex prigionieri sovietici che tra i soliti emigrées. Qui, il 21 aprile 1943, a von Pannwitz ed i suoi Cosacchi viene riconosciuto l'ottimo standard di combattimento da parte dello Stato Maggiore (OKH) tedesco, con la costituzione ufficiale della 1^ Divisione Cosacca.

Ma il record antipartigiano della divisione non passa inosservato, e nell'autunno 1943 von Pannwitz ed i suoi Cosacchi vengono spediti in Croazia, dove infuria una guerra partigiana a dir poco feroce (credo che, di tutti i fronti della Seconda Guerra Mondiale, quello yugoslavo sia stato quello in cui la lotta si sia distinta maggiormente per spietatezza e sanguinosità; non a caso, in quel fronte anche alti ufficiali italiani sono stati accusati, e se non mi sbaglio anche condannati in contumacia, di crimini di guerra). Altre unità minori continueranno a combattere sui fronti orientale ed occidentale, ma seguiamo le sorti del grosso della divisione.

Si insedia nella Slavonia Orientale, lungo il corso della Sava, una zona dove il controllo del territorio è problematico ed i sistemi elusivi delle bande partigiane disorientano i Cosacchi; molto più successo ha invece il compito, ideale per delle unità di cavalleria, il presidio della ferrovia Zagabria-Belgrado, un asse strategico.

Nell'anno successivo i Cosacchi si distinguono per le buone qualità di combattenti antipartigiani in una serie di operazioni in luoghi che, dopo cinquanta anni, sono tornati di nuovo tristemente familiari alle orecchie di tutti noi, in Bosnia ed in Slavonia. La 1^ brigata invece opererà nella zona di Karlovac (Croazia centrale, ad ovest di Zagabria), coordinandosi con unità dell'esercito croato e dei famigerati Ustascia; nonostante la propaganda yugoslava messa in atto anche da qualche infiltrato, le diserzioni sono pressoché nulle e la tenuta dei reparti è salda. Come prima ricompensa onorifica, nel luglio 1944 il generale von Pannwitz riesce ad ottenere, per i Cosacchi la possibilità di venire decorati con la Croce di Ferro, cosa non prevista per i volontari sovietici ma solo per i loro quadri tedeschi.

Sempre nell'estate del 1944, nell'ottica dell'apertura dei ranghi delle Waffen-SS a reparti di ceppo slavo, i Cosacchi attirano l'attenzione del Reichsführer-SS Himmler.

La sua principale proposta, di creare una colonia militare cosacca sul Dnepr viene travolta dagli eventi (il cedimento del fronte), però mi piace sottolineare un aspetto di questa idea, cioè l'attitudine nazista a cercare nella storia soluzioni a problemi geopolitici del momento, in questo caso gli esempi a cui si rifaceva Himmler erano i Grenzer asburgici ed il ruolo che i Cosacchi stessi avevano avuto per secoli sotto gli Zar. Per quanto chi lo adottasse non ci piaccia, questo metodo dell'adozione della storia come fornitrice di idee e soluzioni geopolitiche dovrebbe venire seguito tuttora, per evitare errori ed orrori catastrofici, già abbondantemente fatti negli ultimi sedici anni, basandosi su teorie elaborate nel mondo anglosassone. Ma questo è un altro discorso.

Però vengono elaborate due proposte molto concrete. La prima è l'integrazione di tutti i reparti cosacchi in un corpo di cavalleria Cosacco, la seconda la sua integrazione nelle Waffen-SS.

La prima proposta viene accolta subito da von Pannwitz, mentre la seconda trova lo stesso ed i suoi collaboratori molto più freddi, sebbene l'immissione nella Waffen-SS significasse migliori armamenti e migliore equipaggiamento. Viene quindi trovato un compromesso, che ben identifica la caratteristica complessità e mutevolezza degli apparati nazisti. Il corpo di cavalleria cosacco entra nelle Waffen-SS e nel suo sistema burocratico-amministrativo come XIV SS-Kosaken-Kavallerie-Korps (divenuto poi XV nel febbraio 1945), ma, e qui sta il compromesso, nessun cosacco né quadro tedesco diventa individualmente membro delle Waffen-SS. Solo a von Pannwitz viene riservato questo onore non gradito, con parificazione del suo grado della Wehrmacht anche come grado Waffen-SS, ma non ne indosserà mai né divisa né insegne.

Nell'autunno 1944 i Cosacchi combattono anche a fianco dei Cetnici del colonnello nazionalista serbo Mihailovic (Ustascia, nazionalisti serbi ..... sembra di leggere cronache recentissime), ed a fine dicembre affrontano l'Armata Rossa in Vojvodina, dopo che la stessa aveva sfondato il fronte ungherese, assediato Budapest (la cui battaglia, poco conosciuta in Italia, è stata definita "la Stalingrado delle Waffen-SS"), e cominciato a penetrare in Yugoslavia accolta trionfalmente da gran parte della popolazione, bloccando con grande successo il 26 dicembre il consolidamento di una testa di ponte che la 133^ divisione di fucilieri, assieme a reparti bulgari e titini, aveva stabilito sul fiume Drava. Al di là del valore militare dell'operazione, il test della tenuta dei reparti nella prima battaglia campale, dopo lungo tempo, contro i connazionali era stato brillantemente superato confermando l'affidabilità dei reparti cosacchi.

Il 1945 porta un duro calvario di battaglie di retroguardia, sotto la pressione sia dell'Armata Rossa che, soprattutto, dell'Armata Popolare Yugoslava del Maresciallo Tito (il che ci fa capire come le bande partigiane con il tempo fossero cresciute sia come numero di effettivi che come organizzazione strutturata, sino a diventare un vero e proprio esercito), riuscendo persino in alcune occasioni ad ottenere successi locali, come quello del 7 ed 8 gennaio tra Lipic e Pakrac combattendo assieme ad unità della 7^ divisione da montagna Waffen-SS Prinz Eugen, unità i cui criteri di formazione e reclutamento erano direttamente ispirati dalla storia asburgica e sulla quale bisognerebbe scrivere un articolo appositamente.

Gli sforzi dei Cosacchi sono però una goccia nel mare della guerra, ed il destino è la sconfitta. La ritirata prosegue, ed il luogo dell'ammassamento delle unità cosacche è a sud dell'Austria, non lontano da Friuli e Slovenia.

Non ho scelto le parole "ammassamento" e "Friuli" a caso.

In Friuli, direttamente dalla Polonia, erano stati inviati reparti cosacchi in funzione della lotta antipartigiana, al comando dell'Atamano Domanov. Lì si erano portati al solito tutta la loro comunità, con tanto di folklore iconografico (bande musicali, poi mucche e cammelli al seguito) e di eccentrici aristocratici ed aristocratiche emigrées (un totale, secondo le fonti britanniche, di 24.000 unità inclusi donne e bambini), e si erano riuniti ad altri reparti di volontari sovietici nell'esercito tedesco. I tedeschi inoltre avevano previsto di creare una patria cosacca, una Stan, proprio in Carnia, che in tedesco era anche definita Kosakenland. In Carnia era stata istituita anche la scuola per allievi ufficiali, chiamati junker come ai tempi dello Zar (da non confondere assolutamente con gli junker prussiani, che erano ben altra cosa). Per approfondire la storia di questi cosacchi, suggerisco il libro di Pier Arrigo Carnier "L'Armata Cosacca in Italia 1944-1945", Mursia 1990. Dal Friuli anch'essi si erano ritirati, confluendo in quell'angolo di Austria.

E lì giunge l'armistizio, il giorno 8 maggio 1945.

I Cosacchi potevano forse considerarsi fortunati, essendo in una zona raggiunta dai britannici e non dall'Armata Rossa, o, peggio ancora, dall'esercito di Tito. Ma non sarà così.

Quello che è accaduto è ancor oggi fonte di polemiche. Una decina d'anni fa ero a Londra, quando era scoppiata una fortissima polemica, che aveva coinvolto storici e quotidiani di qualità (intendo i quality papers come The Times e The Guardian), a seguito di una pubblicazione del Conte Tolstoi, che accusava duramente un anziano ex politico che durante la Seconda Guerra Mondiale era stato ufficiale dei servizi segreti.

I britannici e gli americani avevano raggiunto in data 11 febbraio 1945 un accordo con Stalin, che prevedeva la consegna all'Unione Sovietica di tutti i prigionieri sovietici che avevano combattuto con l'esercito tedesco pur prevedendo la sorte di questi ultimi, accordo che i britannici tendevano a rispettare implacabilmente. Grandissimo popolo quello britannico, che però durezza e cinismo rendono capace non solo di grandi imprese ma anche di veri e propri crimini (le tattiche del Bomber Command durante la Seconda Guerra Mondiale ne sono un esempio; un irlandese vi parlerebbe anche della carestia per la malattia delle patate del 1849, ma vorrei evitare di esulare dal tema).

Dopo circa venti giorni di incertezza, inganni e trattative, i Cosacchi vengono inquadrati e consegnati in massa ai sovietici, senza però alcuni dei loro ufficiali tedeschi che erano riusciti ad eclissarsi, mentre von Pannwitz aveva rifiutato di separarsi dai suoi uomini, condividendone la sorte. In totale circa 500 tedeschi erano riusciti, anche con complicità britanniche, ad evitare la consegna all'Armata Rossa, mentre altri 144 ufficiali e 690 sottufficiali e soldati tedeschi erano rimasti con von Pannwitz ed i Cosacchi. Vengono consegnati ai sovietici anche i civili, cioè donne e bambini. Scene di disperazione si moltiplicavano, con molti atti disperati di suicidio. Con un eccesso di zelo degno di migliore causa, i britannici consegnano, extra accordo con Stalin, anche gli emigrées i quali, non essendo cittadini sovietici, erano esclusi dall'accordo stesso. La giustificazione puramente burocratica di questa decisione da parte dei britannici era che non potevano essere vagliate le posizioni individuali, causa le situazioni contingenti. Extra accordo erano anche i quadri tedeschi, oltretutto considerando che nessuno dei quali era gravato da accuse di crimini di guerra (mentre in altri casi la resa nelle mani dei britannici e degli americani sarà la salvezza di conclamati e famigerati criminali di guerra). Solo pochi Cosacchi riescono ad evitare questa sorte, grazie a rocambolesche fughe od a colpi di fortuna quali quello di essere prigionieri di unità partigiane italiane che, contrariamente ad altre (non c'era una linea di condotta univoca), li aiutavano non riconsegnandoli.

In totale, vengono consegnati all'Armata Rossa oltre 50.000 Cosacchi, di cui 2.000 ufficiali. La vendetta staliniana sarà terrificante, ed ancora più dura con i Cosacchi che con altri sovietici rimpatriati in pari modo.

I generali e gli Atamani più importanti, P. Krasnov, S. Krasnov, Shkouro, Domanov, Sultan-Guirel Klytch ed il generale von Pannwitz vengono processati da un tribunale speciale sovietico il 15 gennaio 1947, condannati e fucilati il giorno dopo. Nessuno di loro era un criminale di guerra.

Gli altri, a parte episodi di fucilazioni sommarie, dopo un viaggio di trasferimento in Russia al di sotto di ogni standard umanitario, vengono affidati alle cure del NKVD con una condanna di dieci anni di campo di lavoro in Siberia, da dove, dopo una durissima detenzione nel 1955/56 vengono rilasciati. Per meglio dire, vengono rilasciati i superstiti; per far capire la durezza del trattamento, dei 2.000 ufficiali consegnati nel 1945 ne vengono rilasciati i soli 200 sopravvissuti. Molti torneranno nelle zone di origine, mentre gli emigrées sopravvissuti faranno valere la loro cittadinanza non sovietica ed emigreranno.

Ai nostri occhi, questo trattamento è disumano ed inaccettabile. Ma non dobbiamo mai ignorare l'altra parte della realtà, quella di una Unione Sovietica che ha subito più di 20 milioni di morti e sofferenze inenarrabili. A fine maggio, il telegiornale del primo canale russo ha trasmesso un servizio dall'Austria, dove si era tenuta una cerimonia commemorativa dei caduti Cosacchi e di quelli che erano stati consegnati ai sovietici, alla presenza di alcuni veterani Cosacchi in uniforme. Durissima, alla vista di costoro, la reazione di mia moglie, la cui memoria storica Grande Russa ancora oggi, dopo 60 anni dal 1945, fa vedere le cose in modo molto diverso. D'altronde, chi ha potuto seguire i festeggiamenti a Mosca del 9 maggio per il 60° della vittoria nella Grande Guerra Patriottica si è potuto ben rendere conto di quanto certi eventi siano ancora vivi e sentiti anche in giovani e giovanissimi. E parlando di Russia ciò va tenuto ben presente.

Immagini tratte dai siti http://www.lonesentry.com e http://www.plasticsoldierreview.com