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Il mistero dell'ultimo fucile veneto
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Scritto da Millo Bozzolan   

Nel 1784 il Conte Tartagna presentò al senato veneto il preventivo dei costi, relativo al progetto realizzato del moschetto da assegnare alla fanteria, che da lui prese il nome. All’archivio di stato di Venezia esiste ancora il disegno originale, con il preventivo di spesa di tale fucile, e le economie realizzabili a seconda che le varie parti fossero o meno ordinate a Brescia o all’arsenale di Mantova (zona di influenza austriaca). Tale fucile derivava a sua volta, con poche variazioni riscontrabili, dal modello presentato dal Gasperoni (ufficiale di Artiglieria con particolari doti inventive, che malgrado gli onori e gli incarichi prestigiosi ottenuti, fu in collegamento con ambienti massonici) di qualche anno addietro (1774).
 

Modello quest’ultimo, che non andò oltre alla fase progettuale, a quel che rilevano concordemente vari autori, preferendo, i governanti di allora (siamo negli anni 80 del 700) acquistare qualche migliaio di fucili in Austria. I motivi di tale scelta possono essere i più varii, ma non certo la cattiva qualità del progetto, come qualche autore si azzarda a scrivere (ma tira ad indovinare), dato che poi lo stesso modello, col Tartagna, fu prodotto dal 1787 in poi, probabilmente sia a Brescia che in Austria, come vedremo.
 
Progetto Tartagna, Archivio di Stato di Venezia

A dire il vero il progetto veneto , si inspirava al modello austriaco in uso all’epoca (e non solo), ma allora usava così, almeno nel campo armiero. Si copiava quello che c’era di meglio da quanto in uso e non si offendeva nessuno.
Anche nel Regno di Napoli ne abbiamo un esempio: nei giorni scorsi, studiando una bella tavola a colori con divise dell’esercito borbonico di fine 700, mi sono imbattuto nel profilo disegnato del fucile “napoletano” (prima e seconda versione) che presenta influenze prussiane nel primo ed austriache nel secondo, che mi pare molto simile anche al nostro ultimo, con tre fascette a stringere la canna.
 

Dal num. 135 della rivista francese Tradition Magazine


I due lettori che fino ad ora mi avranno seguito fin qui, magari attirati dal titolo degno di un giallo di Agata Christie, si chiederanno dov’è il mistero, dato che tutto, nei fatti, sembra abbastanza chiaro.

Ebbene, questo fucile veneto, realizzato dal conte Tartagna in migliaia di esemplari, sembra sia sparito nel nulla, e quando nel 2002 incominciai ad interessarmi dell’argomento per armare il neonato Reggimento Veneto Real con qualche cosa di simile, attingendo nel mercato delle repliche, mi sarebbe piaciuto esaminarne uno dal vero, ma fu impossibile trovarne traccia materiale o solo fotografica in qualche rivista del settore.

Cosa poteva essere successo? Mi sono spiegato la cosa con le tristi vicende della fine della nostra Repubblica: spogliata di ogni suo bene da vincitori rapaci come pochi, anche i fucili furono bottino ambito, e probabilmente finirono sparsi in varie parti d’Europa, o nelle lande infinite della Russia, durante la ritirata dell’armée, a cui anche migliaia di veneti coscritti (leggasi: arruolati a forza) parteciparono.

Come in una tragedia greca, un “deus ex machina”, a nome Dario Toso, risolve il mistero.

Arriviamo nel 2008 e arriva la svolta: avendo ormai annuali contatti con l’amico Dario Toso di Milano, a capo di un reggimento storico austriaco e grande esperto nel settore dei fucili d’ordinanza del 700 e 800, ho cercato di coinvolgerlo nella ricerca, inviandogli i progetti del Gasperoni e del Tartagna. Ora, chi conosce l’animo del ricercatore sa che, stimolando a dovere la sua curiosità, egli si comporterà come un segugio, non abbandonando mai la pista. Dario si è comportato proprio così, ha attivato a dritta e a manca i suoi contatti, fino ad imboccare un paio di sentieri. Seguendo il primo, egli ha reperito una prima foto incompleta dell’arma, da un vecchio catalogo, ove era raccontata una interessante storia. Risulta infatti che il console piemontese di Trieste, abbia acquistato un lotto di queste armi, giunte da Ferlach, in Carinzia (quindi dal progetto iniziale di produzione autoctona, si evince che tali fucili furono poi prodotti anche in Austria) e destinate in un primo momento a Venezia, per armare il proprio esercito in previsione della guerra con la Francia. Evidentemente il fucile era considerato una buona e solida arma.

La seconda pista lo ha portato invece alla collezione Tettamanti di Milano, dove egli ha potuto visionare e fotografare l’arma, che anche voi, grazie alla sua cortesia, potete qui vedere riprodotta. Sembra che un altro esemplare, malgrado la sua rarità, sia abbandonato nei depositi di un museo del nord Italia. Ed è un vero peccato, inutile sottolinearlo.

Per i dettagli tecnici, riporto quanto ha scritto Dario riguardo al primo rinvenimento fotografico:

Purtroppo ci sono capitato sopra per caso, cercando immagini di fucili delle milizie piemontesi: un incaricato del governo Sardo batteva l'alta Italia diretto in Austria e negli stati tedeschi per ramazzare fucili in previsione della guerra contro la Francia, e scrive nel suo rapporto che a Trieste c'era questa partita di fucili destinati alla Repubblica di Venezia che è riuscito a ottenere, ma non ne dà nessuna descrizione; inaspettatamente ecco la foto... studiando i disegni del Tartagna fino alla paranoia e comparando le immagini con quelle di fucili tedeschi e austriaci sono arrivato alla conclusione che in
realtà il Tartagna sia un ibrido tra il fucile sassone 1778 detto "vecchio modello di Suhl" e quelli austriaci 1774/1767. La calciatura sembra quella sassone, le tre fascette piccole sono all'austriaca mentre la prima sembra proprio quella sassone, come la batteria. Il "pìrolo" davanti al ponticello è austriaco, come il calibro (mm 18,3) e la lunghezza di 150 cm.

Riguardo alle fascette, il progetto Gasperoni Tartana, ne prevedeva quattro, come l’ordinanza austriaca di quegli anni, in realtà il fucile della collezione Tettamanti ne ha solo tre, un ammodernamento, presente anche nel secondo fucile napoletano coevo.

A suggello della provenienza dagli arsenali veneziani, un timbro sul calcio, riproducente un “leon in moeca”.


 

Bene, spero apprezzerete il gran lavoro di Dario Toso, che ha dato finalmente un volto concreto al misterioso fucile veneto: se volete altre foto o dettagli mi potete scrivere; nei limiti del possibile, vi accontenterò.